Servo di scena” racconta la giornata “finale” di un attore protagonista (Geppy Gleijeses), sul palcoscenico appassionato interprete di “Re Lear”, ma nel retroscena depresso e stanco per il peso degli anni. Quotidianamente con lui è il suo “servo di scena” (Maurizio Micheli), tuttofare che lo aiuta nelle grandi e piccole cose: dal tenere alto il suo morale, al vestirsi, a fargli da suggeritore. L’attore ha i difetti delle prime donne – è narcisista e viziato – il suo servo, che gli è totalmente dedito, è l’immagine dell’amore sottomesso e tenace. Pur così diversi i due sono in simbiosi: l’uno non potrebbe fare a meno dell’altro.  Il grande interprete senza l’aiutante non reggerebbe il peso psicologico delle sue paturnie e il servo di scena, che avrebbe voluto lui stesso recitare, si alimenta, in senso pratico e spirituale, della luce riflessa del suo signore.

Due tipi psicologici opposti, eppure un incastro essenziale.  Siamo nell’Inghilterra del 1940 e i commedianti mettono in scena il repertorio di Shakespeare per tenere alto il morale degli inglesi. Gli allarmi per le bombe risuonano durante lo spettacolo e tuttavia “the show must go on”: tutti, dalla moglie dell’attore, agli altri interpreti, al servo di scena, alla direttrice, restano in prima linea.

Inno al teatro, all’impegno culturale contro la distruttività che ieri come oggi incombe, “Servo di scena” è anche una grandiosa parabola, narrata con semplicità, sulla necessità che ha l’uomo di creare e trascendere se stesso, sul bisogno di essere protagonista, sulla rilevanza dei ruoli di ciascuno – il servo di scena ha un’importanza, pur nell’anonimato, che a volte supera quella della prima donna – sulla necessità di dare un senso alla propria vita, sull’ineluttabilità delle relazioni umane, si tratti di teatro o di altra arte. L’universalità del tema fa riflettere su come, in questo momento di pandemia, una risposta analoga e vitale sia l’unica per la prosecuzione di ciò che è stato sino a qui edificato. L’uomo, finché respira, come il limone lunare ha bisogno dell’incessante fruttificare.

Pièce in due atti di Ronald Harwood, rappresentata per la prima volta a Manchester nel marzo 1980, da subito riscosse un plauso internazionale. Nel 1983 l’autore la sceneggiò per una versione cinematografica di Peter Yates. La riduzione al teatro Quirino di Roma, con la regia di Guglielmo Ferro e l’interpretazione di Geppy Gleijeses e Maurizio Micheli dà a quella che è considerata una delle opere più importanti del ‘900 un’impronta personale e felice, esaltando con ironia i complessi aspetti dell’esistenza: uno spettacolo che non solo fa riflettere, ma è anche divertente e si ride. Bravissimi gli attori, dai personaggi principali quali Maurizio Micheli e Geppy Gleijeses, alla moglie del primo attore interpretata da Lucia Poli, all’intero cast. Ottima la regia di Guglielmo Ferro. Azzeccata la scenografia. Il pubblico del Quirino ha battuto le mani a lungo. Da non mancare.

Teatro Quirino di Roma

Fino al 20 febbraio 2022

SERVO DI SCENA

di Ronald Harwood

Traduzione Masolino D’Amico

Regia GUGLIELMO FERRO

OMAGGIO A TURI FERRO NEL CENTENARIO DELLA NASCITA

Personaggi e interpreti in ordine di apparizione

Milady / Lucia Poli

Norman / Maurizio Micheli

Madge / Roberta Lucca

Sir Ronald / Geppy Gleijeses

Irene / Elisabetta Mirra

Geoffrey / Agostino Pannone

Oxenby / Antonio Sarasso

Lo spettacolo ha una durata di 2 ore più intervallo.