Nessuna collaborazione con l’Italia da parte delle autorità egiziane sul caso di Giulio Regeni.
Viene così sospeso il procedimento a carico di quattro 007 egiziani accusati di avere sequestrato, torturato e ucciso il ricercatore italiano. Il giudice ha disposto nuove ricerche degli imputati affidate al Ros e ha rinviato il processo al prossimo 10 ottobre: in quell’occasione verrà sentito anche il capo dipartimento Affari di giustizia del ministero Nicola Russo sugli eventuali sviluppi.
In una nota che il ministero della Giustizia ha inviato al Gup di Roma si sottolinea il “rifiuto dell’Egitto di collaborare nell’attività di notifica degli atti con l’Italia” così come il ‘no’ a un incontro tra il ministro Marta Cartabia e il suo omologo egiziano.
“Prendiamo atto dei tentativi falliti del Ministero della Giustizia di ottenere concreta collaborazione da parte delle autorità egiziane – ha detto l’avvocata Alessandra Ballerini, legale dei genitori di Giulio Regeni – e siamo amareggiati e indignati dalla risposta della procura del regime di Al Sisi, che continua a farsi beffe delle nostre istituzioni e del nostro sistema di diritto.
Chiediamo che il presidente Draghi condividendo la nostra indignazione pretenda, senza se e senza ma, le elezioni di domicilio dei 4 imputati. Oggi è stata un’ennesima presa in giro”.
Prima dell’udienza si è svolto un sit-in a Piazzale Clodio, davanti al tribunale romano, a cui hanno preso parte Articolo21, rappresentata dalla portavoce Elisa Marincola, la Federazione nazionale della Stampa italiana con il presidente Giuseppe Giulietti, l’Usigrai con il segretario Daniele Macheda, “Giulio Siamo noi”, oltre ai genitori di Giulio e l’avvocata Ballerini.
Erano presenti in sostegno della famiglia Regeni anche Aboubakar Soumahoro, Gianni Cuperlo, Gregorio de Falco e il presentatore Flavio Insinna che ci ha rilasciato qualche battuta.
“Questa cosa (riferendosi al caso giudiziario) puoi anche non vederla, ma è visibilissima. Come ha detto la mamma di Giulio “su quel viso, sul viso di mio figlio ho visto tutto il dolore del mondo,” Ecco noi non dobbiamo darci pace fino a quando non si arriverà alla verità.
Lo dobbiamo alla famiglia, ma anche alla parte sana di questo paese, un paese che rispetta le regole e che non fa affari con le dittature”.
“Voglio vivere – ha proseguito – in un Paese, come dice il Papa, che ritrovi un senso di fraternità, dove il tuo dolore diventa il mio. Dove la croce la portiamo tutti. Questa famiglia sta facendo un’opera straordinaria con una compostezza unica al mondo, che lascia a bocca aperta. Dal primo minuto mi sono legato a questa storia. Chi pensa di essere dalla parte buona del Paese deve spendersi sempre. Ed io che sono figlio di un siciliano conosco bene il rischio del silenzio. Perché è proprio nel silenzio che si perde l’interesse per casi come questo”.
Insinna ha ringraziato poi tutti i giornalisti presenti perché continuano ad esserci sempre, anche quando si spengono i riflettori.
“Non si può far tutto in nome dei rapporti, forse sarò anche una persona piccola nei ragionamenti, ma c’è una persona che è stata torturata in maniera indicibile, uccisa e alla famiglia dobbiamo dare la verità” ha detto.
Un giornalista gli ha domandato se durante questi anni in cui i rapporti commerciali con l’Egitto sono sempre andati avanti, ci sia stata davvero la volontà politica di cercare la verità.
Insinna ha risposto: “Non mi interessa se c’è stata la volontà politica, mi interessa che ci sia da oggi in avanti, non sono qua a fare polemiche, ma solo a sostenere nel mio piccolo la famiglia Regeni.
Da oggi spero che l’alta politica possa fare il bene delle persone che amministra. La politica non comanda le persone, le amministra e a questa famiglia la politica deve dare delle risposte, deve cercare la verità.
È doloroso cercarla, ma come dicono le Sacre Scritture ‘la verità prima ci rende infelici poi ci rende liberi’.
Non saremo mai liberi da questo dolore, ma sarebbe un grande sussulto di dignità per tutto il paese, trovare la verità per questa famiglia e per Giulio Regeni”.