«In base alla decisione del governo del Kosovo, vi ricordiamo che dal 1 agosto 2022, ogni persona che attraversa il confine di stato della Repubblica del Kosovo con un documento di identità rilasciato dalle autorità serbe riceverà un documento di ingresso/uscita»: così si legge nell’annuncio delle autorità kosovare.
Il modulo di dichiarazione sarà rilasciato per ogni attraversamento e avrà una validità di novanta giorni a partire dalla data di rilascio; inoltre, sarà rilasciato anche ai bambini (minori di 16 anni), sprovvisti di carta di identità, purché muniti di certificato di nascita con fotografia.
In pratica, le nuove regole di ingresso si applicheranno per i cittadini che intendono entrare in Kosovo con una carta di identità serba: chiunque abbia solo una carta di identità rilasciata dalla Repubblica di Serbia riceverà un «documento di ingresso/uscita» all’entrata nella regione, sulla base di quanto annunciato dalle autorità kosovare il 29 luglio.
La decisione riguarda anche i veicoli dal momento che prevede che quanti guidano auto con targa serba delle città del Kosovo saranno tenuti a cambiarla con targhe kosovare; una decisione che finirà per avere un impatto soprattutto sui veicoli targati KM (Kosovska Mitrovica), numerosi soprattutto nel Kosovo del Nord. Resta, per i veicoli con targa serba di città al di fuori del Kosovo, il già in vigore «regime degli adesivi» per l’accesso.
Un accordo controverso
In Kosovo circolano diverse targhe: targhe KS (Kosovo) – le cosiddette «targhe neutre»; targhe RKS (Repubblica del Kosovo) – emesse dalle istituzioni del Kosovo, non riconosciute e non valide in Serbia; targhe KM, PR, UR e simili – emesse dalla Serbia per le città del Kosovo abitate prevalentemente da serbi, che, secondo la nuova decisione delle autorità kosovare, saranno reimmatricolate adeguandole con i controversi contrassegni RKS; infine, le targhe con le sigle delle città serbe emesse dalla Serbia; il «regime degli adesivi», secondo l’ultima decisione delle autorità kosovare, sarà valido, appunto, per queste ultime, fino al prossimo 31 ottobre.
Il regime di validità delle targhe è legato agli accordi approvati nel processo negoziale, noto come «dialogo Belgrado-Prishtina», mediato dall’Unione Europea; il Kosovo, infatti, non è uno stato riconosciuto dalla comunità internazionale in quanto tale e, oltre a non essere riconosciuto, insieme con la Serbia, da Russia e Cina, non è riconosciuto neanche da cinque Paesi membri della UE, quali Spagna, Romania, Slovacchia, Grecia e Cipro.
Belgrado e Prishtina hanno firmato l’accordo sulla libertà di movimento nel 2011: prevede che i cittadini possano attraversare la linea di transito amministrativa tra la Serbia centrale e il Kosovo con una semplice carta d’identità e un documento di «ingresso/uscita» rilasciato al punto di transito; che i cittadini di ciascuna parte acquistino un’assicurazione del veicolo per viaggiare nel territorio dell’altra parte; che le patenti di guida siano reciprocamente accettate; che la validità delle targhe KS sia prorogata per un periodo iniziale di cinque anni e le targhe RKS siano sostituite con quelle temporanee all’ingresso in territorio serbo.
Nei comuni del Kosovo del Nord (Kosovska Mitrovica, Leposavić, Zvečan e Zubin Potok), abitati in ampia maggioranza dai serbi, sono state spesso mantenute targhe serbe; la Serbia ha accettato le targhe KS mentre le targhe RKS, non riconosciute, devono essere sostituite all’ingresso in Serbia; nel 2016 è stato poi introdotto il già ricordato «regime degli adesivi» con cui coprire le diciture delle targhe non riconosciute con adesivi.
Una nuova escalation di tensione
La decisione delle autorità kosovare ha suscitato reazioni, polemiche e proteste.
Secondo quanto riferito da Albin Kurti, capo dell’autogoverno kosovaro, «quando si parla di diritto e giustizia, e quindi di sovranità dello Stato, bisogna anche parlare di reciprocità».
Secondo il presidente serbo, Aleksandar Vučić, le autorità kosovare fanno riferimento all’accordo sulla libertà di circolazione, il cui punto 3 afferma che entrambe le parti possono scegliere quali documenti debbano utilizzare i cittadini di Paesi terzi per attraversare la linea amministrativa. «Dall’accordo è chiaro che il divieto non si applica ai serbi del Kosovo del Nord, ma alle persone in transito».
Precisamente, il punto 3 prevede che «ciascuna parte può applicare un sistema per cui le carte di identità siano accompagnate da documenti di entrata/uscita per le persone dell’altra parte che desiderino transitare in un Paese terzo». Lo stesso Vučić ha dichiarato che «Prishtina afferma che non ci sono più targhe KS, per affermare di essere un Stato sovrano». Intanto, nella giornata di domenica 31 luglio, i cittadini serbi delle località del Kosovo del Nord hanno bloccato la strada principale di accesso, in segno di protesta per la decisione presa, con veicoli e camion, non lontano dal valico di Jarinje, secondo quanto riferito dai media.
Le autorità locali hanno confermato che i valichi di Jarinje e Brnjak sono stati chiusi al traffico.
Proprio a seguito delle proteste, le autorità kosovare hanno annunciato che l’attuazione delle misure è rinviata di un mese. La missione KFOR-NATO aveva comunicato di essere «pronta a intervenire se la stabilità è compromessa, in conformità con il suo mandato, derivante dalla risoluzione del Consiglio di Sicurezza 1244 del 1999».