È stato pubblicato lo scorso 9 novembre l’importante report della Agenzia dell’Unione Europea per i Diritti Fondamentali avente ad oggetto «Antisemitismo: panoramica degli incidenti di natura antisemita riportati nell’Unione Europea nel periodo 2010-2020» (Antisemitism: Overview of antisemitic incidents recorded in the European Union 2010-2020), messo a disposizione, online sul sito dell’Agenzia, per gli attori pubblici e, più complessivamente, l’opinione pubblica. Come viene indicato sin nella breve presentazione del documento, nella consapevolezza che «incidenti di natura antisemita e crimini di odio costituiscono violazione dei diritti fondamentali, in particolare il diritto alla dignità umana, il diritto alla parità di trattamento e, chiaramente, la libertà di coscienza, di pensiero e di religione», il rapporto interviene a fornire un «quadro generale dei dati disponibili sull’antisemitismo così come registrati da fonti ufficiali e non ufficiali negli Stati UE più Serbia, Albania e Macedonia del Nord». Tale panoramica lo rende interessante, non solo per l’aggiornamento che fornisce, ma anche per lo sguardo che getta in ottica europea complessiva, non limitata quindi al quadro UE.
Sin nella premessa il documento illustra, infatti, alcuni risultati dell’indagine. In primo luogo, «l’ancora inadeguata registrazione dei casi di crimini di odio, compresi quelli di natura antisemita, insieme con la reticenza delle vittime a segnalare alle autorità tali casi, contribuisce ad una ampia sottostima della portata, della natura e delle caratteristiche dell’antisemitismo all’interno dell’Unione Europea» (p. 5). Né la situazione internazionale legata alla diffusione della pandemia da coronavirus ha mancato di determinare impatti sul fenomeno, se è vero che «nel corso della pandemia, la narrazione antisemita ha ripreso vigore, e nuovi miti antisemiti e teorie cospirative, che ad esempio incolpano gli ebrei per la diffusione della pandemia, sono venute emergendo» (p. 8). Il rafforzamento della cornice di diritto è, ovviamente, solo uno degli aspetti della questione: a tal proposito, il rapporto passa in rassegna gli strumenti di diritto volti alla prevenzione e al contrasto delle emergenze antisemite, con specifico riferimento alla Direttiva sulla non-discriminazione (2000/43/EC), alla Direttiva sui diritti delle vittime (2012/29/EU), nonché la Decisione Quadro del Consiglio (2008/913/JHA) del 28 Novembre 2008 per il contrasto a forme ed espressioni di razzismo e xenofobia.
La raccolta dei dati, nella quale il rapporto propriamente si cimenta, è un altro degli aspetti importanti della questione, sia nel senso di mettere a disposizione degli attori pubblici una panoramica aggiornata in senso qualitativo e quantitativo a supporto della progettazione e delle misure di intervento, sia nel senso di fornire uno strumento di conoscenza e sensibilizzazione delle opinioni pubbliche. Esplorando, in particolare, i dati sulla diffusione di tali casi e fenomeni di natura antisemita, Paese per Paese, emergono una serie di aspetti. Ad esempio, in Germania (p. 45), Paese dove non è bassa l’attenzione nei confronti del fenomeno, «le forze dell’ordine hanno registrato, nel 2020, ben 2.351 reati a sfondo politico con motivazione di natura antisemita; si tratta del numero più alto registrato nell’intero periodo 2010-2020 e corrisponde al quinto anno consecutivo in cui si verifica un incremento nel numero dei casi registrati di reati di natura antisemita». In generale (p. 47), «la tendenza complessiva nel periodo 2010-2020 mostra un incremento negli episodi registrati di violenza con motivazione antisemita». Tendenza analoga, seppure con specifiche differenze anno per anno, si registra, del resto, anche nel nostro Paese, in Italia, dove gli episodi registrati di crimini di natura antisemita sono passati da 16 nel 2010, a 68 nel 2014, a 56 nel 2018, a 101 nel 2020, sulla base dei dati forniti dalle forze di sicurezza e dall’Osservatorio per la Sicurezza contro gli Atti di Discriminazione (OSCAD). Secondo tale riscontro, «nel 2020 … sono riportati … 30 crimini legati alla diffusione dell’antisemitismo online».
La diffusione dell’antisemitismo in Europa resta, quindi, un fattore preoccupante, non solo perché allude alla diffusione e alla moltiplicazione di casi di discriminazione e di violazione dei diritti umani, ma anche perché spesso risulta legata alla crescita di pulsioni o di organizzazioni di ispirazione nazionalista, fascista o neo-fascista nel corpo della società. È spesso una spia non solo della manifestazione e della diffusione di forme specifiche di razzismo e di discriminazione, ma anche dell’avanzata di miti e stereotipi, di pseudo-culture e residui fascisti presenti nelle società. Nel richiamare, pertanto, le misure da intraprendere per contrastare la diffusione del fenomeno (p. 82), il rapporto richiama, in particolare, la Dichiarazione del Consiglio dell’Unione Europea del 6 dicembre 2018 per il contrasto dell’antisemitismo e l’adozione di un approccio comune tra i Paesi Membri UE, nonché la recentissima (5 ottobre 2021) Strategia UE, presentata dalla Commissione Europea, di contrasto dell’antisemitismo, assunta, peraltro, anche alla luce del fatto che in generale, nell’Unione Europea, il 90% degli ebrei ritiene che l’antisemitismo sia aumentato nel proprio Paese e che l’85% lo considera un problema grave.
Al netto di misure più specifiche – o iniziative più controverse, come quella legata all’adozione della definizione internazionale dell’IHRA – tre sono i nuclei di questo approccio condiviso: prevenire e contrastare tutte le forme di antisemitismo; assicurare protezione e sviluppo della vita ebraica in Europa, al fine di garantire piena partecipazione dei cittadini ebrei alla vita nei singoli Paesi e in Europa; sviluppare istruzione, ricerca, memoria della Shoah. Non è un caso che il report sia stato pubblicato nella data simbolica del 9 Novembre: a 83 anni dalla Notte dei Cristalli (Kristallnacht), l’ondata di pogrom e devastazione del 9 novembre 1938, quando i nazisti distrussero centinaia di sinagoghe, uffici e negozi ebraici in Germania, in Austria e in parti della Cecoslovacchia. Un modo ulteriore per ricordare che, per l’appunto, «l’antisemitismo non è un retaggio del passato».