Questo articolo non dà la parola direttamente alle persone interessate. Siete liberi di scriverci per segnalare errori o inesattezze riguardo a dati, termini o, più in generale, alle informazioni presentate. Il presente articolo è l’ultimo di una serie di 3, che descrive la situazione degli indigeni in alcune regioni del mondo.

Australia

La storia coloniale australiana ha gravato enormemente sulla bilancia per gli Aborigeni. Secondo un articolo pubblicato sul portale web Cairn, nel corso del XX secolo il paese ha conosciuto politiche di assimilazione volte a sradicare la cultura dei suoi primi popoli, spingendoli all’autodistruzione. Da allora, i governi hanno cercato di porvi rimedio.

Gli Aborigeni, che rappresentano circa il 3% della popolazione australiana, subiscono il contraccolpo della colonizzazione attraverso pesanti disuguaglianze sociali.

La vita degli Aborigeni ruota attorno al Dreamtime. Il “tempo del sogno” corrisponde al concetto secondo cui gli antenati, ai tempi della Creazione, hanno plasmato il mondo così come lo conosciamo oggi. L’aspetto spirituale è fortemente radicato nella cultura aborigena, il che li differenzia molto dallo stile di vita occidentale dei coloni.

Queste differenze culturali sono state accentuate quando i governi hanno cercato di controllare culturalmente i primi popoli, al fine di ottenere una “White Australia”. La politica di assimilazione dell’Australia nei confronti degli Aborigeni è segnata dal periodo delle Generazioni rubate. Le Generazioni rubate corrispondono alle vittime dei rapimenti orchestrati legalmente su base razziale nei confronti di bambini meticci. “Questa espressione è diventata il simbolo di una pagina della storia australiana e un costante richiamo alla politica di assimilazione dell’Australia aborigena nera da parte dell’Australia bianca e, di conseguenza, delle disuguaglianze sociali accentuate da queste politiche”.

Fino agli anni ’60 la società “bianca” esclude quasi interamente gli Aborigeni. A partire dal 1966, numerosi movimenti si mobilitano con successo contro le pessime condizioni di vita e di lavoro. Nel 1967 hanno dato luogo a un referendum che concede finalmente la cittadinanza e l’accesso al salario minimo a tutti gli Aborigeni. Negli anni seguenti venne creata una bandiera aborigena e fu firmato l’Aboriginal Land Rights Act. Questo atto “garantisce il diritto alla terra per alcuni gruppi aborigeni nel Territorio del Nord” e restituisce loro una parte della terra. Qualche anno dopo, l’Alta Corte australiana “fa riconoscere titoli di proprietà fondiaria agli aborigeni”. Nonostante questi notevoli progressi, le condizioni di vita degli Aborigeni sono ancora drammatiche. Riuniti nelle periferie delle città, subiscono condizioni sociali difficili: alcolismo, droga, violenza, delinquenza oltre a suicidio e disoccupazione, per citarne alcune, sono la loro realtà. Secondo lo stesso articolo, “L’aspettativa di vita degli australiani bianchi supera di diciassette anni quella degli indigeni”.

America latina

In America latina, i discendenti dei primi popoli sono ormai per lo più mulatti. Non è noto il numero preciso, ma la loro presenza è indiscutibile. La causa indigena non è trattata allo stesso modo a seconda dei paesi. Se l’Argentina, con le sue politiche, ha quasi ridotto a 0 la percentuale della sua popolazione indigena, altri hanno ancora una proporzione molto importante nella loro popolazione.

All’inizio degli anni ’80 un “movimento panindiano” si sviluppa in America latina. Paesi come Messico, Guatemala, Colombia, Ecuador, Perù e Bolivia ne sono la scena. Le rivendicazioni riguardano le terre, il miglioramento delle condizioni di vita e una certa autonomia. Come altre nazioni, chiedono il riconoscimento della loro esistenza, dei loro diritti e dei loro stili di vita. Nel 1992 il movimento si estende sul continente, raggiungendo anche l’ONU. Tuttavia, i risultati non sono all’altezza delle aspettative.

La volontà di affermazione non è cessata in seguito, e ha permesso di aumentare la visibilità di queste comunità. Questi movimenti si inseriscono in un’iniziativa di modernità, con aspirazioni democratiche. Creando una rottura con “l’utopia arcaica” un tempo sostenuta, queste popolazioni hanno messo in atto un vento di speranza per gli indigeni dell’America latina, benché il risultato non abbia ancora realmente raggiunto il confine della politica. I cambiamenti si sono essenzialmente concentrati all’interno delle stesse comunità.

Sarebbe possibile enumerare ogni movimento o rivendicazione che ha avuto luogo in questi ultimi anni per i diritti indigeni dell’America latina, ma è anche pertinente considerare solo l’onda “moderna”. Sono finiti gli stereotipi “dell’indiano” in tenuta, recluso nella sua riserva. Il loro obiettivo oggi è superare le conseguenze della colonizzazione per entrare nel mercato moderno; avere accesso al credito e alla proprietà, per esempio. L’obiettivo è voltare pagina.

Le popolazioni indigene in America latina tendono a urbanizzarsi e scompare l’immagine degli indiani emarginati in campagna. Esse restano comunque maggioritarie quando si parla di povertà, e le loro condizioni di vita sono lungi dall’essere uguali a quelle delle popolazioni non indigene. C’è ancora molto lavoro da fare.

Nuova Zelanda

I Maori hanno condizioni di vita diverse dalle altre popolazioni indigene nel mondo. La Nuova Zelanda è un’eccezione nel trattamento della causa indigena, con “decenni di anticipo”.

Il primo trattato a favore dei diritti maori fu firmato il 6 febbraio 1840 tra i britannici e i capi Maori. Il Trattato di Waitangi è riconosciuto come “atto fondatore della nazione neozelandese” e offriva la cittadinanza britannica a tutti i Maori. I britannici riconoscevano così i diritti dei popoli indigeni sulle “loro terre ancestrali”, annullando così le vendite di terre precedenti. Con questo trattato, la Nuova Zelanda divenne una colonia britannica autonoma dall’Australia.

Nel 1975 venne creato un tribunale per ascoltare le lamentele dei Maori, i cui diritti non sarebbero stati rispettati in accordo con il Trattato di Waitangi. In effetti, se il trattato era un primato, la sua applicazione ha conosciuto degli ostacoli. I mezzi d’azione di questo tribunale saranno progressivamente ampliati in seguito. Restano sempre differenze di interpretazione.

Il processo è basato sui negoziati, a differenza del Canada dove, secondo l’articolo, gli Indigeni hanno una giurisprudenza.

Il Trattato di Waitangi ha anche permesso alla cultura Maori di riprendere un posto di rilievo nella società neozelandese.

Non importa il paese o la regione del mondo, la rivendicazione delle terre da parte dei primi popoli è uno degli impegni più importanti che i governi devono affrontare.

Come spiegato in precedenza, i tre articoli di questa serie non ambiscono a delineare un quadro completo della situazione di tutti i popoli indigeni del mondo. Tuttavia, permette un rapido sorvolo della situazione attuale e di come questi popoli sono arrivati a questo punto, prendendo l’esempio di alcune regioni del mondo di cui oggi si sente spesso parlare. Ovviamente esistono popolazioni indigene in altre regioni del mondo.

Per leggere i primi due articoli:

Parte 1 di 3

Parte 2 di 3

Traduzione dal francese di Enrica Marchi. Revisione di Thomas Schmid.