Mentre la Russia di Putin continua la sua folle aggressione con minaccia nucleare e Zelensky chiede “armi” a lunga gittata per l’esercito ucraino, il cardinale Konrad Krajewski (inviato personalmente dal Papa) risponde portando “cibo e rosari” alle popolazioni colpite: un aiuto concreto per donare forza materiale e spirituale. È la forza della nonviolenza, l’alternativa tra guerra e resa.
Stare dalla parte delle vittime non significa necessariamente assumere il loro punto di vista. Se gli aggrediti (non tutti) chiedono armi per difendersi, c’è chi (anche in Ucraina) lavora per creare le condizioni, politiche e pratiche, su cui costruire un’altra difesa possibile, civile e non armata.
Portare aiuti ai civili, e non armi, ha un significato preciso di sostegno alla resistenza di chi non vuole piegarsi alla violenza della guerra; è la risposta razionale alla pazzia nucleare.
Papa Francesco ha detto: «Difendersi è non solo lecito, ma anche una espressione di amore alla Patria. Chi non si difende, chi non difende qualcosa, non la ama, invece chi difende, ama». È vero, è così. Ma di quale difesa parla? Ci vuole ancora più forza per difendersi senza armi in mano, per amare la propria patria senza combattere quella altrui, per attuare la non cooperazione con le truppe di occupazione. È possibile, oggi, in Ucraina, fare ricorso alla difesa nonviolenta? È realistico?
La creazione dei Corpi civili di pace, istituzionali e professionali, sotto egida Onu e UE, sostitutivi delle forze armate nella prevenzione dei conflitti, è di là da venire. Sono passati più di trent’anni da quando si è cominciato a parlare di questa necessità vitale per anticipare l’esplosione dei conflitti armati nel cuore d’Europa. Ancora non si è fatto niente sul piano operativo. Non possiamo rinviare ulteriormente, e proprio per questo, nel pieno della guerra in Ucraina, è necessario sostenere con ogni forza chi sta lavorando in questa direzione. Oggi per domani.
Il Segretario di Stato del Vaticano, Pietro Parolin, ha detto: «Quanto al ricorso alle armi, il catechismo della Chiesa cattolica prevede la legittima difesa. I popoli hanno il diritto di difendersi, se attaccati”. Anche questo è vero. Ma evidentemente il Papa, con tutte le sue preghiere, i suo gesti, le sue condanne alla guerra e alle armi, vuole andare oltre la Dottrina scritta, cerca una via profetica, crede nella necessità di essere oggi costruttori della pace di domani.
Non sono d’accordo con Adriano Sofri che sul Foglio ha scritto: «Francesco doveva dire, come Parolin, che le armi, e l’aiuto in armi, a un popolo che si difende, sono una cosa giusta (ingiusta è sempre la guerra, non la difesa)». No, la nonviolenza di Papa Francesco è una nonviolenza con tanti se e tanti ma, ma punta dritto alla difesa della vita, della libertà, della dignità. L’obiettivo è la vittoria militare o la pace? «Le armi non portano mai la pace», ha detto definitivamente il Papa. Possono portare a imporsi nel conflitto, questo sì, e tante volte è accaduto nella storia, ma non possono “fare la pace”, cioè costruire le condizioni di convivenza per cui non possa rigenerarsi la spirale di una nuova guerra di vendetta. Forse proprio per questo Papa Francesco ha inviato a Kharkiv un corpo civile e spirituale di pace, monsignor Krajewski (Elemosiniere del Dicastero del servizio della Carità). È andato oltre la prima linea per portare cibo e rosari ed è stato coinvolto in una sparatoria: «non sapevo dove fuggire … perché non basta correre, bisogna sapere dove». È un modo per dirci che la nonviolenza, la resistenza civile, non si improvvisa. Bisogna prepararla prima. Ci vuole addestramento, formazione: bisogna avere istituzioni preposte, che vanno finanziate. È l’obiettivo che come movimento per la pace ci siamo posti.
Per questo il Movimento Nonviolento ha aderito e parteciperà alla Carovana di Pace Stop The War Now che si recherà in Ucraina dal 26 settembre al 3 ottobre, e a Chernivtsi e Kyiv incontrerà gli obiettori di coscienza, i pacifisti e i nonviolenti ucraini, con le associazioni della società civile coinvolte nei processi di peacebuilding, la costruzione della pace e il rispetto dei diritti umani.
Ci si può impegnare per finanziare l’invio di armi sempre più efficaci. Oppure ci si può impegnare per finanziare la resistenza nonviolenta. Due scelte diverse, forse entrambe legittime, ma certamente incompatibili. O una o l’altra. L’industria bellica costruisce i fucili, la nonviolenza i fucili li spezza. Noi porteremo aiuti e finanziamenti alla nonviolenza organizzata in Ucraina.