In questi mesi si è sentito molto parlare delle migrazioni nella rotta balcanica, ma in cosa consistono? Cosa vivono i migranti sulla propria pelle? Di questo e molto altro ne parliamo con Paolo Tengattini, da molti anni attivo nelle opere di volontariato in Albania e Bosnia con l’Associazione Volontari del Sebino Onlus, di cui è stato Presidente. Attualmente è Direttore del Dormitorio San Vincenzo di Brescia, che accoglie uomini e donne che vivono situazioni di emarginazione e persone senza fissa dimora che hanno alle spalle situazioni difficili e storie complesse, connotate dall’abbandono, dalla dipendenza e dalla disgregazione dei legami familiari.
Quale è il tragitto dei migranti nella rotta balcanica?
A partire dagli anni 2015 e 2016 uno dei principali percorsi migratori verso l’Europa è quello che attraversa gli stati balcanici. Centinaia di migliaia di persone provenienti principalmente da Siria, Iraq, Afghanistan, Pakistan, Turchia ed Egitto sono arrivate in Europa attraversando con mezzi di fortuna, molto spesso a piedi, Grecia, la Macedonia o l’Albania, Serbia, Croazia, Slovenia per entrare in Italia dalla frontiera di Trieste o di Gorizia. Nel corso degli anni sono sorti in questi territori “campi per profughi di transito” gestiti da ONG che cercano di supportare i migranti durante questo difficile viaggio e alla fine del 2019 UNHCR stimava circa 53.000 persone presenti nel territorio balcanico in cerca di protezione e rifugio. A Marzo 2016, in virtù dell’accordo fra Unione Europea e Turchia, i confini degli Stati lungo la rotta balcanica sono stati definitivamente chiusi e il viaggio verso l’Europa è diventato sempre più costoso sia in termini economici quanto di vite umane e, molto spesso, l’unica possibilità per arrivare a destinazione è quella di affidarsi ai trafficanti che organizzano i trasferimenti fra i diversi confini.
Subiscono respingimenti? E in che mani finiscono?
Sì, purtroppo sono sempre più violenti e frequenti i respingimenti, in particolare quelli alla frontiera croato-bosniaca, in quanto i Paesi balcanici (in modo particolare Serbia, Croazia e Slovenia) hanno dichiarato di non essere disponibili ad offrire nessuna forma di accoglienza, contravvenendo cosi ai trattati internazionali sul diritto d’asilo. I migranti sono nella maggior parte dei casi uomini molto giovani (spesso minorenni) che cercano di raggiungere l’Europa (non necessariamente l’Italia ma più spesso Francia e Germania) con la speranza di poter richiedere Protezione Internazionale, ottenere un titolo di permanenza nello stato ospitante e provare a riscostruire una nuova vita. Nella struttura di accoglienza della San Vincenzo, dall’estate 2020, sono stati accolti cinque MSNA che hanno percorso la rotta balcanica per arrivare nel nostro Paese. Sono di nazionalità pakistana, egiziana e irachena. Tutti hanno raccontato di aver pagato “delle persone” che gli hanno costantemente indicato la strada, percorsa a piedi o in autobus, e dove trovare campi profughi per ottenere ristoro. Alcuni hanno riferito di essere stati respinti più volte in modo violento dalla polizia croata cercando di attraversare la frontiera bosniaco-croata. Nel caso del giovane egiziano, ci è stato raccontato di aver viaggiato in aereo (con regolare Visto) dall’Egitto alla Turchia, di aver preso un’imbarcazione fino in Grecia per poi proseguire il viaggio a piedi fino all’Italia. A tal proposito è significativo come Papa Francesco, durante la preghiera dell’Angelus del 7 febbraio, esorti ogni istituzione ed ogni persona di buona volontà, ad occuparsi di questi ragazzi offrendo gli opportuni canali umanitari e una dignitosa accoglienza: “Desidero rivolgere un appello in favore dei minori migranti non accompagnati. Sono tanti! Purtroppo tra coloro che per vari motivi sono costretti a lasciare la propria patria, ci sono sempre decine di bambini e ragazzi soli, senza la famiglia ed esposti a molti pericoli. In questi giorni mi è stata segnalata la drammatica situazione di quelli che si trovato sulla cosiddetta “Rotta balcanica”. Ma ce ne sono in tutte le rotte. Facciamo in modo che a queste creature fragili e indifese non manchino la doverosa cura e i canali umanitari preferenziali”. Una volta entrati in Italia, quando vengono intercettati dalla Polizia, vengono fotosegnalati e vengono raccolte le loro impronte digitali. Questo tipo di registrazione impedirà loro in futuro di chiedere asilo in altri Paesi europei perché, in virtù della Convenzione di Dublino, i migranti devono fare richiesta di Protezione Internazionale nel primo Paese europeo in cui vengono “registrati”. Di conseguenza, quando i giovani raggiungono Francia e Germania, una volta controllati dalle rispettive polizie nazionali vengono rimandati in Italia e considerati come “dublinati”.
Quali sono le cause che li spingono a partire?
Le cause alla base della decisione di intraprendere il viaggio sono diverse ma tutte riconducibili alla speranza di poter avere una migliore qualità di vita (sia dal punto di vista economico che dei diritti) e di poter inviare aiuti economici alle famiglie che sono rimaste nei Paesi d’origine. I migranti provengono da paesi con una forte instabilità politica e sociale. Iraq, Afghanistan e Pakistan sono nazioni che da decenni conoscono numerose e diverse forme di guerra e guerriglia, che hanno ancora gravi problemi di scontri etnici dove le minoranze (ad es. quella sciita) sono profondamente discriminate e dove il radicalismo religioso fa proseliti e cerca di reclutare nuove forze. Spesso i migranti cercano di fuggire da servizi militari obbligatori a tempo illimitato (in modo particolare i siriani) ed i più giovani non hanno mai conosciuto periodi di stabilità senza tensioni armate. Tutti questi paesi sono privi di infrastrutture, di un sistema sanitario adeguato (che porta ad avere un’aspettativa di vita molto bassa) e la maggior parte delle persone vive ben al di sotto della soglia di povertà. Di conseguenza sono molti i giovani che si dimostrano pronti a tutto per di raggiungere l’Europa in cerca di un lavoro dignitoso che possa garantire un reddito sufficiente per la costruzione di un nuovo futuro e per sostenere, attraverso l’invio di denaro, le famiglie rimaste in patria. Spesso sono le famiglie stesse a promuovere la possibilità di intraprendere il viaggio nella speranza che possa essere un “investimento” per tutta la famiglia. I giovani migranti sono spesso in cerca non solo di denaro ma di opportunità, di sogni e di speranze, tutte cose che nei Paesi d’origine non sono possibili e che si augurano di poter realizzare nella nostra Europa che però, molto spesso, non ha la capacità di riconoscere i problemi degli altri cercando di proteggere i propri privilegi.
Da quanto tempo siete presenti in quelle zone?
L’associazione “Volontari del Sebino” si è costituita a Marone il 06/10/1995 ma già da alcuni anni prestavamo servizio nei territori balcanici attraverso spedizioni umanitarie per aiutare la popolazione civile ridotta in condizione di grave povertà dalla guerra. Inizialmente visitammo diverse località, in particolare cominciammo sostenendo la missione francescane di Spalato ed avviammo una collaborazione con la Croce Rossa nel villaggio di Gruda (Croazia). A partire dal 1993 cominciammo ad avere i primi contatti con le missioni cattoliche in Albania. Le prime spedizioni ed i primi incontri con l’Albania sono stati nel distretto di Elbasan (Centro Sud dell’Albania), dove abbiamo trovato una popolazione affamata, priva di ogni supporto statale e totalmente disorientata a causa della recente caduta del governo dittatoriale di Hoxa. Inizialmente cercammo di visitare il territorio per comprendere al meglio i bisogni (espliciti e non) della gente e della realtà sociale. Iniziammo con dei sostegni sia economici che di beni materiali ad alcune famiglie. Inoltre aiutammo numerose famiglie a ricostruire le proprie case favorendo l’utilizzo di lavoratori locali. Ci impegnammo anche in attività sanitarie per aiutare le suore “Figlie della Carità” (Suore di Madre Teresa) favorendo il lavoro di medici bresciani in Albania che fecero delle importanti operazioni, principalmente di carattere oculistico. Considerata la nostra opera, l’allora Nunzio Apostolico Mons. Ivan Diaz, ci chiese di impegnarci in modo permanente e continuativo nel campo educativo della gioventù attraverso corsi di formazione, campi ricreativi e adozioni a distanza per il sostegno dei giovani allo studio, alla salute e per collaborare con le famiglie di origine. Questo impegno non si è più interrotto ma continua ancora in modalità diverse più adeguate al nuovo e continuo cambiamento del contesto sociale e culturale. Oltre all’Albania, l’impegno dei Volontari nel corso degli anni si è sviluppato anche in altri territori come la Romania e il Libano e anche in alcune situazioni emergenziali italiane come la ricostruzione dopo i terremoti degli ultimi anni.
Oggi, come sono organizzate le vostre spedizioni?
Normalmente le attività dei Volontari in Albania prevedono una visita invernale alle missioni, che hanno lo scopo di comprendere al meglio l’emergere di nuovi bisogni e valutare i progetti già in corso e dei momenti di formazione degli adolescenti che saranno poi gli animatori dei “campi estivi”. Durante i mesi primaverili è solitamente prevista una spedizione guidata dai volontari che si mettono a disposizione per la consegna diretta di beni di prima necessità (e materiale per l’infanzia) raccolto durante l’inverno nei supermercati bresciani. È in estate che i volontari vivono il momento più significativo dell’anno con i campi estivi (svolti in diverse località albanesi) a cui partecipano centinaia di bambini e ragazzi che hanno la possibilità di vivere momenti di svago, attività culturali e laboratoriali sotto la guida dei volontari e degli animatori albanesi formati in precedenza. Purtroppo, a causa della pandemia che si è sviluppata nel 2020, le attività si sono dovute
modificare in quanto non ci è stato possibile essere fisicamente presenti in Albania, ma con la campagna #Distantimauniti, abbiamo cercato di continuare a far sentire la nostra vicinanza ai nostri amici albanesi inviando fondi e con un costante scambio di messaggi, video e fotografie. Durante quest’anno è emerso un nuovo grande bisogno che è quello di sostenere i migranti che hanno sempre più spesso cominciato ad attraversare l’Albania a piedi per raggiungere l’Europa. Questa situazione ci è stata segnalata da alcune suore missionarie che offrono ospitalità e ristoro ai migranti durante il loro difficile peregrinare
Quali azioni di volontariato state agendo in aiuto ai migranti della rotta balcanica?
Come detto in precedenza, la crisi sanitaria ci sta impedendo di muoverci liberamente e di conseguenza il nostro aiuto non può che essere a distanza. Le notizie sul flusso migratorio che attraversa il territorio albanese ci vengono inviate principalmente dalle missionarie che operano nella cittadina di Gostime, nel distretto di Elbasan. Il loro impegno in questo periodo è quello di offrire ristoro per uno o due giorni ai migranti che intercettano nella loro zona dandogli, cibo, vestiti puliti, medicine ed un letto dove riposare prima di ripartire. Considerati questi nuovi bisogni i Volontari del Sebino si sono subiti attivati per una raccolta fondi da inviare alle missionarie per sostenere questo loro prezioso impegno, nell’attesa di poter tornare nel “Paese delle Aquile” personalmente.