Dopo ben 48 ore di attesa, una prassi crudele che si aggiunge alla crudeltà generale della prolungata privazione della libertà, si è finalmente saputo l’esito – altri 15 giorni di custodia cautelare – dell’ennesima udienza di convalida della detenzione preventiva di Patrick Zaki.
Come noto, Patrick è indagato per cinque reati: minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento a manifestazione illegale, sovversione, diffusione di notizie false e propaganda per il terrorismo. Si troverebbero in 10 post pubblicati su Facebook, che secondo la difesa dello studente sono stati scritti su un profilo falso, ma che non possono essere contestati.
Da circa 350 giorni Patrick langue in una cella della prigione di Tora, al Cairo, in condizioni durissime e nel costante pericolo di contrarre il coronavirus, che nell’enorme complesso carcerario egiziano ha già fatto vittime tra i detenuti, il personale amministrativo e la polizia penitenziaria.
Undici mesi e mezzo di detenzione arbitraria, illegale e immotivata – a tanto siamo arrivati, di udienza in udienza – avrebbero potuto essere sufficienti per i giudici egiziani e invece no. Patrick, se non interverranno fatti nuovi e sorprendenti, arriverà a ridosso dell’anniversario del suo arresto in carcere.