“Inizio a sentirmi non libero” è stato il commento di Patrick Zaki, dopo l’ennesimo rinvio dell’udienza al 27 settembre.
Il 7 dicembre era stato scarcerato in attesa della sentenza definitiva, ma non è libero come molti credono.
Di rinvio in rinvio attende una sentenza che potrebbe portarlo a una condanna fino a 5 anni, sentenza che secondo la legge di emergenza (ancora vigente per i processi in corso) sarà inappellabile; solo al Presidente al-Sisi spetterà la parola definitiva.
Patrick non può lasciare il Paese fino alla fine del processo. Non può continuare gli studi in presenza, non può tornare a Bologna fino a che non sarà tolta questa spada di Damocle che incombe sul suo futuro e quello della sua famiglia, un monito per noi che chiediamo la sua liberazione e per tutti i giovani egiziani che studiano all’estero.
Come Station To Station, nel gennaio 2021 lanciammo la petizione con oltre 310mila firme per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana a Patrick. Da allora non abbiamo cessato di mobilitarci per sensibilizzare gli italiani sulla sua sorte e sul rispetto dei diritti umani in un Paese così vicino a noi, in cui tanti amano trascorrere le vacanze e con cui intensi sono gli scambi commerciali.
Sappiamo quanto la nostra, come le tante mobilitazioni, abbiano reso più sicura la sua permanenza nel carcere di Tora, gli abbiano risparmiato ulteriori vessazioni e torture in quel luogo di dolore.
Il 7 luglio 2021 consegnammo le firme della petizione, nel frattempo divenuta europea, nelle mani del Presidente Sassoli, che ci accolse con viva partecipazione a Strasburgo, durante la prima plenaria in presenza.
La mattina stessa alla Camera fu approvata la mozione Sensi-Quartapelle: il documento impegnava il governo “ad avviare tempestivamente, mediante le competenti istituzioni, le necessarie verifiche al fine di conferire a Patrick George Zaki la cittadinanza italiana”.
È passato un anno e come in un romanzo di Kafka nessun segno giunge dal palazzo. Così il 7 luglio 2022 abbiamo richiesto esplicitamente, dagli studi del TGR Emilia Romagna, un incontro con chi ci potesse dare informazioni sullo stato dell’iter per riconoscere la cittadinanza italiana a Patrick.
In attesa di avere una risposta, domenica 17 luglio leggiamo con piacere di questa iniziativa, sempre degli onorevoli Sensi, Quartapelle e altri indirizzata al PdC Mario Draghi: “(..) come parlamentari facciamo seguito a un’analoga iniziativa presa da senatori e deputati americani e britannici nei loro Paesi e chiediamo che il governo italiano si impegni con tutte le forze affinché le autorità egiziane esonerino Patrick Zaki dal divieto di lasciare il suo Paese che ancora grava sulla sua persona.” E ancora “In attesa del riconoscimento della cittadinanza per Patrick Zaki, chiediamo assieme a un gruppo di parlamentari, deputati e senatori, che il governo faccia ogni sforzo con le autorità egiziane per consentirgli di poter viaggiare, escludendolo dalla lista che gli vieta di lasciare l’Egitto, perché possa tornare ai suoi studi a Bologna.”
“Grazie Filippo Sensi, aiutami a tornare in Italia” la risposta twittata da Patrick Zaki.
Sollecitati da questa richiesta, a supporto della stessa, lanciamo una petizione con le stesse motivazioni, convinti che una spinta della società civile possa dare concretamente un aiuto al decisore affinché agisca e lo faccia in fretta.
Un anno è trascorso invano; le mozioni per la cittadinanza approvate dal Parlamento si sono forse perse in fondo a un cassetto? Se la diplomazia ha un potere è giunto il momento di dimostrarlo.
Chiedete con determinazione di lasciare che Patrick torni a studiare a Bologna, lasciate che Patrick torni a volare.
Let Patrick fly free now!
Station to Station.
Link per firmare la petizione.