Nelle prime ore del mattino del 7 marzo 2022, le forze di occupazione israeliane (IOF) hanno preso d’assalto la casa del difensore dei diritti umani e avvocato di Addameer Salah Hammouri a Kufr Aqab, arrestandolo arbitrariamente e trasferendolo nella prigione militare israeliana di Ofer.
Salah Hammouri, 36 anni, è un gerosolimitano palestinese-francese, difensore dei diritti umani di lunga data (HRD), avvocato ed ex prigioniero politico.
Nel corso degli anni, Salah è stato incessantemente preso di mira dalle autorità di occupazione israeliane, sottoposto ad arresti arbitrari, detenzione amministrativa senza accusa né processo, multe esorbitanti, divieti di viaggio contro di lui e la sua famiglia, la deportazione di sua moglie e della cittadina francese Elsa Lefort e, più di recente, la revoca illegale della sua residenza permanente e l’espulsione forzata da Gerusalemme il 18 ottobre 2021.
Inoltre, l’8 novembre 2021, un’indagine di Front Line Defenders condotta in collaborazione con Citizen Lab e Security Lab di Amnesty International ha rilevato che Salah Hammouri era stato uno di sei HRD palestinesi hackerati dal famigerato spyware Pegasus del gruppo israeliano NSO.
Per questo, Salah Hammouri è emerso come uno dei casi più importanti dell’occupazione israeliana e delle sistematiche molestie e persecuzioni del regime dell’apartheid nei confronti dei difensori dei diritti umani palestinesi.
Il suo caso è stato messo in evidenza nel rapporto storico di Amnesty International che dimostra i crimini di apartheid commessi da Israele, in particolare la pratica illegale del trasferimento forzato della popolazione, le deportazioni e l’ingegneria demografica.
Allo stesso modo, il 3 marzo 2022, durante la revisione del quinto rapporto periodico di Israele sulla sua attuazione del Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR), il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha preso atto del caso di Salah indicando l’allarmante politica arbitraria di residenza di Israele revoca basata sulla “violazione della fedeltà” al controllo della composizione demografica di Gerusalemme.
Tuttavia, e al momento del suo ultimo arresto, Salah continua a condurre una battaglia legale sfidando la sua revoca della residenza illegale. Il consiglio di difesa di Salah, rappresentato da HaMoked for the Defense of the Individual e Adv. Leah Tsemel ha presentato ricorso contro la revoca della residenza, insieme a una petizione per sospendere le procedure associate alla revoca della residenza, in particolare il divieto di viaggio e l’interruzione della previdenza sociale e delle prestazioni assicurative della residenza.
Ciononostante, l’Alta Corte israeliana il 26 dicembre 2021 ha respinto i ricorsi presentati per sospendere le procedure di revoca della residenza. Il 24 febbraio 2022, anche il procuratore generale israeliano, in risposta all’Alta Corte, ha raccomandato di respingere il ricorso, citando “informazioni segrete” fornite dal ministero dell’Interno israeliano in cui si affermava che Salah Hammouri rimaneva una “minaccia alla sicurezza”. Il rifiuto e l’uso di “informazioni segrete” rispecchia in particolare la pratica di detenzione amministrativa dell’occupazione israeliana, che pone i palestinesi in detenzione a tempo indeterminato senza accusa né processo. Inoltre, la recente criminalizzazione arbitraria e generalizzata da parte del regime di occupazione israeliano di sei importanti organizzazioni della società civile palestinese, tra cui Addameer, nell’ottobre 2021, si basava ugualmente sulla negazione del giusto processo e sull’uso di presunte “prove segrete”.
Inoltre, alla luce della scoperta dello spyware Pegasus sui dispositivi di sei difensori dei diritti umani palestinesi, diverse ONG, tra cui la Federazione internazionale per i diritti umani (FIDH), hanno esortato l’Unione europea a inserire la NSO nel suo regime di sanzioni globali per i diritti umani; tra gli altri, FIDH e Salah Hammouri hanno pianificato di presentare una denuncia congiunta in Francia contro il gruppo NSO, alla luce delle violazioni contro di lui in quanto cittadino francese.
In mezzo a procedure legali e advocacy che sfidano le gravi violazioni del regime di occupazione israeliano che equivalgono a crimini di guerra e al crimine di apartheid, il caso di Salah è stato sempre più messo in luce nei forum internazionali da istituzioni internazionali, ONG, organizzazioni per i diritti umani e Stati parti. Per questo, le autorità di occupazione israeliane hanno sistematicamente molestato e preso di mira Salah, un palestinese difensore dei diritti umani, per reprimere il suo diritto alla libertà di espressione e delegittimare e screditare il suo lavoro di difensore dei diritti umani.
Non è sufficiente che gli attori internazionali si limitino a rilasciare dichiarazioni; l’inerzia da parte della comunità internazionale e degli Stati, inclusa la Francia, di cui Salah Hammouri ha la doppia nazionalità, continua a prestare una totale impunità all’occupazione israeliana e al regime dell’apartheid mentre intensifica i suoi attacchi alla società civile palestinese e ai difensori dei diritti umani. Chiediamo agli Stati, alle istituzioni internazionali e a tutte le terze parti di intraprendere azioni concrete contro le continue molestie e criminalizzazione da parte delle autorità di occupazione israeliane dei difensori dei diritti umani palestinesi e della società civile e di chiedere il rilascio di Salah Hammouri e di tutti i prigionieri politici palestinesi detenuti arbitrariamente in prigioni israeliane.
AssopacePalestina
La lettera di Salah Hammouri
Fino a quando mi porterò addosso il numero 1124052?
Di Salah Hammouri, avvocato franco – palestinese dal carcere di Ofar
Fino a quando rimarremo numeri? Oggi, e da 21 anni, porto il numero 1124052. Il numero che mi identifica presso la cosiddetta “Amministrazione Carceraria”. Il numero che mi accompagna da quando nel 2001, ancora bambino, sono stato arrestato.
Questo numero è il nostro codice a barre… che contraddistingue noi tutti, arrestati più di una volta. Con questo numero addosso ci sentiamo “prodotti” per le carceri, merce umana che può essere consumata in ogni centro per gli interrogatori, in ogni prigione, in tempo di pace e in tempo di guerra, prima della “guerra fredda” e dopo la guerra di logoramento, ai tempi di Oslo e dopo l’Intifada … L’unica costante è che la merce umana, nelle carceri, non ha una data di scadenza.
L’occupazione israeliana non ci vede né ci tratta come esseri umani, persone che hanno diritto a vivere come tutti… E fa qualsiasi cosa per rovinare quella semivita che viviamo fuori dalle mura delle carceri… Fra un arresto e l’altro, a malapena assaporiamo i momenti di vita e di gioia, abbiamo paura di esagerare nel godere della felicità e di una vita stabile, perché temiamo il prossimo shock…Non abbiamo il coraggio sufficiente per programmare un futuro comunque lontano, per paura dell’inevitabile delusione. … Un clima di tensione e di incertezza avvolge noi e tutto quanto ci circonda.
E – ironia della sorte – dal momento in cui entriamo in carcere, i nostri sogni diventano sempre più straordinari e grandiosi. Iniziamo col rimpiangere ogni istante di gioia e di felicità che non ci siamo goduti quando eravamo liberi. E, a un certo punto, ci sorprendiamo a ritenere possibile che, una volta liberi, i sogni che oggi facciamo a occhi aperti si sovrappongano alla realtà che ci siamo lasciati alle spalle… La sola spiegazione possibile di questo fenomeno è che per noi il mondo si sia fermato nel momento in cui ci hanno arrestati. E così ci costruiamo un mondo immaginario, una realtà fatta di sogni…Ma la cosa più dura e dolorosa è renderci conto che tanto più magnifici sono i nostri sogni quanto più misera è la nostra realtà… e il sogno della libertà, di una donna, degli amici e della famiglia si scontra in pochi attimi con la nostra amara situazione: scopriamo che il massimo delle nostre aspirazioni, di noi prigionieri, è che il secondino, quando alle sei in punto arriva l’ora della chiusura delle celle, si dimentichi di noi per cinque minuti. O che uno di noi riesca a captare, trasmessa da una radio, una canzone che gli ricordi i bei giorni vissuti fuori dalle mura del carcere.
Il posto peggiore in cui può essere messo un essere umano è la prigione: un luogo che non ha pari al mondo, che ci fa a pezzi e fa a pezzi i nostri sogni, le nostre aspirazioni e le nostre speranze, proprio come l’oliva viene schiacciata nel frantoio. La cosa che più detesto comunque è l’attesa, una sensazione che in prigione cresce a dismisura dentro di me. Il logoramento creato dall’attesa in prigione è simile, fuori dal carcere, al deterioramento del globo terrestre causato dal riscaldamento globale.
Ma in questi giorni mi si è affacciata alla mente una domanda pressante: se detesto questa situazione di attesa, ora che mi trovo a pochi chilometri dal mio paese, dalla mia libertà e dalla mia città, Gerusalemme, come sarà mai l’attesa qualora accettassi volontariamente di essere allontanato dal mio paese?
Sono ben consapevole che il mio amore per il mio paese è un amore unilaterale che non mi porta altro che dolore, sofferenze e perdite. Questo amore mi ha derubato degli anni più belli della mia vita, mi ha derubato della mia adolescenza e della mia giovinezza e mi ha fatto molto più vecchio della mia età… Ma, nonostante tutto, ne sono innamorato. Certamente per il nostro paese abbiamo speso tutto quanto abbiamo… ma lui ci chiede ancora di più. Per la maggior parte della gente questo è un “gioco a somma zero” … Lo capisco, ma per me la vita, quella vera, consiste nel trovarmi sul treno della libertà con i suoi sacrifici… Non certo fermo in una stazione, nell’attesa che qualcuno costruisca per noi la libertà.
Salah Hammouri
3/07/2022
Carcere di Ofar
Traduzione di Piera Redaelli