L’entrata in vigore del Trattato per la messa al bando delle armi nucleari è un punto di partenza.
L’obiettivo finale è liberare l’umanità dall’incubo atomico, smantellare tutte le testate, rendere immorale e illegale il loro possesso. Ci sono 15000 ordigni negli arsenali nucleari, ognuno almeno 10 volte più potente delle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki. Un pericolo costante che minaccia la vita del pianeta.
Il Trattato proibisce agli stati di sviluppare, testare, produrre, realizzare, trasferire, possedere, immagazzinare, usare o minacciare di usare gli armamenti atomici, o anche solo permettere alle testate di stazionare sul proprio territorio, e di assistere, incoraggiare o indurre altri paesi ad essere coinvolti in tali attività proibite. Le nazioni che già possiedono armi di questo tipo, e che aderiscono al Trattato, devono impegnarsi a distruggere i propri arsenali in accordo con un piano definito e legalmente vincolante; le nazioni, come l’Italia, che ospitano armi atomiche sul proprio territorio dovranno rimuoverle entro una data stabilita.
I 50 stati che hanno già adottato il Trattato sono i pionieri di un accordo che deve diventare globale.
Sono solo 6 gli stati europei che l’hanno finora approvato e ratificato: Austria, Irlanda, Malta, San Marino, Liechtenstein, Città del Vaticano. Nessuna delle potenze nucleari, Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia, Cina, Israele, India, Pakistan e Corea del Nord, l’ha firmato.
Davide contro Golia (e sappiamo com’è finita).
La forza del Trattato sta nel fatto che ha mobilitato milioni di persone, movimenti, parlamenti, governi, singoli attivisti per il comune obiettivo del disarmo. Ora c’è una norma internazionale che dà loro ragione. Alla fine, anche le potenze distruttive dovranno cedere e imboccare la via della pace. Infatti la storia dimostra come la proibizione di certe tipologie di armamenti faciliti i passi avanti verso la loro totale eliminazione; le armi rese illegali dai Trattati internazionali vengono sempre più viste come illegittime e perdono reputazione, le industrie trovano difficoltà nella produzione e le banche spostano i loro fondi su altri prodotti: è accaduto con le armi chimiche e biologiche, con le mine antiuomo, con le bombe a grappolo. Accadrà anche con le armi atomiche.
Il Movimento Nonviolento ha da sempre perseguito questo obiettivo. Già alla Marcia del 1961 Aldo Capitini poneva come elemento politico “la cessazione degli esperimenti nucleari e la convocazione di una conferenza di tutte le potenze non atomiche”. Vent’anni dopo, nel 1981, il Movimento Nonviolento si fece promotore della conferenza internazionale Per un futuro non nucleare: quale strategia? chiamando a raccolta gruppi, comitati, associazioni, movimenti impegnati contro il nucleare civile e militare. Oggi il Movimento Nonviolento è parte attiva della Rete italiana Pace e Disarmo, e partecipa alla Campagna ICAN (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons), che ha ricevuto il Premio Nobel per la pace del 2017 per il suo lavoro teso a “portare l’attenzione alle conseguenze umanitarie catastrofiche di qualunque uso delle armi nucleari e per i suoi straordinari sforzi per ottenere un trattato che metta al bando queste armi”.
Ora vogliamo anche che il nostro paese, l’Italia, si assuma le proprie responsabilità, assumendo una posizione non subalterna alla potenza atomica americana, e si aggiunga agli Stati che hanno ratificato il Trattato che entra in vigore dal 22 gennaio 2021.
I passi fatti fino ad oggi sono importanti per l’uscita dalla preparazione delle guerre. Questa è la strada su cui continuare.