Ne avevamo parlato quasi un mese fa e oggi torniamo a parlare con Alessandra Crippa, una delle lavoratrici (è anche delegata sindacale) che non ha mai smesso di partecipare al presidio davanti alla Voss di Osnago.
Mi racconta: “E’ stata dura, siamo al 43esimo giorno di resistenza, 24 ore su 24 davanti ai cancelli, sempre. Dieci, venti persone o più durante il giorno, cinque o sei di notte. Il freddo, il gelo, la neve non ci hanno fermato. Ci siamo rafforzate, temprate, unite sempre di più. E parlo non a caso al femminile. Siamo sempre più donne; diversi uomini, buon per loro, hanno trovato lavoro, noi donne lo sapevamo dall’inizio che eravamo le “più complicate” da ricollocare, quindi in cuor nostro sapevamo che questa lotta era nostra. L’azienda è andata avanti a lungo con prepotenza, arroganza e strafottenza.
La nostra dignità e intelligenza hanno pagato. Forse quando hanno visto le carrettate di legna che la solidarietà ci ha portato, hanno capito che avremmo resistito a lungo.
Qualche giorno fa sono venuti a miti consigli. Quegli stessi “galantuomini” che avevano cercato di forzare il blocco con la loro auto lussuosa, giovedì scorso si sono seduti al tavolo delle trattative. Si comincia a ragionare, martedì prossimo si va avanti. Le avevano provate tutte prima, cercando di dividerci, di metterci gli uni contro gli altri, chiamando alcuni di noi a lavorare per alcuni giorni, per “riordinare” (a detta loro), per preparare (in verità) lo smontaggio dei pezzi da far uscire. Ce l’abbiamo fatta, le sirene hanno cantato nelle orecchie di diversi di noi, la tentazione era forte poiché il pane in alcune case cominciava a scarseggiare, mentre la cassa integrazione Covid che ci spetta non arriva e tanto meno viene anticipata dall’azienda. Hanno accettato di non entrare e nessuno è entrato. Siamo unite e uniti più di prima.
Hanno mandato un povero muratore con la scusa di riparare i danni del tetto, visto che piove dentro. Ma non siamo mica fessi. Guarda caso quando lavoravamo non gliene fregava nulla a nessuno che entrasse acqua dal tetto. Il muratore stava entrando con una piattaforma, aveva in realtà l’ordine di smontare delle canne fumarie e poi via via pezzi di macchine che avrebbe portato fuori. Ci è spiaciuto, ma è entrato solo con il suo secchiello e le orecchie basse. Abbiamo subito capito che di questi volponi non avremmo potuto fidarci; ora dopo un primo tavolo in cui abbiamo cominciato a raccogliere i frutti della lotta non dobbiamo fare un passo indietro. Loro hanno fretta di consegnare i prodotti lavorati o semilavorati che sono dentro. Questa volta il tempo gioca a nostro favore. Dicono che “rischiano di pagare delle penali”… Lo dicono a noi? Noi non stiamo pagando nulla?
Abbiamo dato finalmente il via ad una cassa di resistenza perché alcune famiglie sono in situazione critica. Dobbiamo aiutarci. La solidarietà è stata tanta. Dal camper che ci ha fornito un uomo che non ha voluto essere nominato, alla legna arrivata da ogni parte, al cibo che continuano a portarci. L’amministrazione comunale ci è vicina, i sindacati FIM e FIOM ci sono di grande supporto, alcuni sindacalisti si fermano a lungo con noi. Lorena Silvani, una sindacalista, ha anche fatto il turno di notte con noi. Il camper permette che a coppie (il Covid ci dice di mantenere le distanze) si entri un po’ a scaldarci. Tra le 4 e le 5 di notte è il momento più duro.
Sono venuti anche da Napoli, dalla Whirlpool a portarci solidarietà, è stato importante. Non ci sentiamo sole, se abbiamo avuto momenti di sconforto, ora abbiamo rialzato la testa e andremo fino in fondo. Che lo sappia questa ditta. Lo abbiamo fatto sapere anche alla “casa madre” in Germania, noi resistiamo. Non siamo mica tappetini e non ci accontenteremo di briciole. La speranza che qualcuno re-investa e faccia ripartire qui la produzione di un qualcosa e si possa tornare a lavorare insieme in questo luogo è grande. Sono solo un po’ preoccupata per qualcuno che sta qui veramente “fisso”. Il giorno in cui potremo tornare a casa, credo che la sofferenza e lo sbalzo saranno enormi. Ci stiamo già promettendo di continuare queste relazioni che sono diventate davvero solide.
Cominciamo a sentire che le giornate si allungano, vediamo sereno all’orizzonte, ma non abbiamo fretta, quando sarà il momento andremo a casa e avremo infiniti momenti da ricordare, da raccontare ai nostri figli e nipoti. Per ora siamo qua, non si fa mezzo passo indietro, abbiamo imparato tanto e ci siamo dette più volte che ogni volta che potremo andremo a sostenere le lotte di altri. Ci sentiamo la punta di un iceberg. Il giorno in cui sbloccheranno i licenziamenti, per ora bloccati per il Covid, sarà una frana, ci sarà da lottare e quest’esperienza sarà utile anche ad altri.
Sono fiera del mio paese, dico paese e dico Paese. Mai avremmo pensato di resistere tanto, solo la forza intorno a noi ci ha permesso questi risultati: dalle lettere dei bambini, ai messaggi arrivati da lontano, dai clacson dei camionisti che passano lungo la stradale e ci sostengono, a quelli che ci portano generi di prima necessità. Tutto ciò è stato commovente, ci ha scaldato ancor più della legna.
Non sappiamo cosa resterà ai dirigenti di questa ditta, otterranno le loro buone o buonissime uscite, si ricicleranno come doberman in qualche altra azienda, dietro a scrivanie lucide. Umanamente abbiamo già vinto, ci guardiamo tra noi, ci guardiamo allo specchio. Siamo stati bravi e brave. La nostra dignità è cresciuta, NOI non siamo soli.”
Parlo anche con Roberta dell’ARCI, non a caso un’altra donna, che dall’inizio segue questa lotta e mi conferma tutto. “Sono state bravissime, l’altro giorno ho visto Alessandra con le mani viola dal freddo. Lo so che non è ancora finita, ma dopo l’incontro con l’azienda che hanno avuto giovedì scorso ho visto degli sguardi nuovi. Questo è il momento più delicato, ma agli occhi di molti hanno già vinto.”
Per dare un contributo alla cassa di solidarietà:
Bonifico bancario intestato a Circolo Arci La Lo. Co. ASD APS, causale “Raccolta fondi lavoratori Voss”
IBAN IT 95J0521651650000000030493