Stiamo assistendo ad una escalation inquietante. Una escalation che non porta con sé nulla di buono, che spacca la società e mina le basi della convivenza civile, che fa sentire una parte della società moralmente superiore ad una minoranza, sempre più umiliata e limitata nell’esercizio dei suoi diritti, (di lavoro, di spostamento, di studio).
Una escalation che non fa ben sperare, lontana anni luce dalla comunicazione nonviolenta, dai principi dei movimenti eco pacifisti, dallo slogan “Restiamo Umani” di qualche anno fa.
Un linguaggio che divide, che alimenta la violenza e l’estremizzazione del conflitto, che etichetta e colpevolizza. Si sono levate autorevoli voci a protestare contro questa deriva, imposta e legittimata con lo strumento del Green Pass. Docenti universitari, student*, filosof*, educatori e educatrici, giornalist*, hanno protestato e lanciato l’allarme. Anche il collettivo di scrittori “WuMing”, che non può essere di certo accusato di complottismo, ha duramente criticato il Green Pass (https://www.wumingfoundation.com/giap/2021/08/ostaggi-in-assurdistan/). Andrea Zhock, filosofo e accademico italiano, professore di Antropologia filosofica e Filosofia morale presso l’Università degli Studi di Milano si chiede fino a che punto siamo disposti a continuare in questo pericoloso incubo orwelliano ( https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/21193-andrea-zhok-incubo-orwelliano.html).
Una violenza psicologica che si insinua anche nelle scuole.
L’associazione Scuole Aperte Campania proprio ieri ha inviato una diffida all’Ufficio Scolastico Regionale Campano, poiché “in diverse scuole della Campania, in particolare negli istituti di scuola secondaria di secondo grado, accade che i ragazzi si ritrovino a dover rispondere, davanti a tutta la classe, a domande poste dai docenti, quali: “sei vaccinato?” se si, “perché?” ; se no, “perché?”; oppure: “hai intenzione di vaccinarti?”. Le aule scolastiche, poi, diventano in alcuni casi luoghi di divulgazione di informazioni non esatte e fuorvianti, fornite dai docenti stessi. Una frase che ci viene in continuazione riportata, ad esempio, è: “se tutti siamo vaccinati possiamo togliere le mascherine”, il che non è affatto vero, in quanto tale previsione non è contenuta nei protocolli vigenti.”
L’associazione ricorda “che il nostro ordinamento garantisce alcuni diritti fondamentali, imprescindibili e non comprimibili, tra i quali il diritto all’istruzione, previsto dall’art. 34 della Costituzione e così come stabilito dall’art. 3 della Costituzione lo stesso deve essere garantito a tutti in condizioni di parità, senza alcuna distinzione di sorta, senza discriminazioni determinate da differenti condizioni personali e sociali o da scelte individuali di ciascuno, che il Regolamento UE 2021/953 che al 36° addendo, invita ad impedire qualunque forma di discriminazione, diretta od indiretta delle persone che scelgono di non essere vaccinate. Alla luce di tali considerazioni, sicuramente converrà che nessun insegnante o collaboratore scolastico può chiedere agli alunni se sono o meno vaccinati, né tantomeno fornire informazioni non corrette rispetto al protocollo vigente, e ciò non solo in quanto si tratta di un’evidente violazione della privacy, ma anche perché si rischia di creare confusione e disparità di trattamento tra gli stessi alunni, compromettendone la serenità.”
L’associazione quindi chiede alla Dirigente dell’Ufficio Scolastico Regionale di “intraprendere le azioni necessarie affinché situazioni come quelle segnalate più sopra non abbiano a ripetersi. Segnaliamo inoltre sin d’ora che, ove si verificassero ulteriori violazioni o comportamenti non improntati al rispetto dei diritti sopra citati, ci attiveremo per tutelare gli interessati in tutte le sedi competenti.”
Situazioni simili stanno succendendo un po’ in tante scuole medie, superiori e università in tutta Italia.
“Ci vediamo allora domattina e, ascoltate, dite agli altri, ai vostri amici, che io farò una netta distinzione fra i ragazzi che frequentano, che fanno il sacrificio, che vogliono tornare alla normalità, e quelli, alcuni con ragioni sensate, altri no, che non vengono a lezione. Farò una distinzione in termini di preparazione e in termini di valutazione. Ok?”
Così si è espresso un professore di Storia all’Università di Firenze, sollevando (giustamente) lo sdegno degli studenti.
A inizio settembre nell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, era comparsa una lettera, a firma di tre scrittori ed educatori, (Agnoloni, Cuppini e Macioci), che metteva in guardia sugli effetti dello “hate speech di Stato”:
“”Siamo professionisti della parola, conosciamo il potere del linguaggio. Disumanizzare le persone non vaccinate paragonandole ai topi, definendole “vigliacchi”, “traditori”, “disertori”; auspicare che ai malati non vaccinati vengano fatte pagare le cure (insinuando forse che qualora non se lo potessero permettere dovrebbero essere lasciati privi di assistenza medica?), criminalizzare una scelta che – va ribadito – è consentita dalle norme nazionali e tutelata da quelle internazionali, con esplicito divieto di qualunque forma di discriminazione: tutto questo sta determinando un drammatico dissesto sociale, con un clima da caccia alle streghe che coinvolge allo stesso modo adulti e minorenni.”
Aggiungevano: “Le emozioni che questo discorso di odio smuove ci fanno temere che, qualora la campagna vaccinale si dovesse rivelare per i più diversi motivi non all’altezza delle aspettative di cui è stata rivestita (“ne usciremo solo grazie ai vaccini, e solo grazie ai vaccini, e solo se ci vacciniamo tutti”), la frustrazione di massa si possa tradurre in una reazione di violenza incontrollata contro i capri espiatori che già sono stati designati attraverso un costrutto culturale impeccabile”
Fino a quando e fino a dove siamo disposti a spingerci?