E’ una ferita la condanna per il processo in primo grado a Mimmo Lucano, una ferita collettiva
Oggi in Piazza Castello si è svolta la manifestazione per Mimmo Lucano, è poi partito il corteo alla volta del Comune.
Il dolore di questa ferita era palpabile in piazza, e gli interventi lo hanno testimoniato.
I manifestanti hanno ascoltato in silenzio l’intervento al telefono del loro Mimmo, Lucano ha parlato con la sua voce mite, a tratti stanca, ma con determinazione, la clip video del suo intervento è al fondo dell’articolo.
Un dolore palpabile venato di esasperazione, anche chi si occupa quotidianamente di accoglienza ha denunciato le difficoltà, le pastoie burocratiche, i continui ostacoli che incontra nell’assistere le persone migranti, denunciando che sempre più spesso occorre usufruire dell’assistenza legale, senza la quale è difficilissimo poter risolvere molti problemi che assillano le persone che stanno seguendo.
E’ stato denunciata una situazione generale di “oppressione”, è sempre più difficile poter fare qualcosa senza “disobbedire” a quelle che spesso sono prassi, ma che diventano norma.
Il dolore è stato palpabile anche negli interventi delle persone immigrate: “Noi non mangiamo bambini, noi siamo venuti per cercare una vita migliore.”
E’ stato inoltre ricordato come i principi costituzionali di uguaglianza abbiano la più elevata gerarchia giuridica, e che non possono e non devono essere elusi.
Mimmo Lucano ha realizzato un sistema di accoglienza possibile e replicabile: questa sentenza stordisce, preoccupa, anche e soprattutto gli operatori dell’accoglienza, anche quelli di ispirazione cattolica, tradizionalmente inclini “all’operosità silente”, che tuttavia hanno cominciato a manifestare in modo ormai esplicito sgomento e preoccupazione, pur nella determinazione che deriva dall’appoggio inequivocabile del Papa e dall’Arcivescovo Nosiglia.
Questa è la situazione che si troverà ad affrontare la prossima amministrazione: chi pensasse che l’accoglienza e il dissenso per le attuali politiche in materia di immigrazione siano appannaggio di “frange antagoniste pericolose”, oltre a non aver capito nulla di Torino, si troverebbe ad affrontare una doccia fredda.
Si troverebbe ad affrontare l’implacabile dissenso della Torino compassata: “Da questa piazza abbiamo chiesto la chiusura dell'”ospedaletto” del CPR di Torino, non sappiamo se definitivamente o no, e occorrerà vigilare, ma è stato chiuso”, in quella piazza a chiederlo c’erano i giuristi piemontesi.
Torino è una città che ha fatto i conti con l’immigrazione negli anni ’50 e ’60, che ha fatto tesoro di questa esperienza, molti immigrati e figli di immigrati, giunti a Torino anch’essi per trovare lavoro e una vita migliore, hanno vissuto sulla propria pelle ciò che vuol dire, come le vittime della deportazione nei campi di concentramento che immancabilmente si pronunciano a favore degli immigrati, avendo provato sulla propria pelle discriminazione e sofferenza per ciò che si è e non per ciò che si ha commesso.
Appendino ha dichiarato che non considera il flop elettorale come un giudizio sul suo operato.
Nelle periferie c’è certamente e giustamente domanda di sicurezza, figlia di politiche di gentrificazione fatte per scopi economici privi di tutela delle persone, questo sì ha reso le periferie tappeti sotto i quali nascondere “la polvere”, “ghetti” dimenticati nei quali Appendino ha fatto passerelle e promesse disattese, occorrono politiche serie, investimenti, servizi, soprattutto nelle periferie: nulla che abbia a che fare con l’oppressione dell’immigrazione, degli immigrati, e di coloro che si adoperano per loro.
Torino, città che da anni ha fatto dell’accoglienza un punto d’orgoglio, si e stretta con dolore, con calore e con affetto al suo Mimmo Lucano.
L’intervento telefonico di Mimmo Lucano (durata 3:04):
Intervista all’avv. Gianlica Vitale di Legal Team Italia (Durata 2:33):