Resta sorprendente con quali occhi il Mondo, almeno il nostro Mondo, quello che ci circonda quotidianamente e che noi abitiamo, guardi all’eterna occupazione militare dei territori palestinesi da parte di Israele.
Riassumiamo quanto accaduto con l’operazione Breaking Dawn, “Alba Nascente”, prima del cessate il fuoco del 7 agosto. Per tre giorni, l’aviazione israeliana ha costantemente attaccato e bombardato la striscia di Gaza, un pezzo di terra di 365 chilometri quadrati, che da decenni imprigiona – letteralmente, non è una metafora – quasi due milioni di palestinesi. Il bombardamento era stato preparato tagliando le forniture di elettricità al territorio, rafforzando la presenza militare ai confini e dichiarando il coprifuoco. Le bombe israeliane sono arrivate con l’obiettivo di colpire i dirigenti della Palestinian Islamic Jihad (Pij), in realtà molto più forte a Nord, in Cisgiordania. I palestinesi hanno risposto agli attacchi lanciando su Israele centinaia di razzi, quasi tutti intercettati dal sistema antimissilistico di Tel Aviv. Sul campo, alla fine, si sono contati 3 feriti da parte israeliana. Da parte palestinese il bilancio è molto più drammatico: 45 morti, di questi 16 sono bambini, più di 360 feriti, 1.600 residenze distrutte e migliaia di sfollati.
Questa brevemente la storia dell’ennesimo capitolo di questa guerra iniziata nel 1948. Capitolo scritto – lo dicono osservatori, agenzie internazionali, cancellerie – da un governo israeliano in crisi, costretto ad affrontare le urne per la quinta volta in poco più di tre anni e quindi alla disperata ricerca di consensi.
Sarebbe un problema di politica interna, quindi, quello che fa morire migliaia di palestinesi. Questo è possibile, lo sappiamo, è successo ancora e altrove. E’ una scelta che lascia sgomenti per il cinismo, ma è una scelta che diventa eternamente possibile – appunto – per il modo che tutti abbiamo di guardare a quanto accade.
Cerco di spiegarmi: da sette decenni, il comportamento di Israele nei confronti dei palestinesi è in tutto e per tutto simile a quello che – ad esempio – hanno Putin e la Russia nei confronti dell’Ucraina. Putin ha attaccato e invaso i territori di Kiev. Gli israeliani hanno attaccato e invaso i territori dei palestinesi.
Se è vero – e io credo fortemente che lo sia, perché questo abbiamo deciso nel 1948 come comunità internazionale – che Israele ha diritto di esistere, è altrettanto vero, sulla base del medesimo diritto, che non ha alcuna ragione di occupare militarmente e tenere con la forza terre che non sono sue. E’ esattamente quello che contestiamo a Putin nel Donbass, tanto da avere messo in campo ogni sorta di strumento per fermarlo.
Con Israele no, non facciamo nulla. Noi europei – bravi in questo – ci scandalizziamo a intervalli regolari, alziamo la voce, ma evitiamo di prendere provvedimenti utili ad affermare il diritto dei palestinesi ad una vita in pace nella loro terra. Rosi dai sensi di colpa per quanto permesso al nazifascismo con la Shoah, piegati all’interesse di avere un “alleato affidabile” nel Vicino Oriente e sul Mediterraneo, convinti dell’utilità di un ulteriore argine all’espandersi dell’integralismo islamico, consentiamo a Israele di violare in ogni modo i diritti umani di milioni di individui. Lo facciamo consolandoci con il pensiero che Israele “è una democrazia”.
Ed è questo pensiero che dovrebbe renderci ancora più sgomenti: Israele è diventata la prova costante di come una democrazia svuotata del senso e della meccanica dei diritti umani si trasformi, diventando pericolosa. Utile solo a coprire i tratti di un autoritarismo subdolo, militarista e un po’ fascista.