Investimenti illegali nel Sahara Occidentale occupato: c’è anche l’Italia

Donne Sarahawi protestano contro il Muro della Vergogna, oltre 2000 km di muro, presidiato dai militari marocchini, che divide il Sahara Occidentale (Foto di wikimedia commons)
Il Sahara Occidentale è riconosciuto dalle Nazioni Unite come “territorio non autonomo”, ovvero come territorio ancora da decolonizzare, conformemente alla Risoluzione 1514 del 1960.

Nel ’75 la Spagna franchista, fino ad allora occupante coloniale, costruiva le premesse per il subentro, al suo ritiro dal Sahara Occidentale, dell’occupazione marocchina, tramite gli accordi di Madrid. Da allora il Regno del Marocco ha potuto sfruttare le risorse naturali dei territori occupati. Il Sahara Occidentale possiede una delle più grandi miniere di fosfati del pianeta, oltre a riserve di petrolio, gas, ferro, rame e uranio. Nel 1974 la Banca Mondiale lo ha inserito in cima alla lista dei Paesi del Maghreb in termini di abbondanza ittica, una delle zone di pesca più importanti al mondo. Nel 2018 l’Unione Europea ha concluso col Marocco l’ultimo di una serie di accordi di pesca che include le acque del Sahara Occidentale, avvallato nel 2019 dal Parlamento Europeo. Questo nonostante le sentenze della Corte di giustizia dell’UE, che ha più volte ribadito come lo sfruttamento ittico dei mari del Sahara Occidentale si configurasse come violazioni del diritto internazionale.
Nel gennaio 2020 il parlamento marocchino ha stabilito in modo unilaterale i limiti della sua frontiera marittima, accorpando le acque del Sahara Occidentale. Nel solo anno 2019, Il Regno del Marocco ha esportato 1.928,00 tonnellate di fosfati estratti dal Sahara Occidentale, per un valore di 163,9 milioni di dollari.

Nei territori occupati del Sahara Occidentale operano compagnie europee, statunitensi, cinesi, canadesi, australiane. Fra queste le italiane Enel, Italgen, Italcementi, GE Oil & Gas. In prima fila le compagnie francesi, nei settori del credito, petrolio/gas, miniere, pesca, energie rinnovabili, costruzioni, trasporto aereo. Non è forse un caso che, nel marzo scorso, dinanzi alla Corte di Giustizia dell’UE “l’unico Paese dei ventisette Stati membri dell’Unione Europea ad aver presentato un memorandum a sostegno delle posizioni di Rabat sia stato la Francia, a discapito della legalità internazionale e anche del diritto europeo”1.

Il coinvolgimento delle imprese straniere nello sfruttamento delle risorse del Sahara Occidentale è stato analizzato dal rapporto del Centro studi e documentazione Ahmed Baba MISKE, liberamente scaricabile.

Ne riportiamo, di seguito, l’introduzione:

Per il secondo anno consecutivo, il Centro studi e documentazione Ahmed Baba MISKE desidera far luce sul conflitto che oppone alla Repubblica Saharawi il Regno del Marocco – entrambi membri dell’organizzazione regionale dell’Unione africana – riguardo alle attività nei territori del Sahara Occidentale ancora occupati dal Marocco.

Il rapporto del centro studi elenca le società che si sono stabilite o hanno ancora attività nella parte occupata del Sahara occidentale.

Queste attività costituiscono una flagrante violazione del diritto internazionale, oltre che “crimini di colonizzazione”, poiché non hanno ottenuto il consenso né della popolazione autoctona del Sahara Occidentale, né del suo unico rappresentante, definito dall’ONU come tale, il Fronte Polisario (Fronte di Liberazione Popolare di Saguia el Hamra e del Rio de Oro).

Il ​​Sahara Occidentale, dalla fine della dominazione coloniale spagnola nel 1976, è classificato dalle Nazioni Unite come un “territorio non autonomo e privo di amministrazione ”.
Hans Correl, consulente giuridico delle Nazioni Unite, nel suo parere del 2002, affermava che, “Il 14 novembre 1975, una dichiarazione di principi sul Sahara occidentale è stata firmata a Madrid dalla ‘Spagna, Marocco e Mauritania (Accordo di Madrid). In virtù di questa dichiarazione, i poteri e le responsabilità della Spagna, in quanto potere di amministrazione del territorio, furono trasferiti a un’amministrazione tripartita temporanea.
L’accordo di Madrid non prevedeva un trasferimento di sovranità sul territorio, né conferiva a nessuno dei firmatari lo status di potere di amministrazione, status che la Spagna non poteva trasferire unilateralmente. Il trasferimento dei poteri amministrativi a ​​Marocco e Mauritania nel 1975 non hanno nessuna incidenza sullo status del Sahara occidentale come territorio non autonomo”
.

Inoltre, le sentenze della Corte di giustizia dell’UE, ed in particolare quella del 27 febbraio 2018, hanno affermato e richiamato lo “status separato e distinto” del Sahara occidentale riconosciuto dall’ONU (da quello del Regno del Marocco).

Tutte queste sentenze e consulenze giuridiche sono conformi al parere legale dell’Unione africana pubblicato già in 2015, che chiarisce lo status giuridico della Repubblica Saharawi e del Regno del Marocco, ricordando che la presenza marocchina è un’occupazione militare illegale e che, quindi, tutte le attività economiche, svolte dal Regno del Marocco o da terzi, costituiscono violazione del diritto internazionale.

In seguito ai pareri della Corte di Giustizia dell’UE, un buon numero di società ha deciso di conformarsi al diritto internazionale e ha cessato le proprie attività nella parte del Sahara occidentale ancora occupata dal Marocco.

Infine, va notato che dopo la violazione del cessate il fuoco da parte del Marocco il 13 novembre 2020 e la ripresa della guerra, il Fronte Polisario e la SADR hanno dichiarato l’intero territorio del Sahara occidentale come zona di guerra (in terra, nel mare, come nell’aria). Ciò dovrebbe indurre più società a riconsiderare le proprie attività illegali nel Sahara occidentale.

 

Tratto da ECOR.Network.

Nota:

1 Dichiarazione di , rappresentante del Fornte Polisario in Europa, riportata da: Algerie Press Service, Reconnaissance devant la CJUE du statut “séparé et distinct” du Sahara occidental du Maroc, 3 marzo 2021.

L’articolo originale può essere letto qui

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