Ormai lo sappiamo: arriva sempre in anticipo. Quest’anno sarà il 28 luglio l’Earth Overshoot Day mondiale, cioè il giorno in cui saremo di nuovo, ufficialmente, in debito con Madre Terra. Come ci spiega da anni – credo con un po’ di rassegnazione, dati i risultati – il Global Footprint Network, da quel giorno avremo finito le risorse naturali che la Terra ci mette a disposizione e cominceremo a usare quelle del 2023. Si trattasse di una banca – e noi fossimo clienti – il Pianeta ci avrebbe già chiuso il conto. Siamo debitori ostinati e compulsivi, capaci di consumare risorse senza trovare un minimo di rimedio.
Il Global Footprint Network, che, ricordiamolo, è una organizzazione indipendente, fondata nel 2003, originariamente con sede negli Stati Uniti, in Belgio e in Svizzera, ci spiega che è come se l’umanità avesse deciso di avere a disposizione 1,75 pianeti. In pratica, sperperiamo le risorse essenziali: aria, acqua, terra, minerali, che non riescono a riprodursi e rigenerarsi nei tempi troppo rapidi che abbiamo per vivere. La nostra impronta ecologica è devastante per il Pianeta, che non riesce a “starci dietro”. I dati misurati su scelte alimentari, quantità di rifiuti prodotti, superficie di suolo occupata, beni prodotti e acquistati, energia consumata, anidride carbonica emessa, indicano l’incapacità strutturale nel trovare rimedio. Soprattutto, l’Overshoot Day mostra quanto profonde siano le ingiustizie, con una folle distribuzione della ricchezza. Non tutti, infatti, consumano nello stesso modo: gli Stati Uniti usano, per vivere, 5,1 Terre l’anno, l’Australia 4,5, la Russia 3,4. L’India, che ha una popolazione di più di un miliardo di esseri umani, si ferma a 0,80 Terre in 12 mesi.
Il mondo è diseguale e ingiusto anche nell’inquinamento. Quello che distribuisce equamente sono i danni. L’allarme lanciato da anni sembra cadere nel vuoto. La nuova fase della guerra in Ucraina ha ulteriormente rallentato interventi e investimenti. In molti Paesi europei, la chiusura delle forniture di petrolio dalla Russia, sta portando a riattivare le centrali elettriche a carbone. La guerra stessa lascerà, come sempre, dannosi residui di sé nell’atmosfera e nel suolo. Insomma, alla fine del 2022, il Pianeta sarà in condizioni peggiori. Gli Stati – a dispetto delle promesse – non investono nella ricerca. Pensare all’energia rinnovabile o a soluzioni dal punto di vista dello sviluppo agricolo, dell’accesso semplificato all’acqua, dei trasporti a basso impatto è come pensare alla magia: bisogna crederci e sperare. I Paesi cosiddetti sviluppati, come quelli dell’Unione Europea, appaiono troppo occupati ad armarsi – con la crescita delle spese militari al 2% del proprio Pil – per trovare risorse da investire nella ricerca. I Paesi poveri, da parte loro, si sentono autorizzati a inquinare, visto che quelli già sviluppati lo hanno fatto per anni e sulla loro pelle.
Così, ci ritroviamo ogni anno ad anticipare la data dell’Overshoot Day, guardando agli accordi internazionali – Rio, Parigi, Glasgow – come a inutili pezzi di carta. Il tempo che ci resta – lo dice la scienza – è poco. Il Pianeta, prima o poi, ci presenterà il conto. Ci farà capire di poter andare benissimo avanti senza di noi.