Gli studi sulle disparità territoriali e su un Sud che non è più in grado di garantire ai propri cittadini i servizi essenziali ormai si sprecano.
Ultimo in ordine di tempo quello della Banca d’Italia che, seppur con un linguaggio felpato tipico di questa istituzione, certifica ancora una volta che i Comuni del Mezzogiorno sono in grado di garantire molti meno servizi rispetto a quelli del Nord del Paese.
Qui il contributo della Banca d’Italia.
Insomma, chi vive nei Comuni del Sud d’Italia non ha gli stessi diritti di chi risiede al Nord.
Nelle conclusioni del rapporto della Banca d’Italia (a pagina 39) si legge: “la scarsa autonomia tributaria e l’elevata dipendenza erariale che storicamente caratterizzano i Comuni del Mezzogiorno, unitamente all’elevato grado di rigidità della spesa, hanno contribuito ad aggravarne le condizioni di bilancio, più intensamente che nel resto del Paese.
Ne è conseguita una minore capacità di spesa per i servizi connessi ai bisogni primari della collettività.
Quasi la metà degli enti meridionali si caratterizza infatti per un livello di servizi offerti, connessi alle funzioni fondamentali, inferiore a quello che sarebbe necessario in base alle caratteristiche territoriali, agli aspetti demografici, socio-economici e morfologici dei loro territori.
Sono in particolare i grandi Comuni meridionali che si caratterizzano per un’offerta di servizi inadeguata rispetto a quella che sarebbe teoricamente richiesta”.
Aggiungendo che “il minor livello di competenze possedute dal personale degli enti del Mezzogiorno, associato ad altri fattori di carattere strutturale e a una minore disponibilità di risorse finanziarie hanno inoltre inciso negativamente sulla capacità di realizzazione dei programmi di investimento, che appare inferiore rispetto al resto del Paese”.
Pochi inconfutabili dati dimostrano il crac che si sta vivendo nei Comuni del Sud: nel 2020 il 13% degli enti del Mezzogiorno, con il 26% della popolazione dell’area, era in stato di dissesto finanziario o aveva in corso una procedura di riequilibrio economico (pre-dissesto), mentre un ulteriore 4% mostrava condizioni di bilancio “strutturalmente deficitarie”.
Una situazione disastrosa che certamente non si riuscirà a superare con le misure che da un paio d’anni si vanno assumendo (stanziamento di risorse statali aggiuntive, potenziamento dei servizi sociali in generale e degli asili nido in particolare, processo di riequilibrio territoriale nella dotazione di infrastrutture attraverso la costituzione di un apposito Fondo perequativo e così via).
E come se tutto ciò non bastasse continua a rappresentare una concreta minaccia quella “secessione dei ricchi” evocata da Gianfranco Viesti che si profila all’orizzonte con l’autonomia regionale differenziata, che qualora attuata pienamente porterebbe ad avere nel nostro Paese “Cittadini di serie A” e “Cittadini di serie B”.
Qui è possibile scaricare gratuitamente il volume di Gianfranco Viesti: https://www.laterza.it/scheda-libro/?isbn=9788858136430.
La minaccia di spaccare il Paese e di affossare definitivamente il nostro Sud si fa molto più concreta in caso di vittoria delle destre il prossimo 25 settembre. Scongiurarla dipende soprattutto da noi!
Nei prossimi mesi dovrebbe intanto partire la raccolta di firme per una proposta di legge di riforma costituzionale di iniziativa popolare promossa da Massimo Villone e da un folto gruppo di docenti per rivedere gli articoli 116 e 117 della Costituzione.
Qui la nota illustrativa: https://www.carteinregola.it/wp-content/uploads/2022/06/Nota-illustrativa-DDL-costituzionale-riforma-Titolo-VGallo-Villone-e-altri.pdf.