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Il contesto attuale vissuto e subito mina la nostra coscienza umana in quanto individui su questa Terra, ma anche in quanto cittadini di una società che si sta sgretolando.
Tuttavia, così come uno tsunami, questa scossa devastante ha il merito di far emergere gli orrori, e fra questi, quello che fino a non molto tempo fa era evidente solo per qualche individuo e cittadino. Eppure il numero di vittime e la categoria umana e sociale coinvolta in questo orrore non sono trascurabili. Si tratta della pedofilia.
Una parola che fa rabbrividire, solo a sentirla.
Come abbiamo sottolineato, in questi ultimi mesi i casi di pedofilia sono tornati sulla bocca dei giornalisti. Molto inchiostro viene versato sui giornali, e vengono scritti libri su questo soggetto preoccupante. Alcuni casi sono stati portati alla luce e altri sono riemersi, già noti ma ancora in attesa di giustizia. Coloro che sono impegnati da tanto tempo nella lotta alla pedofilia ne approfittano per farsi sentire maggiormente.
Con questo articolo, spero anch’io di far sentire la mia voce, che è quella di una semplice cittadina. Vorrei partire da questa domanda, che io per prima mi sono posta. Nel caso di una prossima manifestazione contro la pedofilia, i cittadini si riverseranno in strada in massa per sostenere la causa delle vittime come Jonathan Delay o quella portata avanti da varie associazioni e gruppi che si battono da anni? Lo spero, perché è vero che al giorno d’oggi noi, cittadini comuni, siamo capaci di scendere in piazza in massa per esprimere il nostro disaccordo e sostegno a diverse cause, legittime o meno tra l’altro.
Ma nelle manifestazioni contro la pedofilia, perlomeno quelle a cui ho potuto assistere o che ho visto in video, non siamo mai in molti. Perché?
Per parlare apertamente, alcune delle persone presenti a questo tipo di manifestazioni sono sempre le stesse, ormai le riconosco pure io. Non parlo di quelli che sono attivi nella lotta, ma di cittadini come me che ci vanno semplicemente per esprimere la loro indignazione e il loro rifiuto. Personalmente, una volta ho deciso di incontrare alcuni di loro in piazza e di chiedergli espressamente le loro motivazioni a manifestare.
Non c’era nessun mistero. Per la maggior parte di loro, la motivazione è semplice: « È indecente, non si può accettare! Non c’è giustificazione possibile! I bambini sono sacri e non devono essere toccati! »
Era come se dicessero tutti in coro: Basta, adesso basta! Non possiamo permetterlo!
E allora che cosa impedisce ad altri cittadini comuni come me di invadere le strade e le piazze e di manifestare semplicemente, non fosse altro che per la loro presenza, il loro NO categorico?!
Visto che quegli stessi cittadini comuni sono capaci di farlo per altre cause come il razzismo, la violenza contro le donne, il riscaldamento globale, la libertà di espressione ecc.
Qualunque sia la capacità di coinvolgimento e la volontà di contribuire personalmente, la lotta contro l’abuso sui bambini dev’essere un problema di tutti. Il nostro silenzio generale equivale al nostro consenso generale.
Non sto scrivendo questo articolo per fare la morale a nessuno, perché io stessa ho impiegato parecchio tempo prima di decidere di impegnarmi in questa battaglia.
Ho dovuto superare una barriera che si trovava nella parte più profonda di me stessa in quanto essere umano.
La barriera sull’inconcepibile aldilà della quale il mio spirito si rifiutava proprio di pensare a questo tipo di orrori perché troppo ripugnanti, e perché rischiavo di influenzare e contaminare la parte di candore che ancora mi rimane nel più profondo del mio essere.
Quando finalmente sono riuscita a rompere questa barriera, ne sono uscita ancora più forte.
È proprio a nome della salvaguardia dell’innocenza e della purezza, prerogative assolute che ogni bambino possiede e che deve avere il diritto di mantenere, che ho cominciato a sostenere le azioni contro gli abusi sessuali sui bambini, esprimendo in particolare il mio NO categorico!
Concludo questo articolo sperando che un semplice cittadino tale e quale a me, che legge queste parole, possa trovare la forza di rompere la sua barriera personale sull’inconcepibile e possa finalmente scendere in piazza alla prossima manifestazione, non fosse altro che per dire: « NO, ORA BASTA! »
Di Teresa Scotto di Vettimo
Traduzione dal francese di Raffaella Piazza. Revisione di Thomas Schmid
Sull’autrice: Teresa Scotto di Vettimo è un’italiana trapiantata da una ventina d’anni in Francia, dove esercita la professione di architetta. Da qualche anno, supera il contesto disciplinare legato alla sua professione ed esplora altri campi di espressione e tematiche che nutrono il suo pensiero sull’architettura e sulla società in generale. Impegnata in diverse associazioni, sviluppa le sue azioni tramite vari mezzi di espressione tra cui la realizzazione di film e documentari. Dal 2016 è co-fondatrice e co-presidente dell’associazione MEMO (Movimento per l’uguaglianza nella direzione dei lavori), in cui lavora come architetta militante e ricercatrice indipendente. Nel 2019 co-fonda il Collettivo ImagEnAction, attraverso il quale co-produce diversi video per la valorizzazione dell’azione umana e artistica.