Rubrica settimanale su eventi e fatti in Sicilia -a cura di Redazione Palermo
NO SCORIE NUCLEARI: “ MOBILITIAMOCI PER LA DIFESA DELL’AMBIENTE E DEL TERRITORIO” – Comunicato USB Sicilia
Lo stato italiano, in sintonia con l’UE, ha individuato in Sicilia quattro aree per la realizzazione di strutture del deposito nazionale nucleare, nello specifico nei comuni di Trapani, Calatafimi-Segesta, Castellana Sicula, Petralia Sottana e Butera, zone ad alto impatto ambientale e con forte vocazione agricola. Decisione dello Stato italiano, già presa nel 2015 e secretata per tutto questo tempo, ufficializzata con la pubblicazione della Carta nazionale aree potenzialmente idonee (Cnapi), e totalmente calata dall’alto, sia sulle istituzioni locali, sia sulle popolazioni.
Questi quattro siti per la realizzazione del Deposito unico dei rifiuti nucleari in Sicilia rappresentano un atto di arroganza e di prevaricazione dello Stato – oltre che di miopia – nei confronti della popolazione siciliana e l’ennesimo sacrificio richiesto alla nostra terra. La Sicilia ha già subito e continua a subire fin troppe devastazioni ambientali causate da scelte di politica economica e industriale, incuranti della salute della popolazione che vive e produce nel proprio territorio. Politiche che hanno causato agli abitanti gravi sofferenze e malattie, patologie ed emigrazione.
Poli industriali altamente nocivi, trivelle e stoccaggi di materiali nocivi classificano già la Sicilia tra le prime posizioni europee per tumori e leucemie. A queste si aggiungano le politiche militariste che, tra Sigonella e Niscemi (Muos) fanno del nostro territorio uno dei più inquinati in Italia.
Questi indirizzi, troppe volte calati dall’alto degli “interessi strategici” nazionali e internazionali, non sono mai stati realmente accompagnati da interventi “compensativi” né “riparatori”. Se la salute pubblica e ambientale non sono mercificabili, non ha mai valso neanche la retorica di una corrispondente “produzione di ricchezza” per le popolazioni coinvolte. I guadagni relativi a simili decisioni si sono sempre posizionati altrove, nelle casse del profitto di un sistema capitalista. Occorre invece l’immediata bonifica dei territori già depredati che porterebbe anche alla creazione di numerosi posti di lavoro.
Ci appaiono deboli e contraddittori i criteri fin qui utilizzati da Sogin per la scelta delle aree interessate allo stoccaggio di queste scorie nucleari, aree dove sono concentrati anche siti – come le miniere dismesse – e depositi illegali di rifiuti tossici di varie tipologie. A quanto detto, infatti, aggiungiamo almeno altri due elementi contraddittori: la sismicità dell’Isola e la vocazione produttiva/turistica dei territori selezionati come papabili.
Non ci interessa né mai ci interesserà scadere in logiche “nimby” (not in my back yard) a scapito di altri territori italiani. Il problema delle scorie e dell’inquinamento potenziale da esse prodotto riguarda tutte e tutti allo stesso modo! Non saremo mai noi a tifare che a subire queste scelte siano sardi, laziali, pugliesi etc… Crediamo che, al contrario, solo l’alleanza “nella lotta” tra le popolazioni coinvolte sia una risposta socialmente praticabile. Dovranno essere lo Stato e Sogin a trovare una soluzione alternativa che non comprometta la salute di nessuno!
Intanto è, però, importante ribadire e gridare con forza un No! che parta dalla Sicilia e arrivi forte e chiaro a Roma. Speriamo che al nostro si aggiungano quanti più No! possibili. Per queste ragioni riteniamo necessario chiamare le siciliane e i siciliani alla mobilitazione contro questo nuovo attacco che lo Stato italiano e l’UE vogliono sferrare contro la nostra Isola.
LETTERA APERTA ALLA MINISTRA LAMORGESE PER I VOLI DI EVACUAZIONE DALLA LIBIA
“Josi & Loni Project” e “Mediterranea Saving Humans”
Gentile Ministra Lamorgese,
sappiamo che il Suo Ministero da sei mesi sta lavorando all’attivazione di un bellissimo progetto per 5 voli di evacuazione dalla Libia verso l’Italia.
I soggetti organizzatori, la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, la Tavola Valdese e la Comunità di Sant’Egidio, sono gli stessi che da anni evacuano con successo rifugiati siriani dal Libano ed hanno, quindi, tutte le carte in regola per gestire accoglienza e ricollocamento di persone nei vari Paesi europei senza gravare sullo Stato italiano.
Questi corridoi umanitari permettono a persone fuggite dai loro paesi e in condizione di vulnerabilità di accedere al loro diritto di chiedere asilo usufruendo di vie legali e sicure. Lo stesso Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, li ha definiti “un momento di realizzazione concreta dei principi della Costituzione italiana”.
Sappiamo che ogni progetto ha il suo iter, ma considerata l’emergenza umanitaria in Libia, Le chiediamo di concedere subito il nulla osta per attuare i 5 voli di evacuazione urgente.
Nelle ultime settimane diverse persone che avrebbero avuto diritto ad un posto su quei voli sono morte. Di malattia, fame e abbandono. Tra di loro c’erano anche un minorenne e una bimba di un anno e mezzo.
Le condizioni dei migranti in Libia peggiorano di giorno in giorno. Centinaia di donne e di uomini sopravvivono dietro le sbarre degli atroci campi o per strada, ad esempio nella pericolosa area di Tripoli. Molti hanno bambini piccoli. Tutti sono alla mercé di un Governo, quello libico, che li considera esseri inferiori da utilizzare come forza lavoro in un redivivo sistema economico basato sulla divisione in razze e sulla riduzione in schiavitù degli ultimi.
Affinché tutto questo non rimanga su un piano astratto, ci permetta di raccontarLe alcune storie reali di persone che stiamo cercando di evacuare:
– Maryam, Samira, Fatima e tante altre ragazze che seguiamo, dopo la cattura in mare sono state vendute come schiave da guardie o direttori di campi (anche di campi finanziati da progetti AICS!) per cifre attorno ai 1500 dollari. Le hanno comprate privati cittadini libici per usarle di giorno come domestiche non pagate, tutte le notti le hanno violentate.
– Paul, Sebastian e un numero altissimo di altri ragazzi, catturati in mare nel 2020, sono stati processati dal Tribunale ordinario di Tripoli. Legati, bendati e senza avvocati difensori. Da lì sono stati destinati ai lavori forzati: chi come operaio per costruire opere pubbliche e private, chi come schiavo–soldato.
Come saprà, l’articolo 6 della legge libica 19/2010 sull’immigrazione clandestina viene tuttora applicato dal Governo di Accordo Nazionale Libico (GNA). Tale legge, per il reato di immigrazione clandestina, prevede la pena della detenzione con lavori forzati.
Alla schiavitù si aggiunge la fame. E le conseguenti malattie. Anche chi è riuscito a scappare da prigioni, lavori forzati e torture sta morendo. Soprattutto i bambini. Soffrono di calo della vista, problemi cardiaci e di una serie di patologie provocate dallo stato di denutrizione in cui versano.
In Libia i migranti non hanno accesso a cure mediche. Seguiamo donne incinte che non hanno mai visto un dottore e saranno costrette a partorire nascoste, perché un’altra legge libica prevede l’arresto immediato per le donne che hanno figli senza marito. L’estate scorsa hanno arrestato una ragazza che conosciamo: la sua unica colpa era stata recarsi in un ospedale di Tripoli per non morire di parto, è stata portata in prigione poche ore dopo la nascita del suo bambino.
Se non interveniamo, queste persone moriranno in Libia, oppure tenteranno il mare, con i rischi che conosciamo bene.
L’Europa, come esposto nella denuncia presentata da Juan Branco e Omer Shatz alla Corte penale dell’Aia per Crimini contro l’umanità a giugno del 2019, è coscientemente responsabile delle morti per annegamento, dei respingimenti sia in Libia che lungo le rotte balcaniche, dei conseguenti crimini contro le persone respinte. Vediamo la politica italiana esprimere accorate parole di cordoglio per casi particolarmente drammatici, come la morte del piccolo Joseph o l’abbandono dei rifugiati nel campo di Lipa, ma non possiamo fare a meno di notare la sua ignavia, quando si tratta di intervenire con i fatti.
L’emergenza COVID-19 viene troppo spesso utilizzata come scusante per bloccare i corridoi umanitari. Eppure, la recentissima esperienza dal Libano ci ha dimostrato che non c’è cosa più sicura dei corridoi legali, che prevedono controlli medici accurati sui rifugiati in entrata nel nostro Paese.
Tra qualche anno, ciò che oggi stiamo raccontando finirà sui libri di Storia. Ma non vi finirà solo ciò che abbiamo detto, vi finirà anche e soprattutto ciò che abbiamo fatto – o non fatto – per evitarlo.
Oggi, con questa lettera, chiediamo di aprire urgentemente un canale legale e sicuro tra la Libia e l’Italia, ma anche di mettere in atto una svolta nella politica migratoria italiana e far sì che essa ispiri il resto d’Europa.
jlproject.org \ mediterranearescue.org
UN TERREMOTO INFINITO FRA OCCASIONI MANCATE E SOCIALITÀ IRRISOLTA
Sono passati 53 anni da quando, fra il 14 ed il 15 gennaio del 1968, un forte terremoto sconvolse l’area del Belice in Sicilia. Le scosse erano iniziate il giorno prima, ma le più forti si verificarono nella notte fra il 14 ed il 15, fra le 2.33 e le 3.01. La più forte di tutte fu di magnitudo momento 6.1, causò le distruzioni maggiori e fu avvertita sino a Pantelleria. A Gibellina Vecchia, Montevago e Salaparuta Vecchia, venne raggiunto il X grado nella Scala Mercalli.
Interi paesi furono cancellati e distrutti, I danni più gravi a Montevago, Gibellina, Salaparuta, Poggioreale, Menfi, Partanna, Salemi, Santa Margherita di Belice e Santa Ninfa. Le cifre ufficiali riportano di 231 vittime e 623 feriti, ma altre fonti parlano di oltre 400 morti e più di 1.000 feriti e di 70.000 sfollati. Le popolazioni dei paesi colpiti erano composte in gran parte da vecchi, donne e bambini, visto che i giovani e gli uomini erano già da tempo emigrati in cerca di lavoro.
Tra ritardi incredibili iniziò la ricostruzione con opere faraoniche spesso inutili, come quelle di Gibellina, città-museo “all’aperto” presentata come simbolo ed esempio di una ricostruzione affidata alla progettazione di famosi architetti e artisti ma assolutamente fuori dal rapporto con le caratteristiche del territorio e le esigenze degli abitanti, prime fra tutte l’occupazione e il lavoro, ma anche l’esistenza di luoghi di socializzazione.
Ancora oggi la ricostruzione non è finita, ma soprattutto non c’è alcuna forma di sviluppo economico, i giovani vanno altrove, il flusso emigratorio iniziato dopo il terremoto è in continuo aumento, perché la disoccupazione ha raggiunto il 50%, le case ricostruite sono disabitate, il valore dei fabbricati è bassissimo, da 300 a 500 euro mq. e, a parte la persistenza di alcune zone di viticultura, le terre sono abbandonate, non ci sono investimenti, e i progetti di eventuali insediamenti economici naufragano tra la burocrazia, il clientelismo, il parassitismo e l’incapacità di realizzare occasioni di lavoro che consentano di restare nella propria terra e di viverci dignitosamente. In conclusione possiamo parlare dell’ennesima “occasione mancata”.
notizia estratta da il Compagno.it
LA SCUOLA SI CURA, NON SI CHIUDE! SIT-IN PER UNA SCUOLA APERTA Palermo, oggi al Teatro Massimo (Piazza Verdi)
Pubblichiamo il comunicato dei promotori del sit-in, costituito da gruppi di genitori, insegnanti e studenti delle scuole cittadine, in uno col /booqpa/videos/ della manifestazione
L’educazione e la formazione sono beni di prima necessità a cui dare priorità nella gestione di una pandemia. L’assenza della Scuola in presenza ha gravi ripercussioni per tutti gli studenti di ogni ordine e grado: I danni didattici, psicologici, sociali, non sono indennizzabili da alcun «ristoro». Altrettanto preoccupante è l’aumento della dispersione e dell’abbandono scolastico causato dalla DaD. Non c’è Dpcm che possa togliere quello che la Costituzione garantisce: la scuola (aperta) a tutti. La salute come ricorda l’Oms è psicofisica e la relazione è vitale. Opporsi alla chiusura generalizzata non significa «volere scuole aperte comunque» significa adoperarsi per scuole più sicure, accettare chiusure mirate là dove ci fossero focolai e valorizzare gli istituti anche come luoghi di monitoraggio territoriale del contagio, unica rete in grado di raggiungere oltre 20 mln di cittadini. Significa insegnare buone pratiche di convivenza e di reciproca responsabilità, trasmettendole ai giovani che saprebbero adottarle negli altri contesti in cui vivono.
Chiediamo in maniera urgente e immediata al Governo regionale e alle amministrazioni locali
– Che effettuino screening frequenti e generali nelle scuole.
– Che diano priorità di vaccinazione al personale scolastico così come dichiarato dal Ministero della Sanità negli ultimi giorni
– Che improntino un piano di mobilità urbana con mezzi di trasporto dedicati agli studentii
– Che eseguano una mappatura di luoghi possibili per l’educazione, alternativi agli spazi scolastici, resi disponibili dalle amministrazioni e adeguati.
– Che attuino una concertazione di ingressi scaglionati tra scuole, uffici pubblici, attività commerciali [info/events/]
CUB-TERRITORIO: TORNANO IN PIAZZA I NASTRINI
Palermo – Martedì 19, ore 10,00 – via Cavour (Villa Whitaker)
Ritornano in Prefettura i Nastrini organizzati dalla Confederazione Unitaria di Base del territorio palermitano. Continua a farsi sentire sempre più forte la voce del movimento nato contro l’emarginazione sociale, costituitosi negli ultimi mesi dell’anno passato e caratterizzatosi per l’assidua presenza in piazza con presidi presso tutte le istituzioni pubbliche (governative, regionali e comunali), per rappresentare il cronico disaggio diffuso in città ed aggravato dalla drammaticità della crisi epidemiologica causata del coronavirus. I Nastrini sono diventati oramai un punto di riferimento per disoccupati, precari, sussidiati e ogni altra categoria sociale rientrante nella condizione di esclusione e marginalità. “La questione del lavoro e dell’accesso a misure di sostegno al reddito – dicono dalla CUB – è un emergenza non più eludibile né affidabile esclusivamente alla capacità autoregolatrice del libero mercato”.
POPOLO, DEMOCRAZIA E SOVRANITÀ
Mercoledì 20, ore 18.00 su google meet (accesso online: yztfjozxrx)
Per i seminari del Caffè filosofico palermitano “Beppe Bonetti” la prossima settimana si terrà online l’incontro con Antonio Minaldi (Il mito della sovranità popolare), Salvo Vaccaro (L’impossibile sovranità) e Toni Casano (Lo spazio europeo oltre la sovranità nazionale). Modererà il confronto Ketty Giannilivigni della Redazione di Pressenza.
La diretta si può seguire anche sulle pagine:
RIUNIONE CATANESE “GIRA” ZAPATISTA #2021 Catania, venerdì 22 ore 18:00 in Via Coppola n. 6 Sarà possibile partecipare anche da remoto, inviando un messaggio per ottenere il link alla pagina facebook /events/
A Settembre 2021 la delegazione di donne ed uomini, indigene maya e resistenti, dell’Ezln (Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale) sarà in Italia ed in Sicilia, nel corso del tour Europeo indetto per incontrare le realtà resistenti del vecchio continente. Bisogna organizzarsi per rendere il giro possibile e renderlo una grande occasione di incontro. A Catania le realtà cittadine e della provincia si incontreranno per un primo appuntamento al OfficinaRebelde.
Il Collettivo politico catanese ricorda, inoltre, che lo spazio continua ad essere utilizzato dallo Sportello Sociale San Berillo per le attività di supporto legale e che nel quadro della crisi epidemiologica continua a rimanere attivo, supportando le attività delle Brigate Volontarie Per L’Emergenza , fornendo un servizio che avrebbe dovuto essere garantito dalle istituzioni: “Noi crediamo – scrive il Collettivo etneo – che la mobilitazione dal basso sia l’unico modo per trasformare la realtà in cui viviamo”.