L’accelerazione imposta dalle autorità alle Zone di impiego e sviluppo economico (ZEDE) è stata fortemente criticata da ampi settori della società honduregna. Le proteste si sono moltiplicate in tutto il paese e ogni giorno organizzazioni di differenti settori si uniscono al rifiuto delle ‘città modello’ (charter cities).
Mentre sto scrivendo la seconda parte di questo reportage, arriva la notizia di mobilitazioni e occupazioni di ponti e strade in vari punti nel nord del paese. I gruppi confluiti nel Movimento Sociale Organizzato (MOSO) chiedono che venga abrogata la Legge Organica delle ZEDE e che in tutti i 298 municipi del paese si realizzino consigli comunali aperti per dichiarare i territori liberi dalle ZEDE.
Miriam Miranda, coordinatrice dell’Organizzazione fraterna nera honduregna (Ofraneh), assicura che non si tratta di un progetto isolato, ma è parte integrante di un progetto politico ben definito, di un modello perverso di svuotamento e svendita del territorio nazionale e di espulsione delle comunità.
“È una posta in gioco della narco-dittatura che governa in Honduras. Da dieci anni lottiamo contro questo progetto. Cominciammo a raccogliere firme e presentammo ricorso d’incostituzionalità contro le Regioni speciali di sviluppo (RED). Sapevamo che i popoli indigeni, le comunità garifuna, sarebbero state le più danneggiate”, spiega Miranda.
“Alla fine ottenemmo che le dichiarassero incostituzionali e dovettero ricorrere a un colpo di stato tecnico contro la Corte Costituzionale per ribaltare l’esito del processo. Fu un fatto gravissimo, perché fecero inabissare ancora di più l’istituzionalità del paese, già infranta dopo il golpe del 2009. Quindi cambiarono il nome alle RED e si inventarono le ZEDE”, ricorda la dirigente garifuna.
Che cosa è successo dopo?
Il progetto è rimasto dormiente per diversi anni, finché all’improvviso, a marzo, è scoppiata la protesta a Crawfish Rock contro la ZEDE ‘Roatán Prospero’, promossa da un consorzio d’investitori internazionali (Honduras Próspera) senza consultare nessuno.
Ciò ridestò allarme e la gente iniziò a reagire. C’è come un risveglio del popolo, delle comunità e anche di alcune municipalità. Si stanno organizzando e mobilitando in modo spontaneo. Stanno chiedendo di dichiarare i loro territori liberi dalle ZEDE. È molto interessante ciò che sta avvenendo.
In che modo sta partecipando Ofraneh?
Facciamo parte della campagna contro le ZEDE e ci stiamo coordinando con movimenti e organizzazioni di La Ceiba per promuovere delle azioni. È tutto un fermento attorno a questa lotta e ci sono anche sindaci valorosi che la stanno facendo propria e spalleggiando.
Dicevi che le ZEDE non sono una cosa nuova
Dai tempi della Colonia ci hanno imposto un’economia di enclave, consegnando territori interi alle compagnie bananiere, minerarie, all’agroindustria e, più di recente, alle maquilas (zone franche).
Le ZEDE sono un inasprimento, un’estremizzazione di quello stesso modello. Un modello di cessione al capitale multinazionale, che gli garantisce enormi privilegi in nome di un falso progresso e dell’illusione di produrre sviluppo e lavoro.
Forse non siamo stati in grado di capirlo immediatamente, ma si tratta di un progetto politico ben strutturato e molto pericoloso, che procede con tutti i mezzi necessari per svuotare i territori, espellendone le comunità e la popolazione.
Che cosa vi preoccupa di più?
Un elemento che ci preoccupa enormemente è la terziarizzazione della giustizia, la rinuncia alla sovranità. Che ne sarà di tutti quei meccanismi internazionali di protezione dei diritti umani? Che ne sarà dei trattati internazionali, della Convenzione 169 della OIT, delle sentenze della Corte interamericana dei diritti umani riguardanti le comunità garifuna di Triunfo de la Cruz e Punta Piedra?
La gente continuerà ad abbandonare le proprie case. Ci sono già comunità garifuna rimaste mezze vuote e sarà sempre peggio. La gente se ne andrà non soltanto a causa della miseria, della violenza, della presenza del crimine organizzato, ma perché spinta dalle ZEDE, che metteranno a disposizione molti soldi per “convincerla” ad andarsene. Hanno bisogno di territori vuoti e le piccole comunità saranno le più danneggiate.
Ancora una volta l’Honduras diventa un laboratorio per sperimentare nuove strategie e modelli nefasti. Lo hanno fatto col colpo di stato del 2009, lo hanno ripetuto col golpe tecnico del 2012 e di nuovo col golpe elettorale del 2017. E siccome ha funzionato, replicano, installando ora un altro laboratorio per sperimentare un modello che legalizzi la distruzione delle istituzioni e della sovranità, lasciando campo libero agli interessi dell’oligarchia nazionale e del grande capitale multinazionale.
La cosa più importante e preziosa in questo momento, come ti dicevo, è la reazione del popolo. Non sta accettando questa imposizione, si sta organizzando e si sta ribellando in varie parti del paese. Non vogliono ZEDE nei loro territori. La domanda da un milione è: rispetteranno la decisione del popolo sovrano?
Hanno già approvato tre ZEDE. Ci sono informazioni su altre nei territori garifuna?
Oltre a Roatán e La Ceiba (Honduras Próspera LLC), Choloma (Ciudad Morazán) e San Marcos de Colón (Orquídea), sappiamo che ne hanno già individuata un’altra nella Bahía di Trujillo, dove operano gli investitori canadesi e dove, negli ultimi dieci anni, c’è stata un’enorme perdita di territorio ancestrale garifuna e un inasprimento della criminalizzazione e giudiziarizzazione di leader comunitari e di attiviste in difesa della terra. Purtroppo vige un’omertà assoluta da parte del governo circa le nuove ZEDE.
Mancano pochi mesi alle elezioni generali. Che relazione c’è con la questione delle ZEDE?
L’accelerazione imposta alle ZEDE ha anche a che fare con la questione elettorale. Il partito di governo e lo stesso Juan Orlando Hernández, entrambi delegittimati e criticati a livello nazionale e internazionale, hanno bisogno di un’ancora di salvezza e stanno giocando questa carta, promettendo come sempre lavoro e sviluppo.
In Honduras quasi l’80% dell’economia è informale e alle persone non rimane altra opzione che sfangarsela con lavoretti occasionali. È a loro che si va ad offrire l’illusione delle ZEDE, per creare un’aspettativa e guadagnare credibilità. Tuttavia si sbagliano, perché è da un po’ che il loro castello di menzogne è crollato.
Come popolo affrontiamo una grande sfida: abrogare la legge delle ZEDE. Purtroppo però, la politica non ha saputo o voluto dar vita a una piattaforma d’opposizione unificata per bloccare questo progetto. Per il momento la politica non ha fatto prevalere il bene comune e il futuro del paese al di sopra degli interessi personali.
In un paese prostrato come il nostro, con un’istituzionalità fatta a pezzi, dobbiamo puntare alla creazione di un nuovo modello di convivenza, un nuovo modello di paese che sappia rompere definitivamente con questa oligarchia e col capitalismo famelico.
Fonte: LINyM (spagnolo)
Traduzione di Adelina Bottero