Nel 2011 con un piccolo gruppo di avvocati e attivisti presentammo una denuncia alla Procura di Palermo sul caso-Khlaifia. In pochi mesi la Procura decise l’archiviazione. Successivamente tre cittadini tunisini che erano stati trattenuti illegalmente a Lampedusa fecero ricorso e la Corte europea dei diritti dell’uomo dette loro ragione, anche se in appello la Grand Chambre ridusse la portata della condanna dell’Italia (vedi archiviodpc). Da allora a Lampedusa, nel centro Hot spot di Contrada Imbriacola, nulla è cambiato e non hanno neppure ripristinato i locali devastati dagli incendi scoppiati nel corso degli anni. Adesso mancano pure i mediatori linguistico-culturali e il Centro è militarizzato, come mai in passato.
Chi ha distrutto il sistema di accoglienza in Italia, con i decreti Salvini, dopo i tagli operati da Minniti, non può sostenere oggi che le responsabilità sono dei troppi immigrati che arrivano. Quando non annegano, o non vengono sequestrati dalla sedicente Guardia costiera libica assistita anche dai velivoli di Frontex.
Persone che fuggono dagli orrori di una Libia con cui si mantiene un Memorandum d’intesa firmato da Gentiloni nel 2017, prorogato nel 2020 ma ormai superato dai fatti. Persone che vengono trattate come spazzatura. O che contano soltanto come numeri. Pedine di un gioco imbastito sulla loro pelle.
Prima che le destre, di governo e di opposizione, tornino ad utilizzare Lampedusa
come un manifesto delle loro campagne elettorali, occorre che qualche autorità dello Stato ripristini lo stato di diritto su un isola nella quale gli sbarchi e le misure di trattenimento forzato rimangono gestiti in base a criteri meramente discrezionali della prefettura di Agrigento e del Ministero dell’interno.
Le leggi dello Stato, come gli articoli 13, 24 e 32 dalla Costituzione italiana, valgono anche a Lampedusa? È troppo sperare che intervenga la Procura di Agrigento, dopo fatti di malaccoglienza ormai provati, notori e cronici, che costituiscono vere e proprie notizie di reato?
Come cittadini questa volta è difficile sperare che le nostre denunce trovino ascolto in Italia. E purtroppo i tempi cambiano ed anche la Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha verificato il comportamento dell’Italia dopo la condanna sul caso Khlaifia, accettando quanto esposto dal governo italiano, non lascia troppo spazio per sperare in altre sentenze di condanna. Forse occorrerebbe lavorare per una grande mobilitazione civile e per una continua denuncia sui media, anche internazionali, di quanto avviene e viene nascosto, a Lampedusa e nel Canale di Sicilia. Perché non si usano le navi militari, che ora si impiegano tardivamente nei trasferimenti, per fare soccorsi in acque internazionali e sbarcare direttamente i naufraghi in altri porti sicuri in Italia, saltando (e salvando) Lampedusa? Con l’attuale frequenza degli sbarchi “autonomi”, se non si ripristina un sistema pubblico di soccorso in acque internazionali e se non si ritorna a trasferimenti rapidi dalla prima accoglienza a centri di accoglienza diffusi sul territorio, Lampedusa non potrà reggere a lungo arrivi che in assoluto sono ancora inferiori a quelli che si verificano dal 2015 al 2017.
Danno la colpa ai trafficanti ed alle Ong che salvano troppe vite in mare, in realtà una parte minima di migranti che sbarcano sulle coste siciliane, mentre la maggior parte arriva ‘in autonomia”. Ma non hanno una politica per gestire gli sbarchi in Sicilia, in un momento in cui Russia e Turchia sono sempre più presenti nei paesi della sponda sud del Mediterraneo ed hanno a disposizione milizie che controllano i porti e le coste dalle quali i trafficanti, dopo avere inflitto estorsioni ed abusi gravissimi, lasciano partire migliaia di persone.
E ancora non abbiamo visto niente, il peggio deve ancora arrivare a Lampedusa, e non solo. Salvini pur restando al governo, parla della Meloni, capo dell’opposizione di destra, come prossimo ministro dell’interno. Qualcuno forse si sta già preparando. Altri le stanno spianando la strada con la loro incapacità di decidere