Liberate i giovani, perchè loro possano liberare l’Africa, dandole un futuro di diritti umani e opportunità: è l’appello giunto da un webinar animato da intellettuali, mediatori e attivisti, organizzato dall’agenzia Dire insieme con la rivista Nigrizia.
Il primo a intervenire, in videocollegamento da Londra, è il fumettista nigeriano Tayo Fatunla. “Oggi i giovani dell’Africa chiedono un cambiamento di leadership, vogliono leader giovani, capaci di guidarli nel futuro” dice. “Con i miei cartoon propongo una prospettiva africana, sottoponendo all’attenzione dell’Occidente fatti colpevolmente ignorati, come quando le elezioni americane hanno oscurato sui notiziari la strage degli studenti camerunensi a Kumba o le proteste in Nigeria contro gli abusi e le violenze commesse dalla polizia”. L’artista, residente a Londra, una vita con la matita arricchita da tante collaborazioni internazionali, ha fatto riferimento alle elezioni di domani in Uganda. Un banco di prova importante, dove un presidente in carica da 34 anni cerca una riconferma nonostante la mobilitazione e le proteste di migliaia di giovani. “Tanti di loro dopo l’università non trovano un lavoro e chiedono un cambiamento” sottolinea Fatunla. Convinto che la verità stia anche in un proverbio, “an hungry man is an angry man”, “un uomo affamato è un uomo arrabbiato”.
“I giovani sono i rami di un albero che trova le radici nella lotta e nei sogni dei nostri genitori e il tronco in chi ci governa” dice Pierre Piessou, origini togolesi, mediatore culturale a Verona. “Questo tronco però pensa di poter fare a meno sia delle radici che dei rami. Non può: deve invece lasciare che i rami cantino la primavera di tutto l’albero, lasciar loro la libertà di essere creativi, di attivarsi, anche di sbagliare”.
Se in Uganda il presidente Yoweri Museveni cerca un nuovo mandato dopo 34 anni già al potere, in Togo la stessa famiglia dei Gnassingbè detta legge dal 1967, prima con il padre Eyadema e poi con il figlio Faurè. Di “dittatura” e “regime brutale” dice il vescovo emerito di Lomè, monsignor Philippe Fanoko Kpodzro, in un videomessaggio per il webinar: “Il malgoverno ha reso miserabile la grande maggioranza del popolo nonostante le proteste e l’ammirevole dinamismo di tante donne e di tanti giovani”.
A inviare una testimonianza anche Success Masra, economista ciadiano, che dopo un’esperienza alla Banca africana di sviluppo ha fondato il partito Le siege des transformateurs. La sua è una denuncia degli abusi e delle inadeguatezze del governo del presidente Idriss Deby Itno, al potere da 30 anni. “Gli africani sono governati dalla generazione dei loro bisnonni e nonni” dice Masra: “La nostra è anche una battaglia intergenerazionale”.
Durante il webinar di giovani parla anche padre Filippo Ivardi Ganapini, per anni missionario in Ciad, ora direttore di Nigrizia. Al centro del suo intervento le giovani namibiane, il voto in Uganda e anche le proteste in Angola. “Non a caso – dice padre Ivardi – ‘la gioventù si è svegliata’ è lo slogan usato dai ragazzi angolani durante le manifestazioni contro la corruzione della scorsa settimana”. Dalle giovani namibiane che si battono contro la violenza di genere agli oppositori politici del Ciad, passando per le proteste contro il trentennale governo di Yoweri Museveni in Uganda alla vigilia delle elezioni. Secondo padre Ganapini, tutti i movimenti che hanno animato le proteste dell’ultimo anno in Africa costituiscono “un segnale di speranza” e una testimonianza “della carica delle nuove generazioni, che possiedono una voglia di cambiamento importante”. Il direttore ha sottolineato l’importanza di questa tendenza in Africa, “dove l’età media è 19,7 anni e dove entro il 2050 la popolazione complessiva raddoppierà, passando da 1,3 a 2,6 miliardi di persone”. Secondo il direttore di Nigrizia, l’istanza principale che accomuna le tante mobilitazioni che hanno caratterizzato l’ultimo anno in Africa, “dallo Zimbabwe, all’Algeria e la Tunisia”, è “la lotta contro le elites politiche e i sistemi di corruzione che portano con loro, che tengono in ostaggio i Paesi”.Mobilitazioni, quelle dei giovani africani, che sono anche un monito per l’Occidente: “I nostri governi spesso vanno a nozze con queste vecchie oligarchie, la mobilitazione di questi ragazzi serve a mostrarci anche la nostra responsabilita’”.