La definizione di Von Clausewitz secondo cui “la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi”, è talmente presente in tanti talk-show, dibattiti e discussioni da bar che finisce per persuaderci fino a legittimare la guerra e rendercela in qualche modo compatibile.
Non è affatto così e dobbiamo urlarlo.
La guerra certifica piuttosto il fallimento della politica e non la sua prosecuzione.
Anche nel tempo della guerra la politica può tentare di riscattarsi con l’opera diplomatica e il dialogo.
Cosa che riesce ben difficile se si pretende d’essere credibili alimentando contemporaneamente la guerra con l’invio delle armi.
Se mandi le armi stai dichiarando di fronte al mondo intero che credi che la guerra possa essere la soluzione.
Guerra e diplomazia, così come uso della forza e uso della parola di riconciliazione, sono antitetici e in contrapposizione.
La storia, le vittime, la vita ci urlano di scegliere di stare dalla parte di chi vuole la pace.
Papa Francesco non ha perso occasione di ripeterlo anche ieri: “Mi chiedo se si stia veramente ricercando la pace; se ci sia la volontà di evitare una continua escalation militare e verbale; se si stia facendo tutto il possibile perché le armi tacciano. Vi prego, non ci si arrenda alla logica della violenza, alla perversa spirale delle armi. Si imbocchi la via del dialogo e della pace!”.
La politica della guerra e quella della pace
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