Un paese dell’America centrale di cui non si sente più parlare, se non per definirlo come una “dittatura comunista” o come paese di “brogli elettorali”: il Nicaragua. Da quando ha visto il trionfo della Rivoluzione Sandinista nel 1979 contro la dittatura fascista di Anastacio Somoza, oltre a essere considerato parte del “cortile di casa” degli USA, vive fortissime sanzioni che ostacolano il suo sviluppo, come nel caso di Cuba socialista e del Venezuela Bolivariano. Nonostante subisca ancora una forte ingerenza nordamericana e tentativi di golpe, il Nicaragua resiste con tutte le contraddizioni del caso e continua a fare paura all’oligarchia. Di questo e molto altro parliamo con il giornalista Fabrizio Casari, direttore della Rivista Altrenotizie.org ed esperto del Nicaragua, in cui ha trascorso tre anni. Ecco la prima parte dell’intervista.
A novembre 2021 si terranno le elezioni. Chi sono i candidati e i partiti che si presenteranno?
Sono 19 partiti nazionali e 4 partiti regionali (appartenenti alla costa atlantica e al Caribe) che parteciperanno alle votazioni per eleggere Presidenza e Vicepresidenza, Parlamento nazionale, Parlamento Centroamericano ed enti locali. Due le alleanze: “Nicaragua unita trionfa”, capeggiata dal Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN) e “Alleanza di Cittadini per la libertà” capeggiata dall’omonimo partito. Con quest’ultima è schierata anche l’organizzazione padronale del paese, il Consiglio Superiore dell’Impresa Privata (sigla in spagnolo COSEP).
I media mainstream non parlano mai del Nicaragua, eppure sui loro siti online in questi giorni si stanno divertendo a puntare il dito contro Daniel Ortega per la sua ennesima “svolta autoritaria”. Cosa c’è di vero?
Come premessa va detto che l’associazione Daniel Ortega – “svolta autoritaria” è ormai un refrain ridicolo, del resto proposto per ogni paese che non faccia parte del sistema di alleanze (per definire con un eufemismo lo stato di servitù) che fa capo agli Stati Uniti. Basta infatti scorrere il mappamondo e troverete una straordinaria coincidenza dei cosiddetti “Stati autoritari” dove vi sono governi non allineati a Washington o a Bruxelles. Sempre in tema di coincidenze potrete notare come tutti questi paesi subiscano sanzioni unilaterali e tentativi di golpe, che ci vengono venduti come ribellioni spontanee denominate poeticamente “primavere”.
Ed è proprio quello che succede in Nicaragua, dove la magistratura, sulla base di rivelazioni di stampa confermate e su riscontri probatori inoppugnabili, ha aperto una inchiesta sul riciclaggio di denaro da parte della Fondazione Violeta Barrios de Chamorro. Insieme ad altre due fondazioni di famiglia – Funides e Cinco – riceveva cospicui fondi da Stati Uniti ed Unione Europea da destinare all’organizzazione dell’opposizione in Nicaragua. I fondi – circa 100 milioni di dollari negli ultimi 4 anni – erano investiti nella creazione e nel rafforzamento di strutture mediatiche e politiche antigovernative (giornali, tv, radio e partiti), ma una buona parte ha anche finanziato il tentativo di colpo di stato del 2018 ed era destinata alla costruzione di una rete paramilitare con cui tentare un nuovo golpe dopo le elezioni del prossimo novembre. Il piano, concepito a Washington e denominato RAIN, doveva scattare una volta reso ufficiale la vittoria scontata di Daniel Ortega e della coalizione “Nicaragua insieme trionfa”.
La signora Chamorro si è rifiutata di rispondere alle domande dei magistrati nicaraguensi circa il percorso del denaro, sostenendo che il Dipartimento di Stato USA ha definito il procedimento di invio di fondi come “regolare” e dunque lei non ha motivo di interloquire con la magistratura nicaraguense. Soprattutto, si è rifiutata di dire dove sono finiti 7 milioni e mezzo di dollari arrivati, mai risultati usciti ma scomparsi dai conti. Il sospetto degli inquirenti è che siano andati alla logistica delle bande paramilitari che si muovono nel nord del paese, i nuovi contras, insomma.
L’inchiesta della magistratura ha come fonte giuridica le leggi che sostengono l’impianto legislativo sulla sicurezza del paese. Sono leggi sostanzialmente identiche a quelle presenti in ogni paese europeo e negli stessi Stati Uniti. Riguardano l’obbligo di denuncia per i fondi provenienti dall’estero e da istituzioni straniere e l’obbligo di documentarne entità, scopi e impieghi. Altre leggi proibiscono l’associazione con altri paesi per promuovere richieste di invasioni militari straniere, attività di boicottaggio, sanzioni ed embarghi contro il paese e fanno riferimento ad una legge emanata dal governo liberale di Violeta Chamorro nel 1995. Il fatto che ora la figlia diventi oggetto delle sanzioni proposte dalla legge della madre è una pura coincidenza. Sono sotto accusa per tradimento e cospirazione con Stati stranieri contro l’integrità nazionale e davvero non si vede in quale paese al mondo si sarebbe agito diversamente. La differenza tra il Nicaragua e gli Stati Uniti, ad esempio, è che per la stessa legge gli USA prevedono un minimo di 15 anni di carcere, che in Nicaragua invece va oltre il massimo della pena prevista.
Idem per l’altra legge che regola le candidature a cariche pubbliche, voluta e votata negli anni ’90 proprio da coloro che oggi ne lamentano l’efficacia ai loro danni. Si sta applicando precisamente la legge da loro voluta quando non immaginavano di poterne diventare vittime.
Si tenga conto che lo stesso tipo di inchiesta, relativamente al riciclaggio di denaro, corruzione, finanziamento illecito dall’estero ed evasione fiscale colpisce in queste ore anche il Costa Rica, su cui però nessuno protesta. Dunque se si applicano leggi a protezione della sicurezza nazionale per stroncare traffici illeciti e finanziamenti di formazioni armate ovunque si levano gli applausi per l’integrità democratica, mentre se succede in Nicaragua ci arrivano le accuse di essere uno Stato autoritario. Bizzarro, no?
L’arresto di membri politici della destra nicaraguense ha suscitato molto clamore, ma nessuno ha detto per cosa sono stati condannati. Si sta ripresentando il tentativo di golpe del 2018?
Intanto è bene dire che gli arrestati non sono candidati a nulla, giacché la presentazione delle candidature è ancora di là da venire. Sono aspiranti candidati, peraltro in scontro feroce tra di loro. Ad ulteriore dimostrazione dell’assenza di relazione tra gli arresti e la campagna elettorale c’è il fatto che molti degli arrestati non sono candidati a nulla e molti, come ad esempio il presidente del gruppo bancario Banpro, non militano in nessun partito.
Sì, quello in gestazione è un nuovo tentativo di colpo di Stato. Questa volta il governo nicaraguense non si è fatto cogliere di sorpresa e ha deciso di agire in anticipo, disponendo sia di indizi che di prove sufficienti a far scattare il piano di prevenzione.