Dopo la recente inondazione che ha colpito il Nord Ovest della Siria, Still I Rise ha scelto di dare il suo piccolo contributo agli studenti del centro educativo Ma’an, nella città di Ad Dana, attraverso una distribuzione di teli di plastica, coperte e stuoie per isolare dall’acqua. Una goccia nell’oceano, mentre la situazione nel Nord Ovest della Siria peggiora sempre di più e l’attenzione dei media diminuisce.
Le inondazioni degli ultimi giorni hanno colpito oltre 67.000 sfollati interni residenti in più di 196 campi, distruggendo oltre 3.762 tende e danneggiandone più di 7.728, oltre ad aver causato alcuni feriti e un decesso. Nel 2021, la Siria entra nel suo decimo anno di guerra, ma niente cambia, come riferisce Abdulkafi Alhamdo, Project Coordinator in Siria di Still I Rise.
“Queste persone vivono in luoghi non adatti alla costruzione di campi, spesso su terreni agricoli: qui ogni volta che piove le tende affondano letteralmente nel fango. Il bisogno primario di essere protetti dal freddo, dalla pioggia e dalla neve non è rispettato”, afferma Alhamdo. “Queste famiglie vivono così da anni, non cambia nulla: si ripetono sempre gli stessi appelli, gli stessi problemi, le stesse sofferenze. L’inverno è un mostro per le persone che vivono in questi luoghi. Nelle ultime settimane decine di migliaia di persone sono state colpite da questo dramma, ma la catastrofe è molto più grande di quanto si possa immaginare. È una sofferenza che non può essere raccontata, non può essere contata, non può essere numerata: può essere soltanto vissuta e provata sulla propria pelle”.
Durante l’inverno, il riscaldamento è un lusso raro nei campi del Nord-Ovest della Siria: qui vivono 2,7 milioni di sfollati, l’80% dei quali donne e bambini. Le condizioni climatiche estreme spingono le persone a spostarsi da una zona all’altra, alla ricerca di condizioni di vita migliori, ma spesso senza alcuna possibilità di successo. Persino avere più di una coperta a persona è molto difficile. Le cattive condizioni meteorologiche non fanno che sottolineare il continuo e urgente bisogno di carburante e riscaldamento, vestiti invernali, coperte, cibo, mezzi di sussistenza e acqua, servizi igienici e sanitari.
Nel Nord-Ovest della Siria non c’è stata un’adeguata preparazione all’inverno e le persone in difficoltà ricorrono allora a stratagemmi pericolosi, come bruciare materiali non sicuri per riscaldarsi: questa pratica ha generato focolai di incendi, mentre l’emissione di fumi tossici ha causato seri problemi per la salute e l’incolumità delle persone. Solo nell’ultimo mese, infatti, sono stati segnalati 17 incendi che hanno colpito 28 famiglie, distrutto 28 tende e provocato un morto e sette feriti.
Anche la situazione sanitaria è drammatica: secondo un rapporto OCHA del 26 gennaio, le autorità confermano quasi 21.000 casi di Covid-19, mentre il numero di decessi associati alla pandemia è sensibilmente aumentato, passando dal 46% al 380%. La capacità di test è molto bassa e alcuni programmi per il Covid-19 stanno esaurendo i finanziamenti: di conseguenza, è sempre più difficile garantire servizi sanitari essenziali a tutte le persone. Questa carenza di fondi sta portando a significative lacune anche nei servizi idrici e sanitari. Le persone che ne hanno bisogno stanno aumentando a più di 2,6 milioni negli ultimi 3 mesi: si prevede un peggioramento della situazione entro marzo 2021. Inoltre, nel Nord Ovest della Siria le ostilità non si fermano e i bombardamenti hanno continuato a colpire le comunità. Ci sono costantemente vittime civili, uccise e ferite dai bombardamenti o dagli ordigni esplosivi improvvisati, così come dai residuati bellici.
“La comunità internazionale ha distolto lo sguardo dal Nord-Ovest della Siria, mentre la gente continua a soffrire senza fine. Ci sono bambini di 10 anni che non hanno visto altro che guerra, sfollamento, povertà e sofferenza”, afferma Giulia Cicoli, Direttrice Advocacy di Still I Rise. “L’unico modo per permettere ai siriani di vivere in dignità, libertà e sicurezza è una soluzione politica, molto difficile da trovare in un contesto estremamente complicato, con un conflitto che continua ormai da 10 anni. Eppure, una soluzione deve essere tentata. Milioni di vite sono in gioco. Fino a quando questo non succederà, la comunità internazionale ha il dovere di intensificare immediatamente gli aiuti umanitari nella regione, in modo che almeno i bisogni più elementari possano essere soddisfatti e la gente abbia maggiori possibilità di sopravvivenza”.
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Vanessa Cappella