Sono molte le considerazioni, non esplicitate pubblicamente, che abbiamo raccolto sotto traccia nella base della sinistra
Nella sinistra la sensazione che Draghi “s’è dato” come si dice in gergo, ovvero che abbia sparigliato le carte nella consapevolezza di cosa lo aspettava a settembre, è piuttosto diffusa.
Draghi ha peraltro attuato politiche tra le più odiate dalla sinistra: l’aumento della forbice sociale, l’elemosina dei bonus, la mancanza di politiche per il clima, di riqualificazione della scuola pubblica, della sanità pubblica, l’aumento delle spese militari e, inevitabile conseguenza, la repressione del dissenso.
Il fatto che siano state indette elezioni con così breve termine, con una campagna elettorale agostana, circostanze mai accadute nella storia d’Italia, lascia certamente presagire, anche questa opinione piuttosto diffusa nella base della sinistra, l’intenzione da parte di Mattarella di essere ancora il Presidente della Repubblica che nominerà il Presidente del Consiglio, di esercitare quindi le ampie prerogative che il Capo dello Stato ha in queste circostanze.
Sempre sotto traccia c’è l’opinione, anche questa più diffusa di quanto si pensi e non solo a sinistra, che dopo il 25 settembre assisteremo ad un Governo analogo a quello che abbiamo appena congedato. Per usare un’iperbole: un frullato di quelli con tutto dentro, tanto sani eh, ma dal sapore stomacante. Un’amara pozione magica che molto male farà alle fasce più disagiate, ma anche alla classe media, sempre meno tale, a quella fascia di artigiani e piccoli imprenditori che, letteralmente, non ce la fanno più.
A sinistra, da ciò che abbiamo percepito, in realtà sembra preoccupare molto di più un “inciucio” di larghe intese che un palese governo di (estrema) destra, il motivo è semplice: in caso di “Governo Meloni” o analoghi, si giocherebbe a carte scoperte. Un “inciucio” che sarebbe peraltro facile da mascherare: in sede di composizione del Governo basterà litigare ad arte, continuare a cambiare posizione. Con una situazione come quella attuale, di fatto drammatica per i cittadini, in un eventuale Governo di larghe intese nessun partito avrebbe la reale responsabilità dell’ulteriore “scatafascio” sociale.
Appare evidente che alla finanza globalizzata un governo di estrema destra, come quello che si profila nei sondaggi, crea preoccupazione: ricompatterebbe la sinistra, problema per loro non da poco. Inoltre c’è il PD che con l’ambigua faccia buona assolve egregiamente, lo fa da più di 20 anni, al compito di portare avanti politiche di destra tanto gradite a chi ha tutto l’interesse a creare un annichilimento socioeconomico delle classi deprivilegiate, un annichilimento però progressivo, senza proclami demagogici: quello della rana bollita, principio non a caso evocato da Noam Chomsky.
Il re però è sempre più nudo, la situazione socioeconomica italiana è ormai palesemente emergenziale, inevitabilmente la rabbia appare sempre più tangibile. Ecco che viene, con l’ambiguità che contraddistingue il PD, sventolato il pericolo dei fascismi, pericolo paventato (non a caso?) anche dalla grande stampa mainstream internazionale. Viene accoratamente chiesto l’ormai stucchevole e vetusto voto utile al grido di “al lupo”, favoletta oggettivamente sfruttata per troppi anni.
Per inciso: la legge elettorale con la quale votiamo è del PD.
A breve capiremo se e quanto questa analisi avrà fondamento.