Paola Caridi, giornalista freelance, storica e saggista sul Vicino Oriente, è in questo momento impegnata nella campagna di solidarietà nei confronti di Alaa Abdel Fattah, prigioniero di coscienza e attivista. Paola coordina una campagna di digiuno a staffetta in solidarietà con Alaa di cui parla giornalmente nel suo blog https://www.invisiblearabs.com/
Puoi riassumere la vicenda di Alaa Abdel Fattah?
Alaa Abd-el Fattah è un informatico, uno scrittore e un blogger. Il suo attivismo e l’uso che ha fatto della tecnologia lo hanno reso una personalità chiave della Primavera araba. È stato lui, infatti, a sviluppare versioni in lingua araba di importanti software e di piattaforme. È prigioniero di coscienza di Amnesty, ed è in carcere in Egitto dal 2013, salvo due brevi periodi di pochi mesi fuori dalla detenzione.
Alaa Abd-el Fattah è in sciopero della fame dal 2 aprile. Da oltre due mesi e mezzo. Rifiuta il cibo per ottenere il rispetto dei suoi diritti di persona cui è stato negato un giusto processo, il rispetto dell’imputato, la possibilità di appello, le condizioni minime di detenzione. Negli anni di detenzione nel carcere di massima sicurezza di Tora, al Cairo, e soprattutto dal 2019, Alaa ha vissuto in condizioni di privazione totale di qualsiasi tutela e diritto. In una piccola cella, senza niente: libri, carta, penna, una radio, un orologio. Senza un letto, senza un materasso. Senza l’ora d’aria.
È stato trasferito da poche settimane nel penitenziario di Wadi al Natrun, a poco meno di 100 chilometri di distanza dal Cairo. E può finalmente dormire su un materasso, ma non uscire dalla cella per l’ora d’aria. Il suo sciopero della fame, dunque, non è stato interrotto. Anzi. Da una settimana sua sorella Mona Seif ha iniziato, a sua volta, lo sciopero della fame. Lo ha fatto perché il digiuno di suo fratello sia visibile a tutti, come una sorta di rispecchiamento.
Da pochi mesi Alaa ha, oltre quella egiziana, la cittadinanza britannica, ma alle autorità consolari di Londra non è stato permesso di incontrare il prigioniero e accertarsi delle sue condizioni di salute e di vita in carcere. La famiglia parla di un accanimento delle autorità carcerarie e dei giudici nei confronti di Alaa, considerato la personalità più nota e influente della rivoluzione egiziana del 2011, nota come Rivoluzione di piazza Tahrir.
Come sta andando il digiuno a staffetta?
È un digiuno solidale a staffetta di 24 ore ciascuno, iniziato il 28 maggio da Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, e da me. Nel mio caso, la vicinanza alla vicenda di Alaa, che ho seguito da analista d’area da quindici anni in tutto il suo percorso, è dovuta anche al suo libro. “Non siete stati ancora sconfitti”, quello che io chiamo il “libro di Alaa”, contiene la selezione di scritti curata da un collettivo di familiari e amici. Ho deciso di pubblicarlo lo scorso autunno nella collana che dirigo nella casa editrice hopefulmonster, con la traduzione dall’arabo in italiano di Monica Ruocco.
Oltre centoventi persone hanno aderito al digiuno solidale. È un gesto che può sembra debole, e lo è nelle sue modalità. Fa però parte di una pratica politica che in Italia è stata importante, alla fine del Novecento. Una pratica di pressione, e allo stesso tempo l’affermazione di una presenza e di una richiesta. L’Italia non è solo l’Italia dei governi, è anche quella delle persone e della società civile.
Nell’attuale situazione di “corteggiamento” del governo egiziano da parte delle potenze europee quali sono le speranze che le voci della società civile vengano ascoltate?
Non sono tante, ovviamente. Parafrasando Alaa, però, “non siamo stati ancora sconfitti” neanche noi. Digiunare in solidarietà, compiere altre azioni pubbliche dice che una comunità può premere sui governi, mostra che “il re è nudo”, afferma che la politica internazionale è anche altra cosa. Soprattutto, questi gesti politici pubblici sono necessari per dire che la politica internazionale staccata da una politica attiva di rispetto dei diritti ha fiato corto. Lo dimostra in modo chiaro la posizione europea nei confronti della Russia retta da un autocrate come Vladimir Putin, negli anni precedenti all’invasione russa dell’Ucraina. Non abbiamo posto condizioni a Putin, e ora cerchiamo gas naturale dove ce lo possono vendere, senza condizionarlo – anche stavolta – al rispetto dei diritti umani.
Cosa può fare la persona comune per appoggiare questo ed altri casi simili?
Conoscere la situazione, informarsi su fonti serie, e fare. Non pensare mai che il caso di Alaa e delle decine di migliaia di prigionieri nelle carceri egiziani non ci riguardi. Anche privarsi del cibo per un giorno, un gesto inerme e disinteressato, mostra la crudeltà di quello che succede al Cairo.
Chi volesse aderire al digiuno a staffetta può contattarci a info@invisiblearabs.com