A un anno dal sopralluogo poi fatto seguire da due esposti con istanza di sequestro del Centro di Permanenza per il Rimpatrio di via Corelli a Milano e i cui rilievi aveva raccolto in un report presentato anche in una conferenza stampa al Senato oltre che in varie università d’Italia, il senatore Gregorio De Falco ripete l’esperienza e rende pubblico un aggiornamento di quel report, scaricabile al link bit.ly/3RIqGUY
“Delle pene senza delitti. Istantanea del CPR di Milano – Un anno dopo” è il resoconto del lungo accesso a sorpresa effettuato lo scorso 29 maggio con la stessa delegazione del 2021, composta da una legale e un’interprete collegate alla rete Mai più Lager – No ai CPR, con l’aggiunta di un medico infettivologo esperto di medicina penitenziaria.
Anche in questo caso, il report ha seguito la presentazione di un esposto integrativo presso la Procura della Repubblica di Milano avente a oggetto le gravi violazioni riscontrate del diritto alla salute dei trattenuti e il mancato rispetto dei regolamenti ministeriali che impongono convenzioni, tuttora inesistenti, tra ATS e Prefettura di Milano per garantire visite di idoneità obiettive e l’accesso alla medicina specialistica pubblica.
Come denunciato dal report, l’accesso, sollecitato dalle allarmanti notizie, poi riscontrate, circa la presenza di malati con gravi problemi psicofisici lasciati prive di cure, ha dovuto registrare il comportamento ostruzionistico del gestore privato (a sorpresa, diverso dal vincitore della gara di appalto: Martinina S.r.l., anziché Engel Italia S.r.l.): questi ha infatti rifiutato la consegna di qualsiasi documentazione e soprattutto quella delle cartelle cliniche ai trattenuti stessi – che in più di un caso ne avrebbe consentito il rilascio – i quali avevano delegato il senatore per il ritiro.
Ciononostante, la delegazione, grazie ad approfonditi colloqui con le persone trattenute nei loro moduli abitativi e grazie ai successivi contatti con i loro legali (per chi ne aveva uno), ha potuto accertare sia il mancato accesso agli strumenti di difesa legale sia gli effetti deleteri dell’accentramento della cura della salute in capo allo scarno ambulatorio interno del gestore imprenditore privato, il quale in quanto tale ha quale preminente priorità quella del profitto.
Con l’inevitabile conseguenza che anche la gestione sanitaria costituisce solo uno dei tanti servizi gravanti sul bilancio di quest’ultimo, tagliando i quali è troppo facile trarre profitto, complice l’assenza di qualsiasi controllo esterno, neppure della stessa Prefettura appaltante. Analogo discorso vale per l’attività di informazione dei trattenuti circa i loro diritti, quella di mediazione culturale, quella di assistenza psicologica, gli approvvigionamenti di farmaci, cibo e beni per l’igiene e la biancheria e la manutenzione delle celle e dei servizi comuni: tutti impegni in appalto gravemente inadempiuti.
A distanza di un anno, il report del senatore De Falco constata dunque il puntuale e sistematico riproporsi della medesima drammatica situazione, a Milano come da sempre in tutti i CPR. Si direbbe dunque che sia proprio l’istituto della detenzione amministrativa di per sé a creare luoghi inevitabilmente patogeni, con la sua caratteristica strutturale di delega cieca al privato senza controllo, con la tipica conformazione repressiva tra carcere di massima sicurezza e ospedale psichiatrico, con la presenza incombente delle forze dell’ordine, con l’abuso indotto e dilagante di sedativi, insieme al costante e perseguito svilimento della persona.
Lo dimostrano d’altronde i quotidiani tentativi di suicidio in via Corelli come negli altri 10 CPR di Italia e gli atti di autolesionismo persistenti e diffusi, ma soprattutto gli oltre trenta morti di CPR dall’avvio della detenzione amministrativa, dal 1998 ad oggi, dei quali tre solo nell’ultimo anno.
La considerazione poi che tale severa privazione della libertà personale senza neppure le garanzie minime previste dall’ordinamento penitenziario (e la – per fortuna – sempre meno correlata odiosa pratica della il deportazione forzata in Paesi con i quali non si ha più alcun legame) sia inflitta per sanzionare il mero illecito amministrativo della perdita o della mancata acquisizione di un titolo di soggiorno che la legge neppure consente di acquisire, si sviluppa infine nelle conclusioni del report con una riflessione sull’ipocrisia di fondo dell’istituto e dell’intero sistema attuale di politiche dell’immigrazione italiane ed europee, del quale i CPR rappresentano un’aberrante degenerazione.
La conclusione inevitabile è quella dell’incompatibilità di tale forma di razzismo istituzionale con una società che voglia definirsi rispettosa dei diritti umani e della dignità stessa della persona.
L’invito è quindi, tanto per cominciare, quello a invertire la rotta e infrangere quello che non deve essere più considerato un tabù: i CPR possono e devono essere chiusi.
Rete Mai più Lager No ai CPR