Immagino che un certo numero di persone in questi giorni si siano annichilite, siano rimaste esterrefatte, o spaventate dinanzi le recenti dichiarazioni bellicose dei nostri politici, è di ieri il discorso da “uomo della provvidenza” fatto dal capo del governo italiano riunito dinanzi al Parlamento per chiedere sostegno e la fiducia nella chiamata alla guerra:
“In seguito all’intensificarsi dell’offensiva russa, abbiamo adottato una risposta sempre più dura e punitiva nei confronti di Mosca. Sul piano militare, il Comandante Supremo Alleato in Europa ha emanato l’ordine di attivazione per tutti e 5 i piani di risposta. […] Questo consente di mettere in atto direttamente la prima parte dei piani e incrementare la postura di deterrenza sul confine orientale dell’Alleanza con le forze già a disposizione. […] Per quanto riguarda le forze navali, sono già in navigazione e sotto il comando Nato. Le nostre forze aeree schierate in Romania saranno raddoppiate in modo da garantire copertura continuativa, assieme agli assetti alleati” […] “saremo pronti a reagire e ribattere” – e ancora all’interno dell’ultimo discorso di Draghi – “La lotta che appoggiamo oggi, i sacrifici che compiremo domani sono una difesa dei nostri principi e del nostro futuro. Ed è per questo che chiedo al Parlamento il suo sostegno”.
Improvvisamente le schiere di pseudo esperti sanitari, pseudovirologi da intrattenimento serale con nel mezzo una televendita, hanno perso d’interesse non sono più funzionali.
In men che non si dica il grande circo mediatico si riconverte, le terapie intensive, gli intubati, la paura del contagio, il bollettino quotidiano di decessi, sono come improvvisamente spariti, prontamente sostituiti dalle immagini dei bombardamenti prese da videogiochi, carrarmati ucraini spacciati per russi mentre investono macchine di civili, oppure gli annunci delle brigate di volontari che vanno in aiuto all’Ucraina, descritte come mosse da principi solidaristici e di rispetto della sovranità popolare e per questo paragonate dal maggior quotidiano nazionale italiano, alle brigate internazionali di volontari intervenute nella guerra civile spagnola degli anni 30′ del secolo scorso. Peccato però che a questo giro di boa della storia, invece di correre in aiuto a socialisti, comunisti ed anarchici della resistenza spagnola opposte al dittatore fascista Franco, stavolta si affiancheranno nella guerra Russo-Ucraina in compagnia del battaglione neonazista Azov o del gruppo paramilitare Pravy Sektor. Non meno bellicose le dichiarazioni di una pletora televisiva e social allestita al gran completo per l’occasione: pseudointellettuali, pseudoanalisti, pseudo esperti di conflitti, pseudoeconomisti, pseudo specialisti di relazioni diplomatiche e internazionali, influencer di ogni tipo a spiegare il perché, e il per come sia bello, giusto e sacrosanto intervenire in guerra.
Forse siete anche voi fra coloro che mai avete messo in dubbio l’esistenza di un virus che ha fatto la maggior parte dei morti principalmente perché non adeguatamente curati, ma che per il solo fatto d’aver messo in dubbio le modalità di “contenimento” del virus, perché apparivano da subito metodi di controllo, di costrizione, di ricatto e discriminazione sulle persone, si sono visiti affibbiare le peggiori etichette, oppure che più che avere assistito, avete spesso subito “l’informazione” in materia pandemica, apparendovi questa oltremodo terroristica, sempre incentrata sulla paura, sull’incedere della pornografia della sofferenza, oppure ancora siete fra quelli che sempre più spesso nei TG nazionali di questi ultimi mesi siete riusciti a cogliere chiaramente l’intenzione propagandistica anziché quella di voler fare una buona informazione trasversale e pluralista.
Se anche voi siete fra questi, ciò significa che al di là delle vostre sacrosante scelte in materia di salute, siete allora anche fra quelli che ora state notando toni oltremodo sproporzionati di chiamata generale alla guerra.
Siete fra quelle persone che sicuramente adesso state notando una predominanza assolutamente sproporzionata di un’unica versione dei fatti, che definire di parte sarebbe un eufemismo. Un’informazione dove non solo vengono esposte le ragioni di una sola parte ma ora persino capace sempre più spesso di creare vere e proprie notizie false o comunque tese a volerci far entrare in un contesto da propaganda, quella propria di ogni maledetta guerra.
Dalla guerra al virus a quella vera il passo non era poi così distante come ad alcuni inizialmente poteva apparire.
Ecco è a ognuna di queste persone a cui rivolgo un sentito invito.
Per la nostra integrità interiore, umana, mentale, morale e per quella della nostra coscienza non facciamoci trascinare nuovamente dentro una contesa delle parti, non rifacciamo lo stesso errore di diventare paladini di una delle due parti in conflitto. Pro o contro qualcosa… Nessuna delle due parti che hanno creato le condizioni per questo ennesimo conflitto, realmente ci appartiene.
Facciamo lo sforzo di restare vigili e attenti, e se c’è proprio da prendere una parte, prendiamo almeno la nostra di parte, o comunque quella che non ci porti ad alimentare questa voglia distruttiva di conflitto che viene seminata a piene mani dai media, dai giornali, dai social, dai politici, da schiere di millantatori unicamente al servizio delle linee imposte dalla propaganda di coloro che sulla guerra economica prima, e guerreggiata poi da sempre hanno fondato il loro dominio e le loro fortune.
Proteggiamoci da questa voglia di interventismo, proteggiamoci dall’onda nefasta di una propaganda becera e mortificante che vuole per forza descriverci il mondo in buoni e cattivi, morti giusti e morti sbagliati, missili intelligenti e missili deficienti, a tal punto da arrivare a innescare fenomeni di vera e propria idiozia, censurando magari nelle università corsi su Dostoevskij, solo perché autore russo, oppure arrivare a veder annullare dei concerti musicali solo perché il direttore d’orchestra, russo, non ha preso adeguatamente posizione contro Putin.
Non ci facciamo ammorbare la testa da quest’ondata di propaganda di guerra operata da schiere di “disumanizzatori” seriali.
Il popolo ucraino di entrambe le parti è diventato purtroppo vittima inconsapevole e collaterale, i nuovi morti e le nuove sofferenze del popolo ucraino di entrambi gli schieramenti filorusso e filoeuropeista, sono stati e saranno l’inconsapevole strumento utile alla rinascita di una nuova Guerra Fredda che vedono contrapporsi gli oligarchi atlantici agli oligarchi russi e cinesi, con l’Europa da intendersi come zona cuscinetto, sacrificabile, funzionale ad assorbire i colpi del conflitto sia da una parte che dall’altra.
Una nuova sorta di cortina di ferro dove chi da un lato chi dall’altro ci si possa spartire gli affari mondiali. Peccato solo che a questo giro di ruota, ci siano i popoli europei nel mezzo, centinaia di milioni di persone sacrificabili per il riassetto di una nuova spartizione tra sfere di potere.
Non ci facciamo ingannare dai facili proclami e dal mostrare dei muscoli dei nostri governi, questa volta siamo noi l’anello debole, è l’Europa il vaso di coccio fra due vasi di ferro.
Prepariamoci invece reggere l’urto della peggior propaganda di guerra possibile, volta a trasformare le persone da una parte e dall’altra, in utili idioti .
Impariamo a schermarci da questa propaganda triviale, impariamo a tutelare le nostre teste, i nostri pensieri, le nostre coscienze, quel po’ di spirito critico che ci è rimasto, impariamo se necessario anche a spegnere la televisione perché sarà ancora una volta uno dei maggiori veicoli di propaganda e di convincimento, martellante e ossessivo come in ogni regime in stato di guerra.
Impariamo a non farci prendere dalla paura, da questa nuova paura, non perché non ce ne sarebbe motivo, ma perché la paura uccide la mente, annienta ogni capacità di ragionamento, svilisce e mortifica ogni possibilità di dialogo e di confronto.
Con la paura si hanno solo tre tipi di reazione, o si aggredisce, oppure si fugge presi dal panico, oppure ancora ci si disconnette dalla realtà perché troppo terribile e dolorosa.
Impariamo perciò a controllare la nostra paura, non tanto rifiutandola, bensì essendone coscienti, osservandola, e imparando a metterci quel po’ di quel necessario distacco che ci spossa almeno salvare dagli effetti più distruttivi della paura, vedere il nemico nel prossimo che ci sta accanto solo perché manifesta un pensiero o fa scelte differenti dalle nostre. Il nemico non sta a fianco o in basso bensì sta al vertice della piramide sociale ed economica.
La fine dell’egemonia economica e territoriale occidentale sta producendo ciò che aveva ben previsto l’economista Giovanni Arrighi in uno dei suoi libri, “Caos e governo del mondo: come cambiano le egemonie e gli equilibri planetari” una dinamica e un susseguirsi di caos strutturale e sistematiche emergenze in cui in particolare noi europei ci veniamo a ritrovare in un interregno tra due poli egemoni, quello tramontante atlantico, l’impero occidentale a trazione angloamericana, che si scontra con quello sorgente, orientale russo-cinese.
Ci veniamo a trovare in un contesto epocale dove questa specie di riassetto sta scatenando forze distruttive del pianeta e dell’essere umano, ridando vita persino alle narrazioni deliranti della guerra di razza, della difesa territoriale, della conquista e dell’oppressione coloniale, della violenza delle armi, della discriminazione in ogni sua forma, della cessazione dello stato di diritto, della sospensione ad libitum dell’ordinamento delle Costituzioni dei paesi occidentali, per applicare invece un sistema basato sull’emergenza e sul controllo, passando da una emergenza a un’altra, fino l’introduzione del terrore e della guerra nel cuore dell’Europa, allo stesso modo di ciò che avvenne nel secolo scorso. Ora più che mai mi ritornano in mente le descrizioni del secolo scorso contenute nel libro di Barbara Balzerani, “Lascia che il mare entri” dove si narra di tre generazioni la cui storia si snoda attraversando le due guerre mondiali, nella descrizione della distruzione lasciata dalla guerra sulle menti oltre che sui corpi, riuscendo proiettare la lunga ombra di distruzione sul tessuto sociale, ipotecando il futuro delle nuove generazioni, e che al suo interno riporta anche la significativa descrizione di un angelo per come descritto dal filosofo Walter Benjamin, “L’Angelus Novus” un dipinto di Paul Klee che forse meglio di tutti rappresenta il secolo scorso e tutto ciò che questo ha prodotto: “Un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta.”
Un secolo, quello scorso che a quanto pare sta continuando a proiettare la sua lunga e pesante ombra nel secolo attuale, i cui metodi ed effetti pare siano sopravvissuti in moti pendolari tra guerre imperialiste realizzate in base a diversi pretesti, per l’appropriazione di risorse naturali, alternate con esplosioni di bolle finanziarie di tipo estrattivo, speculativo, immobiliare, energetico, di materie prime, minerali rari, e a guerre economiche delle classi benestanti a danno di quelle meno abbienti.
Uno stato di caos ed emergenza continui che però se analizzato bene, in sintesi non fanno altro che concentrare ancora di più la ricchezza nelle mani di pochi, e finire di liquidare quel poco dei già fragilissimi fondamenti democratici che erano rappresentati dalle costituzioni liberali redatte nel dopoguerra mondiale.
Tutto ciò mentre si intensifica sempre di più una tendenza psichica, sociale, e politica che converge verso nuovi dispositivi di legge e di controllo fondamentalmente di stampo fascista e autoritario, che indirizzano il malessere sociale e umano, in una volontà nichilista di morte, di distruzione e di annientamento.
Ogni guerra non solo non risolve mai nulla, ma getta le basi per altre nuove guerre ancora, semina fascismo nei modi di pensare e ancor più nelle azioni ispirate alla risoluzione delle contese tramite l’uso della violenza, rinforza e accelera la disumanizzazione.
È proprio nel guardare alla storia del ventesimo secolo, quello dell’Angelus Novus, che si può scorgere chiaramente che guerra, fascismo e capitalismo fanno parte di una stessa dinamica che li tiene saldamente legati insieme.
Così come è parte della macabra commedia la formazione di fazioni a favore di uno o dell’altro contendente.
La guerra con le armi, altro non è che la continuazione della politica capitalista con altri mezzi.
Ed è vero anche il suo contrario, la politica capitalista basata sulla depredazione economica e delle risorse, altro non è che la continuazione della guerra d’armi, ma con altri mezzi e dispositivi.
La voglia che dovrebbe nascere dentro non è quella di prendere parte in una delle fazioni in conflitto ma al contrario bisognerebbe gridare forte: “smettiamola di fare gli utili idioti scegliendo una o l’altra fazione del massacro!” Non esistono fazioni buone, come non esistono morti buoni e morti cattivi, sono tutti sempre e soltanto morti.
Occupiamoci piuttosto della questione essenziale, quella che ci tocca da vicino, questa guerra, al di là di chi ci apparirà che possa vincerla, in realtà cambia le regole del gioco nell’Unione Europea post-pandemica.
L’intensificarsi della guerra in Ucraina elimina in modo permanente qualsiasi processo democratico che colpisca le élite capitalistiche le stesse che sono anche responsabili della produzione delle armi e delle cause sia del conflitto attuale che dei precedenti.
Questa guerra seppellisce definitivamente anche il “patto con le forze lavorative” nei termini di aumenti salariali, protezione sociale, lotta contro lo sfruttamento ambientale, l’avvelenamento delle risorse naturali nelle città, nell’agricoltura, nelle zone rurali.
Si sbagliano a mio parere, coloro che credono che questo stato di guerra si tratti di un episodio breve, che ottenuti i propri obiettivi la Russia si ritirerà dall’Ucraina e si tornerà alle precarie vie diplomatiche con impegni dilatatori.
Non accadrà perché sicuramente non è interesse delle elites e dei potentati economici occidentali, tese a continuare ad esercitare la propria influenza e predominio su aree in cui c’è un chiaro cambio egemonico, al massimo da questi viene previsto uno stallo dove si eriga nuovamente un immaginario confine dove arroccarsi stabilendo in quelle aree il dominio assoluto del proprio potentato.
In questa nuova guerra forse non ce ne siamo ancora accorti ma si stanno creando anche i quadri del nuovo fascismo e del riemergente militarismo, sia quello europeo che quello russo, con i quali si sostituiranno le troppo poco funzionali ambivalenze delle attuali estreme destre, sia europee che russe. La “sinistra” progressista finora strumentale ad un certo progetto, da adesso in poi non sarà più utile. Nei nuovi scenari introdotti con la guerra, ma già ampiamente annunciati con la gestione autoritaria dell’emergenza pandemica, la destra estrema rivisitata e meglio controllabile grazie l’introduzione di questi nuovi quadri che nel clima di guerra si vanno formando, proprio per via delle sue caratteristiche funzionali all’attuale clima bellico, verrà prediletta dalle elites economiche a scapito delle pseudo sinistre progressiste, usate finora per diffondere il verbo globalista e funzionali a destrutturare la società.
Con il conflitto ucraino di colpo si passa dal New Deal europeo che si basava sulla nuova economia green, sull’industria 4.0 ecc. per lanciarci dentro una vera e propria economia di guerra capitalistica. Il predominio estrattivo ed energetico ritornerà in auge, subiremo un fortissimo aumento dei prezzi dell’energia, delle materie prime, tutto ovviamente a scapito popolare, ma a beneficio invece delle oligarchie esportatrici russe, che compenseranno con l’aumento dei prezzi delle risorse energetiche, l’effetto delle sanzioni. Subiremo anche la fine definitiva della contrattazione salariale sindacale, già chiamata in causa da Draghi ha ripetuto e annunciato il concetto più volte “chiamati a grandi sacrifici in nome dei nostri principi di libertà”.
Sempre da questo lato della nuova cortina di ferro, militarmente già da tempo abbiamo dato in appalto la nostra “difesa” alla NATO, organismo militare che avrebbe dovuto essere sciolto tre decenni fa insieme al Patto di Varsavia, ma che nel tempo è diventato via via una specie di esercito privato, che ora assume il ruolo di gangster armato dell’area, un ente armato a cui, più che rivolgersi bisogna raccomandarsi affinchè, nel difenderci a forza di guerre, non si prenda tutta la casa insieme a tutti i suoi abitanti, presi ostaggio e obbligati a pagare un “pizzo” per un debito di guerra che man mano nel tempo va accumulandosi.
L’Unione Europea vive sotto una montagna di deficit che oggi diventa debito di guerra, a causa della guerra stessa. Una guerra operata per il saccheggio estrattivistico. E’ la NATO il braccio armato che finora ha operato con le sue “guerre preventive”, affinché le compagnie multinazionali occidentali potessero avere i “diritti d’estrazione” nei vari paesi mediorientali, africani, sudamericani.
Non facciamoci ingannare, sarebbe fatale. Questa alle porte d’Europa è una guerra tutta fra oligarchi e gangsters, in cui noi europei siamo giusto nel mezzo. Un guerra il cui conto verrà pagato molto salato dalle popolazioni chi come l’Ucraina con i morti, chi cedendo definitivamente la propria sovranità popolare, chi accumulando debiti enormi, chi cedendo diritti, chi con un’involuzione sul piano delle conquiste sociali e materiali che non ritrova precedenti in tutto il dopo guerra.
La guerra in Ucraina fa inoltre comodo anche a molti governi europei per coprire le proprie mancanze e magagne. Garantisce una situazione di caos generalizzato, sotto cui poter occultare varie schifezze, una situazione d’emergenza ma comunque controllata nel cui nome poter giustificare di tutto senza che si possa gridare allo scandalo, o alla dittatura in modo aperto. Tutto questo mentre intanto l’asticella del sentimento politico generale si sta spostando verso i limiti dell’estrema destra, in una specie di ritorno da clima post prima guerra mondiale con l’avvento dei grandi totalitarismi.
Questo conflitto però, può anche servire da spunto per istituire la nascita di una nuova Transnazionale contro ogni guerra, contro il fascismo quello vero, che si alimenta di conflitti fra poveri e a sua volta li genera e che diventa strumento per il mantenimento del capitalismo ogni volta che storicamente si trova ad avere il fiato corto.
Attivarsi per la nascita di un movimento internazionale in tutto il pianeta, contro la guerra permanente scatenata da un capitalismo altrettanto planetario, che nel suo processo dissennato minaccia la distruzione della vita su vari fronti, tramite la guerra guerreggiata, come attraverso la guerra economica, con la depredazione dei territori, con lo sfruttamento umano selvaggio, con la degradazione catastrofica e senza fine data dello sfruttamento ambientale della nostra biosfera.
Occorre non avere paura, non farsi annichilire dallo scoramento, prepararsi al colpo, impegnarsi perché non prevalga la propaganda, la fascinazione per la guerra, per svincolarsi da un conflitto dentro il quale stanno cercando di trascinarci. Imparare a “cospirare” in modo intelligente e in senso contrario, finalizzato a togliere basi ed alimento ad una emergenza e a uno stato di guerra prolungato, la cui prima vittima come è noto da sempre è la verità, “sabotare” un conflitto che prima ancora di attecchire in Terra, attecchisce dentro ognuno di noi annullando le nostre coscienze, insinuandosi nei nostri sentimenti e aggrappandosi alle nostre viscere.
Contro la guerra e il fascismo capitalistico, abbiamo un vantaggio, anzi due, da non sopravalutare:
il “cervello” capitalistico è ormai irrimediabilmente andato, in disfacimento, e come ogni volta nella storia quando si trova in estrema difficoltà, ricorre alla guerra, al totalitarismo, all’uso della forza in modo aperto. Adesso è facile riconoscerne i semi mortiferi e rigettarli.
L’altro vantaggio è che ne conosciamo bene sia le mosse che le metodologie, sono le stesse che hanno messo in atto nel secolo scorso, creare continuamente divisioni e conflitti di ogni tipo affinché siano combattuti dalla gente perché siano impegnati a focalizzare il nemico nel prossimo invece che al vertice.
L’unica possibilità realistica di uscita che abbiamo è impedire che il ventunesimo sia ancora una volta la prosecuzione degli orrori e delle carognate del secolo scorso.