In questi giorni a proposito della guerra in corso in Ucraina ci hanno raccontato che bisogna mandare le armi, ai “combattenti ucraini della resistenza”, perché possano difendersi, così dicono.
Peccato venga omesso di dire che, non da ora, bensì da tempo, vari governi dei nostri Paesi occidentali finanziano e armano questi novelli combattenti della “resistenza ucraina” legati ad Azov e alle sue milizie ufficiali e non.
Peccato che molti giornalisti e organi d’informazione a carattere nazionale si siano scordati, o abbiano volutamente cancellato dalla loro memoria, che fino non molto tempo fa questi stessi combattenti dell’Azov in numerosi articoli venivano identificati afferenti milizie e movimenti politici filonazisti e di estrema destra, possessori di idee e ideologie che non solo hanno ispirato i suprematisti bianchi ucraini ma anche quelli di tutto il mondo.
Peccato che ci si guardi bene dal raccontare chi siano questi combattenti che dal 2014 hanno praticamente preso in ostaggio intere aree del Paese, regioni ucraine sudorientali, ivi comprese società civile e la popolazione, stabilendo inoltre i loro quartieri generali in alcune fra le più importanti città ucraine, come Mariupol ad esempio, oppure Kharkiv, spesso terrorizzando e sottomettendo la parte di popolazione ucraina politicamente dissenziente, arrivando a portare la loro rappresentanza, ufficialmente riconosciuta, sia dentro le istituzioni regionali che in quelle nazionali, e anche dentro l’esercito e nel Parlamento ucraino.
Peccato inoltre che sempre tali milizie di novelli “combattenti della resistenza ucraina” siano stati più volte indicati come responsabili della strage di Odessa nel maggio 2014, quando “un gruppo di manifestanti filo-russi disarmati rifugiatosi nel Palazzo dei Sindacati di Odessa, fu circondato da estremisti di destra e neonazisti armati che incendiarono l’intero palazzo con tutte le persone che avevano trovato rifugio al suo interno. Trentotto persone, intrappolate all’interno rimasero uccise bruciate vive. Anche all’epoca come scritto in un articolo dell’Huffington Post del 2014, “per quasi un giorno intero la stampa italiana è stata incredibilmente vaga nel raccontare l’evento.”
Se non altro, per amore della storia, credo che vadano almeno ripercorsi un po’ di fatti di questi ultimi anni.
Quando l’esercito russo ha annesso la Crimea nel febbraio 2014 non dovette affrontare alcuna resistenza militare. L’Ucraina non disponeva all’epoca di un numero adeguato di truppe pronte al combattimento per organizzare una difesa della Crimea.
Successivamente, quando i separatisti sostenuti dalla Russia rilevarono gli edifici governativi nella regione del Donbass nell’Ucraina orientale come preludio a una vera e propria ribellione, l’esercito ucraino si dimostrò ancora una volta incapace di sedare la ribellione. Fu in questo contesto che nel maggio 2014 si formò il Battaglione Azov.
L’Azov iniziò come un’unità di fanteria militare composta da volontari civili provenienti da gruppi neonazisti di estrema destra attivi in Ucraina, come la banda Patriot of Ukraine e l’Assemblea nazionale sociale (SNA). Con la sua banda di combattenti altamente motivati, l’unità Azov riconquistò la strategica città portuale di Mariupol dai separatisti. A seguito di questo cruciale trionfo militare – che era sfuggito alle forze ufficiali di Kiev – l’unità Azov fu integrata nella Guardia Nazionale dell’Ucraina nel novembre 2014.
Andriy Biletsky leader del partito politico “National Corps Party” – come riporta wikipedia – è stato il primo comandante della formazione militare ucraina neonazista chiamata Battaglione Azov e cofondatore del movimento Assemblea Social-nazionale (SNA). Dal 2014 al 2019 Biletsky è stato membro del parlamento ucraino.
Andriy Biletsky reclutò militanti neonazisti già sotto il suo comando quale capo delle operazioni speciali di Pravy Sektor. L’Azov si distinse subito per la sua ferocia negli attacchi alle popolazioni russe di Ucraina, in particolare a Mariupol. Nell’ottobre 2014 il battaglione fu inquadrato nella Guardia nazionale, dipendente dal Ministero degli interni e Biletsky fu promosso a colonnello e insignito dell’«Ordine per il coraggio».
Come si legge da un articolo su una rivista specializzata sui diritti, in seguito ai fatti del Donbass, l’Azov è stato trasformato in reggimento di forze speciali, dotato dei carrarmati e dell’artiglieria della 30a Brigata meccanizzata. Ciò che ha conservato in tale trasformazione è l’emblema, ricalcato da quello delle SS Das Reich, e la formazione ideologica delle reclute modellata su quella nazista. Quale unità della Guardia nazionale, il reggimento Azov è stato addestrato da istruttori USA e da altri della Nato.”
Nell’ottobre 2018 – si legge in un testo ufficiale del Senato – rappresentanti dei Carabinieri italiani hanno visitato la Guardia nazionale ucraina per discutere l’espansione della cooperazione in differenti direzioni e firmare un accordo sulla cooperazione bilaterale tra le istituzioni». Dal febbraio 2019 il reggimento Azov è stato nuovamente dislocato in prima linea nel Donbass.
Nel 2016, l’Azov ha istituito la sua ala politica, il National Corps Party, sotto la guida di Andriy Biletsky, un ultranazionalista che è stato membro del Parlamento dal 2014 al 2019, Bilentsky da sempre afferma che la missione dell’Ucraina è “guidare le razze bianche del mondo in una crociata finale contro gli “Untermenschen” ( gli umani inferiori o sub-umani) a detta della loro ideologia guidati dai “semiti”.
Le uniformi militari dell’Azov presentano in modo esplicito insegne e simboli nazisti, e i suoi combattenti sono stati fotografati migliaia di volte con tatuaggi recanti la simbologia nazista come ad esempio la svastica, le due S, simbolo appartenente al corpo speciale nazista delle Schulz Staffen, o come le varie croci uncinate stilizzate sormontate da teschi.
Alla vigilia del lancio del Corpo Nazionale, i membri dell’Azov intrapresero una marcia in stile nazista con le fiaccole e il pugno alzato per le strade di Kiev.
I membri della milizia Azov per anni sono stati impiegati anche come pattugliamento nelle strade dove, in nome dell’applicazione di quello che viene chiamato “ordine ucraino”, sono noti per aver attaccato e massacrato i Rom come anche le altre minoranze etniche, così come spesso sono intervenuti a pestare i partecipanti presenti agli eventi LBGT.
La Guardia nazionale ucraina recentemente ha anche rilasciato video di combattenti del battaglione Azov mentre ingrassano i proiettili dei fucili con grasso di maiale, in spregio, per essere usati contro i ceceni musulmani che combattono tra le forze russe.
Numerose e gravissime negli anni le violazioni dei diritti umani, solo quelle fino al 2016 sono riportate in questo report: https://www.rferl.org/a/ukraine-nationalists-torchlight-march-azov-party/28053936.html
Già a partire dal 2014, diversi organismi per i diritti umani, tra cui l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani e Amnesty International, hanno accusato i combattenti dell’Azov, insieme a quelli di altri battaglioni di volontari, di violazioni dei diritti umani, e crimini di guerra comprese torture, rapimenti ed esecuzioni extragiudiziali.
La perdita di memoria generale dei media a quanto pare è così profonda che alcuni media hanno addirittura provveduto a cancellare dai loro siti i vecchi articoli su Azov e le milizie ucraine di ultradestra e filonaziste, però con una semplice ricerca si possono trovare in rete ancora diverse cose.
A scanso di equivoci, per non esser tacciati di “antiamericanismo” parola buona per tutte le stagioni, usata ogni qualvolta si muova una critica alle ambigue politiche statunitensi, è assolutamente da leggere una interessantissima analisi, molto specifica e dettagliata prodotta dall’americana Stanford University, Università della California che sul battaglione Azov ci illustra con dovizia, nel dettaglio.
L’analisi riporta tutte le fonti ed è realizzata dal CISAC (Center for International Security and Cooperation ) Centro per la sicurezza e la cooperazione internazionale: https://cisac.fsi.stanford.edu/mappingmilitants/profiles/azov-battalion#text_block_33831. Nel link qui sotto inoltre si può scaricare il report completo in PDF:
https://m.box.com/shared_item/https%3A%2F%2Fstanford.box.com%2Fs%2F7ocm1tlvp2uydbki04qiuph4oa5j8tg9
Nel corso degli anni, la posizione degli Stati Uniti sull’Azov è ambiguamente oscillata fra la proibizione (guidata dal riconoscimento della sua politica neonazista) e la furba collaborazione (sulla base del pragmatismo geopolitico).
Nel 2015, il Congresso degli Stati Uniti approvò una risoluzione di divieto in cui si affermava che gli aiuti militari all’Ucraina non potevano essere utilizzati per finanziare, armare o addestrare il battaglione Azov in quanto filonazista. Ma nel 2016, il divieto è stato poi revocato, secondo quanto riferito, per via delle fortissime pressioni del Pentagono.
Da allora, ci sono stati tentativi infruttuosi da parte dei membri del Congresso USA – uno dei quali l’ha descritta come una “milizia paramilitare neonazista” – per designare l’Azov come “Organizzazione terroristica straniera”. Nonostante tutto, i canali dei social media di Azov sono pieni di video di membri della milizia che si addestrano con armi di fabbricazione americana. A partire dal 2016, data di revoca del divieto del congresso statunitense, il battaglione Azov e altre milizie paramilitari filonaziste e di ultradestra ucraine nel tempo sono state rifornite di tutto punto di armi di ogni tipo.
Nel 2016 facebook ha designato il battaglione Azov come “organizzazione pericolosa”.
In seguito, nel 2019, ha collocato l’Azov nella stessa categoria dello Stato Islamico (ISIS) e perciò bandito.
Dopo l’invasione russa del 24 febbraio scorso, Facebook ha però annullato il divieto, consentendo espressioni di lode per l’Azov.
Assolutamente da leggere un articolo del Time del 2019, di cui evidenzio il seguente periodo, oserei dire molto illuminante sulla natura si Azov: “Ma Azov è molto più di una milizia. Ha il suo partito politico, due case editrici, campi estivi per bambini e una forza di vigilanza nota come Milizia Nazionale, che pattuglia le strade delle città ucraine insieme alla polizia. A differenza dei suoi coetanei ideologici negli Stati Uniti e in Europa, ha anche un’ala militare con almeno due basi di addestramento e un vasto arsenale di armi, dai droni e veicoli corazzati e vari pezzi di artiglieria pesante.
Al di fuori dell’Ucraina, Azov occupa un ruolo centrale in una rete di gruppi estremisti che si estende dalla California attraverso l’Europa fino alla Nuova Zelanda, secondo le forze dell’ordine in tre continenti. E funge da calamita per i giovani desiderosi di esperienza di combattimento. Ali Soufan, un consulente per la sicurezza ed ex agente dell’FBI che ha studiato Azov, stima che oltre 17.000 combattenti stranieri siano arrivati in Ucraina negli ultimi sei anni da 50 Paesi.”
Qui il link all’articolo completo del Time: https://time.com/5926750/azov-far-right-movement-facebook/
Significativamente, l’Azov ha sempre avuto una dimensione pan-Ucraina, con legami documentati con gruppi di suprematisti bianchi americani come il Rise Above Movement (RAM). Ha combattenti volontari provenienti da diverse parti d’Europa. Conduce regolarmente campi di addestramento militare per civili, compresi i bambini e ha cercato di costruire una sottocultura “cool” attorno al nazionalismo, al militarismo e agli sport fisici: i suoi tornei di arti marziali miste sono piuttosto popolari.
Quando il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato una “operazione militare speciale” per effettuare una “smilitarizzazione” e una “denazificazione” dell’Ucraina, sembrava riferirsi alle milizie neonaziste come l’Azov, che – con la benedizione del governo dell’Ucraina, per anni sono stati designati come prima linea nella campagna militare di Kiev contro i gruppi separatisti sostenuti dalla Russia.
Fino a pochi giorni prima dell’invasione russa, molti, persino nel mainstream ucraino, guardavano con preoccupazione all’ascesa dell’Azov. Preoccupazione degli stessi ucraini non filonazisti, perché il battaglione Azov e le sue milizie ufficiali e non, si sono sempre posti al di sopra della stessa legge dello Stato ucraino, mentre le loro unità militari a lungo hanno potuto operare indipendentemente dalla catena di comando ucraina, le loro unità di pattugliamento stradale spesso non rispondevano nemmeno alla polizia e il loro operato è stato per tanto tempo senza nessun controllo.
Un altro articolo del Foreign Policy ripercorre la storia di Azov sia come milizia che come movimento internazionale neonazista e di estrema destra, sospettato più volte di terrorismo, particolarmente interessante perché al suo interno riporta anche la lettera firmata dai parlamentari dello stesso partito del presidente Volodymyr Zelensky, “servo del popolo”, partito di maggioranza dell’attuale governo ucraino, lettera dove nel luglio 2019 si difende a spada tratta Azov e il suo operato.
La lettera firmata da 39 parlamentari ucraini, per lo più parlamentari del partito del “Servo del popolo” di Zelensky, e inviata al presidente della commissione per gli affari esteri della Camera dove in sintesi si afferma che “i tentativi di etichettare una delle unità ufficiali più decorate della Guardia nazionale ucraina come un'”organizzazione terroristica” o un “gruppo estremista di suprematisti bianchi violenti d’oltremare” pesano gravemente sulle nostre anime e riecheggiano dolorosamente nel cuore di militari, veterani e volontari ucraini”.
Qui il link alla lettera dei parlamentari ucraini in maggioranza del partito di Zelensky dove si difende strenuamente Azov: http://komzak.rada.gov.ua/uploads/documents/30420.pdf
Qua, da noi in Italia, dal 24 febbraio giorno d’inizio della ripresa della guerra in Ucraina, ci raccontano che Azov e le milizie neonaziste e di ultradestra ucraine, rappresentano la nuova resistenza, che leggono Kant e persino che aiutano le vecchiette ad attraversare la strada, ma non solo, qualcuno si sbraccia pure a dire che se Che Guevara fosse stato in vita si sarebbe schierato con loro, altri ancora paragonano i mercenari di ultradestra che accorrono in questi giorni in Ucraina, ai volontari socialisti e anarchici che andavano in Spagna nel 1936 durante la guerra civile spagnola. Ma, per quanto deprecabile l’invasione dell’esercito russo in Ucraina, non si può arrivare a sovvertire la realtà fino a questo punto, omettendo fatti, distorcendo persino la storia.
Ordalie di “fact checkers” senza più credibilità alcuna, persino in buona compagnia di “rispettabili” direttori di testate online, certificate “ufficialmente” come “verificatori e portatori della verità” (già questo di per se dovrebbe far sorridere) in questi stessi giorni a fronte delle ultime immagini che ci arrivano da Mariupol, si adoperano in una missione improbabile, oltre che impossibile, di negare l’evidenza oltre ogni possibile ragionevolezza. “Negare sempre negare anche di fronte l’evidenza” solevano dire fra loro i criminali più incalliti.
Il problema non sono loro che vorrebbero raccontarci che gli asini sono rosa e volano, oppure che Cristo è morto dal sonno, il problema siamo noi, sempre più asini rincretiniti, ciuchi impenitenti coi paraocchi, disposti a credere a qualunque cosa pur di rinunciare a pensare con le nostra testa.
Infine, a prescindere da come la si pensi, peccato che in tutta questa confusione ci si stia scordando del punto principale: la nostra Costituzione, quella italiana, prevede all’Articolo 11 il ripudio assoluto della guerra, che non prevede certo di prenderne parte, e tantomeno di inviare armi a nessuna delle parti in conflitto.