Diciotto anni dopo aver fermato l’apertura di una discarica di scorie radioattive nella regione, la gente della Basilicata si ritrova ancora una volta presa di mira.
Di Linda Pentz Gunter
I canti dei briganti non erano ancora iniziati, anche se c’erano deboli scintille e crepitii provenienti da un piccolo fuoco da campo. Le luci brillavano dall’interno di una tenda lontana, mentre la nostra scorta ci conduceva attraverso la folla che si muoveva nelle vicinanze, concedendo brevemente un’intervista affrettata a un giornalista televisivo, la cui scadenza era già passata da un pezzo.
Poi, mentre venivamo condotti a sedere a un tavolo sotto uno striscione dipinto a mano che proclamava “No alle scorie nucleari”, ci siamo resi conto che si trattava di una conferenza stampa. Le file di sedie di fronte a noi erano piene zeppe. C’è stata una rapida introduzione e poi ci sono stati consegnati i microfoni e ci hanno esortato a parlare.
Eravamo a Scanzano Jonico in Basilicata, forse la provincia meridionale meno conosciuta d’Italia. Valentina, una collega di Greenpeace Italia, ed io eravamo venute in macchina da Roma, dopo aver testimoniato sulle scorie nucleari davanti al Parlamento italiano (ero andata là per consegnare le testimonianze tradotte in italiano di Kevin Kamps, allora con NIRS (un gruppo anti-nucleare statunitense, N.d.T.), e Arjun Makhijani dell’Istituto per l’Energia e la Ricerca Ambientale.
Ci eravamo perse per strada in quello che, in circostanze normali, era già un viaggio di sei ore. Eravamo in ritardo, infreddolite ed esauste e non avevamo idea che fosse stata organizzata una conferenza stampa per noi. Ma quella folla aveva aspettato due ore. E ora dovevamo fare la nostra parte.
L’autrice (a sinistra) alla conferenza stampa di Terza Cavone nel 2003 con Valentina, la sua collega di Greenpeace e gli attivisti locali Antonello Bonfantino e Marcella Forastieri.
La Basilicata è una regione incastonata nella parte bassa del famoso “stivale” italiano. L’area è meglio conosciuta per i Sassi, un antico complesso collinare di abitazioni rupestri risalenti a migliaia di anni fa scavate nelle rocce vicino alla città di Matera. Gli appassionati di letteratura italiana potrebbero conoscere il libro di Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli, anch’esso ambientato nella regione.
Ma la Basilicata è anche lo scenario di alcuni trionfi inaspettati. Il primo, ironicamente avvenuto all’epoca di Mussolini, ha trasformato quella che era una palude invivibile infestata dalle zanzare in un grande orto, divenuto in seguito famoso per i vini, l’agricoltura biologica e l’ecoturismo. Le sue spiagge hanno cominciato ad attirare i vacanzieri. Si era fermato il precedente esodo di massa, che aveva popolato soprattutto l’Argentina con esuli lucani, come si chiamano gli abitanti della Basilicata.
Il secondo trionfo è avvenuto tra il 13 e il 27 novembre 2003, poche settimane prima del nostro arrivo. A Scanzano Jonico si erano svolti 15 giorni di proteste drammatiche senza precedenti, culminati con la sconfitta di un piano del governo italiano, allora guidato da Silvio Berlusconi, di stoccare tutte le scorie altamente radioattive d’Italia in un unico sito a Terza Cavone, a pochi chilometri da Scanzano, nella roccia salina a soli 200 metri dalla costa.
La decisione di aprire la discarica era stata presa di notte, senza consultazione locale; la notizia era stata volutamente insabbiata dai giornali, eclissata da un attentato suicida da prima pagina che aveva ucciso 18 militari italiani nella caserma dei carabinieri di Nassiriyah in Iraq durante quella guerra mal gestita.
Ma i lucani si sono accorti subito dell’annuncio. La notizia è arrivata “come un fulmine”, mi ha raccontato più tardi Tonino Colucci della sezione locale del WWF, mentre entravamo in quella conferenza stampa a sorpresa.
Prima ancora che l’inchiostro fosse asciutto, avevano allestito un campo base a Terza Cavone – dove ci trovavamo ora. Avevano radunato persone di ogni estrazione sociale per protestare, occupare stazioni e bloccare autostrade. L’intera regione si è dichiarata una zona libera dal nucleare. Anche i parlamentari locali del partito di Berlusconi si sono opposti al progetto. Il 23 novembre, i manifestanti erano saliti a 100.000 persone. Dopo quindici giorni, la discarica di scorie radioattivi è stata cancellata.
La protesta ha ottenuto un’ampia copertura, anche sul New York Times, e ha persino generato articoli accademici, di cui uno descriveva la notevole vittoria sostenendo che “aveva superato i limiti di località, età, classe sociale e affiliazione politica, mobilitando la popolazione con vari simboli, compresi i riferimenti al brigantaggio, alle lotte postbelliche per la terra e alla Madonna di Loreto”. Ho descritto le mie esperienze personali su The Bulletin of the Atomic Scientists.
Oltre alle prevedibili obiezioni – l’inadeguatezza del sito così vicino al mare; i danni all’agricoltura e al turismo – c’era anche l’indignazione per la profanazione di un’area così ricca di storia antica. Pitagora era fuggito in Basilicata dalla Grecia. Qui creò la sua tavola. Morì a Metaponto, a soli 16 chilometri dal sito proposto per la discarica di scorie radioattive. Era impensabile costruire una discarica di rifiuti nucleari in un luogo così venerabile!
Così eccoci a Terza Cavone a fare una conferenza stampa, anche se la vittoria era già stata ottenuta. L’occupazione del sito continuava. Le passioni erano ancora alte, rievocate più tardi nelle canzoni brigantesche intorno a quello che era ormai un rovente fuoco da campo. C’era molto di cui parlare, molto ancora da imparare. Ma più che parlando, quella sera ho imparato ascoltando i contadini con la preziosa terra della Basilicata ancora sotto le unghie, i rappresentanti sindacali, le madri e i viticoltori.
E quella vigilanza continua, visto che ancora una volta il governo italiano ha indicato la Basilicata come un luogo “perfettamente adatto” per una discarica di rifiuti altamente radioattivi. I manifestanti non se ne sono andati, rimanendo in guardia per il giorno in cui avrebbero potuto essere di nuovo presi di mira.
Solo che questa volta la Basilicata non è sola.
La notizia è stata diffusa per la prima volta nel gennaio 2021, quando la Sogin – la società statale italiana responsabile dello smantellamento dei reattori e della gestione dei rifiuti radioattivi – ha diffuso una mappa che identificava 67 potenziali siti in cinque zone considerate adatte a un deposito di scorie altamente radioattive. I siti selezionati ne includono 17 in Basilicata e nella vicina Puglia, più altri cinquanta in Piemonte, Toscana, Lazio, Sardegna e Sicilia.
Una mappa che mostra le proposte di discariche di rifiuti radioattivi prese in considerazione in Italia.
Le scorie altamente radioattive dell’Italia sono il prodotto di soli quattro reattori commerciali ora chiusi, uno dei quali era già chiuso quando un referendum nazionale del 1987, appena un anno dopo il disastro nucleare di Chernobyl, registrò un voto sbalorditivo di oltre l’80% degli italiani contrari all’uso dell’energia nucleare. Con un tempismo sconcertante, il governo Berlusconi del 2011 ha ripetuto il referendum tre mesi dopo il disastro nucleare di Fukushima in marzo. Questa volta, il 93% degli italiani ha detto di essere contrario a una ripresa del nucleare.
Le scorie radioattive dell’Italia sono attualmente stoccate in una ventina di siti temporanei, nessuno dei quali è stato ritenuto adatto come deposito finale. I rapporti sulle ispezioni dei 67 siti identificati dalla Sogin sono previsti per dicembre. Una nuova lista ristretta di siti è attesa per gennaio 2022.
I lucani, ancora organizzati nell’associazione creata nel 2003, Scanziamo le Scorie, sperano di ritrovare lo stesso slancio che li ha portati alla vittoria la prima volta. Hanno partecipato al Seminario Nazionale realizzato dalla Sogin tra il 7 settembre e il 24 novembre di quest’anno e hanno preparato i loro commenti sui cosiddetti criteri per i siti adatti.Finora, la proposta della Sogin è stata respinta con veemenza. Un portavoce della Sardegna l’ha definita “un atto di arroganza del governo, un altro oltraggio”. La Puglia ha espresso la sua “ferma e chiara opposizione”.
Come mi ha scritto recentemente il portavoce di Scanziamo le Scorie, Pasquale Stigliani – che era lì nel 2003: “L’incubo è tornato. Ma la mobilitazione continua!” ha aggiunto.
Traduzione dall’inglese di Thomas Schmid.
Revisione di Anna Polo