Lunedì 11 ottobre, 9 di mattina, davanti al tribunale di Milano un presidio per sostenere i quattro imputati, accusati e processati in seguito alla contestazione della presenza al corteo di Milano del 25 aprile della cosiddetta “brigata ebraica”.
Il 25 aprile del 2018, come avviene da alcuni anni, un vivace gruppo di manifestanti solidali col popolo palestinese contestano la presenza di bandiere di Israele, una presenza dichiaratamente sionista.
Oggi si è svolta l’ultima udienza di un processo che ha visto anche le testimonianze di personalità del mondo della cultura, come Moni Ovadia e Vera Pegna, che hanno chiaramente spiegato come l’antisionismo non sia sinonimo di antisemitismo, come criticare anche duramente l’occupazione israeliana non può essere confuso con il razzismo.
Poco dopo le 10 escono avvocati e imputati: 3 assolti e una condanna a sei mesi ad uno di loro per resistenza a pubblico ufficiale. Il fatto più importante, però, è che è caduta la grave accusa di antisemitismo e incitamento all’odio razziale che pesava su di loro. C’è soddisfazione: striscioni e bandiere in favore della lotta del popolo palestinese vengono riavvolti, ci si sposta verso il presidio dei sindacati di base, le lotte si uniscono.
Ecco le parole di Claudio, uno dei quattro imputati: “Quella di oggi è una vittoria politica, questo era un processo politico che voleva discriminare le posizioni antisioniste e di appoggio alla lotta del popolo palestinese. È stata importante la mobilitazione e la presa di posizione sia di movimenti solidali alla lotta del popolo palestinese che di ebrei contro l’occupazione, i quali hanno sottolineato come l’antisionismo non sia paragonabile all’antisemitismo. Bisognerà far tesoro di questa vittoria e far crescere la solidarietà al popolo palestinese”.