Martedì 12 gennaio 2021 una sentenza della Corte Suprema indiana ha sospeso le controverse leggi di liberalizzazione del mercato agricolo fino a quando un comitato di esperti non si consulterà con i funzionari del governo e con gli agricoltori per cercare di trovare una soluzione alla controversia. D’altra parte i contadini indiani hanno promesso che la protesta continuerà, affermando che la sospensione temporanea delle leggi è un “trucco” per alleviare la pressione sul governo di Narendra Modi.
I membri del comitato includono:
- Bhupinder Singh Mann, presidente nazionale, Bhartiya Kisan Union e All India Kisan Coordination Committee;
- Parmod Kumar Joshi, economista agricolo, direttore per l’Asia meridionale, International Food Policy Research Institute;
- Ashok Gulati, economista agricolo ed ex presidente della Commissione per i costi e i prezzi agricoli;
- Anil Ghanwat, presidente, Shetkari Sanghatana
Stando a quanto riporta Bloomberg[1], i membri del comitato scelti dal tribunale non sono però figure super partes. In passato hanno sostenuto sui media le leggi sospese e hanno partecipato alle delegazioni che si sono incontrate col governo proponendo soluzioni di compromesso come la semplice introduzione di emendamenti ai provvedimenti. Il fronte della protesta ne chiede invece il ritiro tout court.
Gulati e Joshi hanno entrambi espresso sostegno per le leggi agricole nei pezzi di opinione che hanno scritto per i media. Secondo quanto riferito, Bhupinder Singh Mann e Anil Ghanawat hanno fatto parte delle delegazioni che hanno incontrato il Ministro dell’Agricoltura Narendra Singh Tomar chiedendo l’attuazione delle leggi agricole insieme ad alcuni emendamenti, come una garanzia scritta sulla questione del prezzo minimo di vendita (MSP).
Il tribunale ha chiesto alla commissione di tenere la sua prima riunione entro 10 giorni e di presentare la sua relazione entro due mesi dalla prima seduta. “I rappresentanti di tutti gli organismi degli agricoltori, indipendentemente dal fatto che stiano organizzando una protesta o meno e che sostengano o si oppongano alle leggi, parteciperanno alle deliberazioni del comitato e presenteranno i loro punti di vista”, ha decretato l’ordinanza del tribunale.
Il leader della protesta degli agricoltori Balbeer Singh Rajewal, tuttavia, ha dichiarato: “Non compariremo davanti a nessun comitato; la nostra agitazione è contro tre leggi agricole e i membri della commissione istituita dalla Corte Suprema per le leggi agricole sono a favore del governo”.
Il governo centrale e i sindacati degli agricoltori hanno avuto otto round di colloqui, ma non sono riusciti a sbloccare la situazione, mentre continuano le proteste ai confini di Delhi. I luoghi della protesta fuori dalla capitale si sono trasformati in campi semipermanenti dalla fine di novembre. I manifestanti hanno persino lanciato una “marcia dei trattori” (Tractor March) sulle strade di accesso a Delhi.
Sono state presentate alcune petizioni, inclusa quella di un avvocato e di un residente di Delhi, citando disagi causati alle persone che vivono in quelle zone e in città. Tuttavia, il tribunale supremo si è rifiutato di di fermare le proteste e ha ordinato alla polizia di garantire la loro continuazione, in modo pacifico.
Durante l’udienza il presidente della Corte Suprema ha espresso il suo disappunto per il modo in cui il governo centrale ha gestito la questione. Il giudice Bobde ha anche affermato di non sapere quali consultazioni si siano svolte prima dell’entrata in vigore delle leggi. La Corte Suprema ha quindi affermato che potrebbe considerare di sospendere l’attuazione delle tre leggi in questione. Anche se il governo si era opposto alla decisione, non ha avanzato la sua richiesta.
Nel frattempo, la polizia di Delhi aveva presentato una domanda al tribunale superiore chiedendo un’ingiunzione contro una proposta di “marcia dei trattori” da parte degli agricoltori o qualsiasi altro tipo di protesta che cerca di interrompere le celebrazioni della Festa della Repubblica del 26 gennaio.
Oggi decine di migliaia di contadini indiani hanno comunque invaso New Delhi con trattori, cavalli, moto o a piedi in una manifestazione di protesta che non ha rispettato i percorsi concordati, generando scontri con la polizia.
I contadini, che da settimane hanno consolidato sit-in alla periferia della capitale federale, protestano contro una riforma agricola voluta dal governo di Narendra Modi che prevede tre leggi:
- Una sul commercio dei prodotti agricoli[2]
- una sulla garanzia dei prezzi e sui servizi agricoli[3]
- una che modifica la precedente sulle materie prime considerate essenziali[4].
Queste riforme, secondo gli agricoltori, hanno tre obiettivi ben precisi:
- liberalizzare il mercato agricolo
- porre fine alla tutela governativa su prezzi e servizi
- permettere l’ingresso massiccio dell’industria privata nel settore, a discapito dei loro redditi.
La protesta è stata consentita a patto che restasse confinata ad alcune aree periferiche della capitale e non disturbasse le parate militari e il traffico cittadino. Ma fin da subito, sebbene la maggioranza dei contadini con i trattori abbia rispettato queste indicazioni, alcune settori della protesta si sono riversati su strade laterali, bloccando in modo pacifico strade e piazze, puntando con decisione verso il centro. La polizia è intervenuta in vari luoghi con cariche, idranti e lacrimogeni, mentre diverse stazioni della metropolitana sono state chiuse e il traffico si è rapidamente congestionato.
Milioni di contadini stanno paralizzando l’India da settembre e ottobre scorsi in uno scontro durissimo con il governo in carica. Le proteste sono partite dal Punjab e dall’Haryana, abitualmente definiti come il “granaio dell’India”, ma si sono estese rapidamente negli stati meridionali del Kerala e del Karnataka e in quello nord-orientale dell’Assam, fino a coinvolgere anche i coltivatori di canna da zucchero nell’Uttar Pradesh, testimoniando un diffuso e condiviso sentire tra gli agricoltori.
L’impatto economico e sociale del blocco di ferrovie, strade, autostrade e attività economiche è tale che la stessa Corte Suprema indiana ha cercato una disperata via d’uscita istituzionale, ma i contadini non cedono e sono tanti in una nazione da 1,4 miliardi di abitanti dove l’agricoltura, che è la principale fonte di sostentamento per circa il 58% della popolazione, rappresenta circa il 15% del Pil.
Ancora oggi dall’India ci arrivano esempi politici di opposizione e perseveranza alle politiche neoliberiste, con un coraggio che in Occidente sta venendo sempre più a mancare.
[1] https://www.bloombergquint.com/law-and-policy/supreme-court-suspends-implementation-of-three-farm-laws
[2] http://egazette.nic.in/WriteReadData/2020/222039.pdf
[3] http://egazette.nic.in/WriteReadData/2020/222040.pdf
[4] https://consumeraffairs.nic.in/sites/default/files/file-uploads/acts-and-rules/EC%28Amendment%29%20Act2020.pdf