Milano insiste, non si ferma, anche se quel sabato di tre settimane fa fatica a ripetersi. Ma anche questo sabato iniziative contro la guerra: una del movimento di Milano contro la guerra, alla quale abbiamo partecipato, una più istituzionale all’Arco della Pace dove parla il sindaco della città e il monumento si tinge di giallo e azzurro. L’Anpi è un po’ di qua e un po’ di là.

Circa duemila persone che sfilano per più di due ore per la città, le varie anime della sinistra che gridano dagli amplificatori e dai megafoni contro i due fronti che detestano in egual misura. Ma cresce la richiesta di disarmo, di riduzione delle spese in armamenti, proprio dopo le pessime notizie che danno in crescita la spesa militare un po’ in tutta Europa. L’impressione è di essere sempre più “contro-corrente”, ben poco rappresentati in Parlamento.

Si finisce al parco Sempione, proprio dentro, sull’erba, sperando che presto il prato si riempia di fiori.

Ma oggi a Milano altre iniziative hanno preso vita: un grande simbolo della pace disegnato in mattinata alla Darsena, il presidio della comunità ucraina in piazza Duomo, un’assemblea antimilitarista presso la sede del laboratorio Kasciavit (dove una cinquantina di attivisti ricordavano, tra le altre cose, i profitti crescenti di Eni), l’occupazione di un centro sportivo chiuso e abbandonato per farlo vivere, una giornata in ricordo di Dax, giovane antifascista ucciso a Milano 19 anni fa.

La Milano meticcia e solidale cerca di restare in vita, certo il ginocchio che la schiaccia c’è e le rende difficile respirare. Dovrà continuare ad inventare nuove forme per farsi sentire, coinvolgere, rompere l’antica coltre che si è depositata in questi anni, quella maledetta sindrome di TINA (There Is No Alternative). Anche se i bombardamenti finissero domani, cosa che tutti e tutte auspichiamo, non bisognerà certo smettere di lavorare in vista di un mondo più giusto.

 

Foto di Matilde Mirabella e Fabio Boccoleri