“Al dolore per la perdita di giovani vite si aggiungono notizie sconcertanti in arrivo dal ‘fronte’; da qui manifestazioni di piazza contro l’incapacità del governo di intraprendere azioni efficaci per stabilizzare il nord del Paese”. La testimonianza è di Piero Sunzini, direttore dell’ong Tamat, raggiunto dall’agenzia Dire al telefono in Burkina Faso.
I fatti ai quali fa riferimento, rispondendo a una domanda sull’aggravarsi delle violenze e dell’insicurezza, risalgono al 14 novembre.
All’alba un commando di uomini armati ha assaltato un distaccamento militare a Inata, sulla strada di Gorom Gorom, nella zona delle “tre frontiere”, nota per un susseguirsi di incursioni da parte di gruppi ribelli di matrice islamista.
Fonti del ministero della Difesa riferiscono infatti che dal 2015 le vittime tra i militari sono state almeno 478;
parallelamente, la fuga delle comunità del nord ha accresciuto il numero degli sfollati, che stando al governo sono ormai un milione e 400mila. Secondo un portavoce dell’esecutivo, Ousseni Tamboura, nell’assalto a Inata hanno perso la vita 53 persone: 49 gendarmi e quattro civili.
La stampa del Burkina Faso ha individuato l’ispiratore dell’offensiva nel Gruppo di sostegno all’islam e ai musulmani (Gsim) e il responsabile operativo nella formazione Ansaru al Islam, attiva nell’area delle “tre frontiere”. “Gli effetti sulla popolazione urbana, soprattutto a Ouagadougou, sono devastanti per le verità che stanno emergendo dell’assalto a Inata, che sono confermate dal presidente della Repubblica Roch Marc Christian Kaboré” continua Sunzini. “In un discorso alla nazione il capo dello Stato ha parlato di ‘disfunzioni’ nella lotta al terrorismo, che devono ora ‘essere corrette’; sembra che il distaccamento di Inata stesse fronteggiando, da qualche settimana, problemi legati non solo alla logistica ma anche alla mancanza di viveri”.
Secondo il direttore di Tamat, “nei capannelli dei mercati e dei punti di ritrovo di Ouagadougou non si parla d’altro”.
Sunzini riferisce anche di denunce e proteste di cittadini incontrati nella capitale: “‘Inaccettabile che i nostri ragazzi debbano cercare il cibo sparando agli animali della boscaglia’, mi ha detto un taxista portandomi nel quartiere Ouagà 2000”. E ancora: “La mia collega burkinabé, prima dell’inizio della riunione, ha sottolineato come sia inconcepibile ‘ritardare per ben due mesi i rifornimenti alimentari al distaccamento’.
Tra i temi all’ordine del giorno, l’opportunità di un governo di “salvezza nazionale”, che riunisca un consenso più ampio per poter affrontare l’offensiva dei ribelli.
L’opposizione parlamentare ipotizza un ruolo anche per il Congrès pour la Démocratie et le Progrès (Cdp), il partito dell’ex presidente Blaise Compaoré, costretto dalle proteste popolari a fuggire in Costa d’Avorio dopo 27 anni al potere. “Un gruppo d’opposizione, denominato Salviamo il Burkina Faso, ha manifestato sabato scorso, con qualche centinaio di persone” riferisce Sunzini. “Ha chiesto le dimissioni di Kaboré e ha rilanciato convocando una grande manifestazione per il 27, sabato prossimo”.