La crisi politica e le elezioni del 25 settembre stanno rendendo evidente lo svuotamento sostanziale dei diritti rappresentanza, dei diritti sociali, dei diritti civili garantiti dalla nostra Costituzione. Il sistema elettorale, la scadenza elettorale in piena stagione estiva e i meccanismi perversi della comunicazione dominante, potrebbero privare milioni di cittadini del diritto di esprimere una rappresentanza politica, in grado di praticare una linea alternativa rispetto a quella dei partiti che si richiamano all’agenda neo-liberista ed atlantica di Draghi, o si propongono come espressione di una destra nazionalista che vorrebbe rimettere in discussione con una riforma costituzionale l’assetto democratico del paese. Si profila addirittura il rischio di un ritorno al nucleare, come fonte di approvvigionamento energetico, ed alla politica delle grandi opere, come il ponte sullo stretto di Messina, che daranno altri soldi pubblici alle grandi imprese ed alle mafie ancora presenti sul territorio.
Se ci sarà una disfatta del centro sinistra, questa disfatta non sarà imputabile ad altri se non ai due principali partiti, il Partito democratico, sempre più schiacciato sulle politiche atlantiste e favorevole alla prosecuzione degli aiuti militari all’Ucraina, ed i Cinque stelle, la cui collocazione internazionale appare sempre fluttuante, come si può riscontrare nelle decisioni assunte in Parlamento dal 24 febbraio ad oggi. Attendiamo ancora che da Conte venga una parola chiara sul superamento della NATO e sul rilancio del multilateralismo e del ruolo delle Nazioni Unite. Così come attendiamo un pronunciamento sul riconoscimento dello Stato della Palestina e sul sostegno a tutti i popoli oppressi da Stati che non rispettano i diritti umani, come nel caso della Turchia di Erdogan contro il popolo curdo.
Se si esaminano i punti di dissenso più recenti del movimento Cinque stelle rispetto all’agenda Draghi emerge chiaramente come le posizioni di Conte rimangano all’interno di una visione politica che ha permesso prima il governo con la Lega, e poi i due governi con il Partito Democratico, ed alla fine ancora una volta con la stessa Lega. Non si intaccano i poteri dei datori di lavoro privati, rimangono ancora i contratti a termine, e il richiamo alle “politiche attive” nel campo del lavoro non garantisce una effettiva ripresa dell’occupazione con assunzioni nel settore pubblico e con incentivi adeguati nel settore privato. Anche sul piano fiscale e sul terreno delle agevolazioni fiscali per i lavori di ristrutturazione, con poche differenze che si sono accentuate in vista della scadenza elettorale, si rimane nella logica di fondo del governo Draghi che puntava ad una conservazione dell’assetto fiscale esistente e ad un ridimensionamento dei contributi per le ristrutturazioni, senza un loro orientamento verso la riqualificazione energetica e la messa in sicurezza degli edifici più a rischio. Sulle politiche migratorie e sugli accordi con i paesi terzi che non rispettano i diritti umani, ancora a luglio, i Cinque stelle, come negli anni passati, hanno votato il rifinanziamento delle missioni militari in Libia ed in altri paesi di transito dei migranti in fuga da guerre, disastri ambientali, regimi dittatoriali. Il voto ai Cinquestelle, al di là del rilievo delle personalità di alcuni candidati, e della difesa del reddito di cittadinanza, che va comunque verso un ridimensionamento, non garantisce una vera svolta rispetto all’agenda Draghi. Questi i fatti, che vanno considerati oltre le promesse al vento che si stanno moltiplicando in queste settimane di campagna elettorale.
Unione popolare vuole dare voce a chi non ha diritto di parola e non vede garantiti né i diritti civili, né i diritti sociali. Diritti che potrebbero ridursi presto ad una mera finzione mentre la crisi economica e l’inflazione stanno mettendo a rischio milioni di persone sempre più esposte alla caduta nello stato di povertà. Occorre una lotta seria all’inflazione, con meccanismi che garantiscano il potere di acquisto delle componenti sociali più deboli.
Tutti i partiti più grandi ed i loro alleati satelliti, che potrebbero essere “scaricati” già all’indomani del voto, rimangono all’interno di un sistema economico neoliberista che ha abolito tutte le tutele dei lavoratori, a partire dall’art.18 dello Statuto dei lavoratori, ed ha privatizzato settori strategici come l’energia, la sanità e l’istruzione, ormai diventati privilegio di chi si può permettere di pagare il prezzo di mercato dei servizi offerti. E dietro la privatizzazione del sistema economico si muovono i grandi capitali incassati dalle mafie negli anni passati, ormai sfuggiti ai sistemi di controllo e capaci di influenzare l’andamento dell’economia e, attraverso un ramificato sistema clientelare, l’espressione del voto elettorale. Quando si dovrebbe rivolgere a questi capitali e agli extra-profitti, si arresta persino la macchina del fisco, che invece si muove implacabile nei confronti dei contribuenti più piccoli per i quali, sugli importi più bassi, andrebbero introdotte forme di rateizzazione senza interessi. Unione popolare, a differenza dei partiti che hanno condiviso i piani economici del governo Draghi, pone al centro del suo impegno il superamento delle disparità tra Nord e Sud del Paese, aumentando il sostegno agli enti ed alle comunità locali, al contrario di quanto successo in passato e di quanto previsto dal PNRR. Contro tutti i progetti di autonomia differenziata.
Vanno difesi i risultati dei referendum sull’acqua pubblica e sull’energia nucleare. Va rilanciata la lotta contro la privatizzazione della scuola e dell’Università. Occorre ripensare l’intero sistema sanitario pubblico, con un numero consistente di nuove assunzioni, con il finanziamento di un nuovo Piano sanitario nazionale, che rafforzi le aree di emergenza, garantisca tutti i servizi di medicina territoriale, ed aumenti il numero delle strutture di eccellenza, con il trasferimento delle risorse necessarie dal settore militare. Perché non si tratta soltanto di aumentare la spesa pubblica ma di orientarla diversamente a fini sociale, senza che finisca per essere un ulteriore volano per i profitti dei gruppi privati.
Occorre mettere un limite alle privatizzazioni ed al rincaro di tutti i beni e servizi essenziali. Di fronte a una situazione economica delle famiglie e delle imprese, e dunque del sistema paese, in continuo peggioramento, non e’ il tempo dell’attesa e dell’astensionismo. In poche settimane potremmo trovarci di fronte ad un quadro politico in cui le istanze di pace, di difesa dell’ambiente, di giustizia ed inclusione sociale, di diritti civili, nella salvaguardia di tutte le diversità, potrebbero restare escluse dal confronto politico. La riduzione della rappresentanza parlamentare, senza una modifica della legge elettorale, potrebbe mettere a rischio la Carta Costituzionale e la tenuta democratica del paese, rischi sottovalutati anche da chi voleva “aprire il Parlamento come una scatola di sardine”.
Occorre aggregare sui territori gruppi sempre più ampi di persone disposte ad una mobilitazione permanente sulla difesa strenua del lavoro, in tutte le sue forme contro sfruttamento e precarietà, e su un vero contrasto delle politiche di guerra, che alimentano insicurezza e inflazione. Vanno contrastate con tutti i mezzi legali, che potranno essere ancora utilizzabili in base alle Carte internazionali dei diritti umani e dello Stato di diritto, tutte le decisioni legislative del nuovo Parlamento che andranno a ledere i diritti fondamentali delle persone. Una battaglia decisiva dovrà essere condotta sulla riforma del sistema di informazione, con parità di accesso per tutte le componenti sociali, quella parità di accesso che è stata negata in questa campagna elettorale.
Per garantire la pace mondiale occorre costruire un fronte pacifista internazionale che combatta la diffusione di armi sempre più micidiali, ingiustizie sociali e disastri ambientali che poi finiscono per alimentare guerre e conflitti interni.
Occorre finalmente una seria politica dell’ambiente che si sottragga alla logica dello sfruttamento speculativo del territorio e della massimizzazione dei profitti dei grandi produttori di energia. Anche per questa ragione va aumentata la progressività del prelievo fiscale, già prevista dalla Costituzione, e va respinta ogni ipotesi di “flat tax” (tassa piatta), che svantaggerebbe soltanto i ceti meno abbienti ed accrescerebbe il divario di ricchezza già devastante per la coesione sociale nel nostro paese. Quello che si propone oggi agli elettori costituisce un percorso che non si esaurisce nelle promesse che stanno dispensando tutti i partiti ma che va ben oltre la scadenza del 25 settembre, quale che sia l’esito della consultazione elettorale.
Occorre sostenere per queste ragioni le liste di Unione Popolare come primo passo per la costruzione di una nuova soggettività politica che, attraverso processi decisionali trasparenti e canali di rappresentanza diretta, restituisca ai cittadini elettori il diritto di fare sentire la propria voce. Nella prospettiva di una aggregazione politica e sociale più vasta, che possa diventare protagonista di una vera alternativa di sinistra in un paese nel quale sembra non esistano più partiti di sinistra ma in cui tutti, di fronte alla crisi incombente, sembrano utilizzare in campagna elettorale i temi caratteristici della sinistra..
Esistono invece, e sono ben visibili ogni giorno sui principali media, partiti che speculano con metodi propagandistici sulle paure e sull’insicurezza, che le loro stesse politiche hanno prodotto ed ingigantito. Partiti che oggi trovano accordi soltanto sulla ripartizione del potere ( e dei seggi), ma che sono tutti responsabili, in vario modo, delle politiche di guerra e di militarizzazione delle frontiere, della devastazione ambientale, dello sfascio dello Stato sociale e dei servizi pubblici, e dello svuotamento dei meccanismi di rappresentanza democratica.
Non esistono “voti utili” in favore di partiti che hanno condiviso le politiche di svuotamento dei diritti sociali e relazioni internazionali basate sulla guerra economica proseguita con l’invio delle armi, e sulla ricostruzione di blocchi militari attorno alla Nato, legittimata ad intervenire in molti scenari di conflitto che si sono incancreniti, in assenza di una qualsiasi iniziativa delle Nazioni Unite. L’unico voto utile è il voto che restituisce voce agli elettori, contro la guerra, per la pace, contro la mercificazione dei diritti, per l’inclusione e la giustizia sociale.