Oggi, mercoledì, l’Associazione per i popoli minacciati (APM) ha chiesto nuovamente il rilascio dell’attivista indigeno Leonard Peltier, ormai gravemente malato. Il 77enne è rimasto imprigionato per 45 anni da innocente. Peltier è detenuto in isolamento nel carcere di massima sicurezza USP-Coleman I. Ieri, si è rivolto al quotidiano statunitense “Huffington Post” con una dichiarazione. Lì descrive le lunghe serrate di Covid-19 e l’isolamento dei detenuti che ne deriva: “Nessun telefono, nessuna finestra, niente aria fresca – nessun incontro con la gente (…)”. Per gli anziani e i malati della prigione, in particolare, la situazione equivaleva a una tortura.
Leonard Peltier deve essere finalmente rilasciato. È gravemente malato, soffre di diabete e di un aneurisma dell’aorta addominale, tra le altre cose. Non c’è mai stata alcuna prova della sua colpevolezza. È giunto il momento di porre fine a questa ingiustizia. Peltier è stato condannato a due ergastoli nel 1977 per il presunto omicidio di due agenti dell’FBI a seguito di una sparatoria nella Riserva di Pine Ridge nello stato americano del Sud Dakota il 26 giugno 1975. All’epoca, Peltier era un noto attivista dell’American Indian Movement (AIM), organizzazione che
difende i diritti degli indigeni. In seguito, si è saputo che l’FBI aveva estorto le dichiarazioni dei testimoni. Non ci sono prove della sua colpevolezza.
Nel corso degli anni, Papa Francesco, il Dalai Lama, Nelson Mandela, Desmond Tutu e Simon Wiesenthal, tra gli altri, hanno fatto campagna per il suo rilascio. Peltier ha anche fatto una campagna per i diritti degli indigeni dalla prigione. Abbiamo appena chiesto anche al governo tedesco di fare pressione sul Presidente americano Joe Biden e sulla Ministra degli interni Deb Haaland per il suo rilascio. La Haaland, lei stessa figlia di una nativa americana della tribù Pueblo, aveva sostenuto il rilascio di Peltier quando era ancora una deputata.