Nell’anno 6 d.C. l’imperatore Augusto istituì la vigesima hereditatum et legatorum, la tassazione del 5% (vigesima pars) sulle successioni di ogni genere.
Basterebbe questo riferimento storico per dimostrare che l’attuale imposta sulle donazioni e sulle successioni in Italia è ridicola, perché quando un cittadino muore, oggi i figli (e il coniuge) nulla devono pagare fino ad 1 milione di euro a testa. Se poi il patrimonio del defunto va oltre il tetto di 1 milione per ciascun erede, l’imposta è del 4% (comunque inferiore a quella romana di 2.000 anni fa), ma soltanto per la parte eccedente.
Se non bastasse il riferimento storico, si potrebbe ricorrere al confronto con altri paesi simili, per verificare che l’Italia sull’asse ereditario è di fatto un paradiso fiscale. Infatti, in Germania l’imposta va dal 7 al 30% con una franchigia di 500mila euro, in Francia dal 5 al 45% con una franchigia di 100mila euro, in Spagna dal 7 al 34% con la franchigia di 16mila euro, in Gran Bretagna è del 40% con una franchigia di 325mila sterline, mentre negli Stati Uniti va dal 18 al 40%.
A tutto ciò va aggiunto che l’Italia è il paese con il patrimonio privato più alto d’Europa: in totale oltre 10mila miliardi di euro, cioè circa 170mila euro a testa in media.
Oggi, in un paese come l’Italia, che ha un enorme debito pubblico e che si trova in una situazione di difficoltà socio-economica aggravata dalla pandemia, chiunque abbia un po’ di buon senso proporrebbe di aumentare le tasse sulla successione ereditaria – almeno per i patrimoni più elevati – per recuperare risorse da utilizzare magari per dare lavoro ai più giovani.
Invece, in Italia ogni volta che un politico o un economista avanza una timida proposta per riportare l’imposta sulle eredità ad aliquote più simili al resto del mondo, viene lapidato a mezzo stampa.
Siamo un paese senza memoria e perciò senza futuro. Questo è il vero scandalo.