Migliaia di testate nucleari nel mondo continuano a minacciare silenziosamente la sopravvivenza del genere umano. Capaci di colpire obiettivi anche lontanissimi, queste testate nucleari possono essere trasportate sull’obiettivo soprattutto da missili ed aerei con un CEP (errore circolare probabile) di pochi metri, anche a distanze ragguardevoli.

Missili strategici possono colpire da un continente all’altro, mentre quelli non strategici o da teatro (a corto raggio 300-1.000 km o a medio raggio 1.000-3.000 km) sono destinati ad una guerra più ravvicinata, come ad esempio è ipotizzata nel Vecchio Continente, cioè a casa nostra.

Qui, tra l’altro, sono stanziate le bombe B61, trasportabili dagli aerei F-16 e Tornado, nonché a breve anche dagli F35 predisposti ad hoc. Dove sono dislocate queste bombe statunitensi? Per l’esattezza sono presenti in cinque paesi e in sei basi: Belgio (Kleine Brogel, 20 bombe). Germania (Büchel, 20 bombe), Italia (Aviano, 50 bombe; Ghedi, 20 bombe), Olanda (Volkel, 20 bombe), Turchia (Incirlik, 50 bombe).

In Italia, mentre Aviano è base statunitense, quella di Ghedi, vicino Brescia, è dell’Aeronautica Militare, che ha a disposizione (con la clausola della doppia chiave) queste bombe per i nostri apparecchi e i nostri equipaggi. Pertanto l’Italia, che ha firmato un’intesa bilaterale con Washington e ha peraltro ratificato il Trattato di Non Proliferazione – TNP (con un protocollo ad hoc), può contemporaneamente dichiararsi favorevole al disarmo nucleare ed avere un piccolo arsenale di tal genere. Le B61, residui della vecchia Guerra Fredda tra NATO e Patto di Varsavia, stanno però per essere ammodernate dal Pentagono per la modica spesa stimata tra i 7 e i 10 miliardi di dollari per diventare il modello B61-12, più potente, preciso e tecnologicamente avanzato.

La spesa globale per gli arsenali dei nove paesi dotati di armi nucleari è stimata intorno ai 72,9 miliardi di dollari per le loro oltre 13.000 armi nucleari nel 2019, cioè pari a 138.699 ogni minuto, con un aumento di $ 7,1 miliardi rispetto al 2018.

Testate nucleari nel mondo – Stime al settembre 2020

 

Nazione

Strategiche

Non

strategiche

Riserva / Non
dispiegate

Inventario

totale

 Russia

 1.572 

 2.740 

6.372 

 Stati Uniti

 1.600 

150

 2.050 

5.800

 Francia

 280 

nd

10

290

 Cina

 0

?

320

320 

 Regno Unito

120

nd

75

195 

 Israele

 0

nd

90

90

 Pakistan

 0

nd

160

160

 India

 0

nd

150

150 

 Corea del nord

 0

nd

35

35

Totale 

 ~ 3.720

~ 150

~ 5.630

 ~ 13.410

 

N.B.: Per la Russia e gli Stati Uniti nei depositi vi sono altre testate obsolete da smantellare (2.000 circa cadauno), computate nell’inventario totale. Sono da considerarsi strategiche le testate con raggio d’azione superiore a 3.000 km, non strategiche (o di teatro) quelle con raggio inferiore. In riserva sono altre testate da rendere operative.

Legenda: ~ = circa; nd = dati non disponibili; ? = dati ignoti

Fonte: https://fas.org/issues/nuclear-weapons/status-world-nuclear-forces/

Eppure nel lontano 1970 entrò in vigore il TNP, con lo scopo dichiarato di perseguire la non proliferazione, il disarmo e l’uso del nucleare solo a scopi civili. Se la non proliferazione ha avuto abbastanza successo con solo quattro paesi (Israele, India, Pakistan e poi Corea del Nord) che al di fuori del TNP si sono dotati di tali armi, il punto dolente è il disarmo che sì ha visto decrescere il totale da 70.000 testate alle attuali 13.000, ma tutto ciò è avvenuto con estrema lentezza, dato che è già trascorso mezzo secolo.

Per di più l’uso ipotetico di queste armi rimane nelle dottrine strategiche dei paesi possessori e dei loro alleati per cui all’orizzonte non si vedono processi di disarmo totale veri e propri.

Anzi in questi ultimi anni erano venuti meno quei colloqui e negoziati portati avanti negli anni del bipolarismo, molti accordi erano saltati e ci si è rapportati a colpi di comunicati stampa e di messaggi via Twitter.

Nel prossimo febbraio scade anche il trattato New Start, l’unico vigente tra USA e Russia dopo l’annullamento statunitense dell’ABM (antimissilibalistici) nel 2002, dell’accordo sul nucleare iraniano Joint Comprehensive Plan of Action JCPOA nel 2018, del Trattato sulle forze nucleari intermedie (INF) nel 2019, dell’Open Skies (trasparenza reciproca sulle attività militari attraverso l’osservazione aerea) nel maggio 2020.

Il New Start, firmato da Obama e Medvedev nel 2010, limita a 1.550 il numero di testate nucleari a disposizione di ciascuna delle due potenze, nonché il numero di vettori (missili, bombardieri e sottomarini). La decisione del neopresidente statunitense Joe Biden di estenderne la validità per altri cinque anni ha ricevuto un’immediata e formale risposta positiva da parte russa.

Rimane comunque il fatto della persistenza degli arsenali nucleari, tanto che da parte sia dell’ex presidente sia di quello nuovo comunque si sarebbe voluto coinvolgere nel New Start anche la Cina, che però si mantiene defilata con il suo “ridotto” arsenale.

Per questo, dopo anni di incertezze e anche di insuccessi delle periodiche Conferenze di Revisione del TNP, numerosi governi e la società civile internazionale si sono mossi, partendo da un documento della Croce Rossa Internazionale e della Mezza Luna Rossa Internazionale, che ha messo in evidenza che un conflitto nucleare non avrebbe prodotto né vinti né vincitori, ma solo una catastrofe umanitaria.

Dopo una serie d’incontri preparatori e nonostante l’opposizione dei paesi armati nuclearmente e dei loro alleati (Italia compresa), si è arrivati nel 2017 all’approvazione all’ONU del TPNW – Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons. Su 124 paesi partecipanti alla votazione, 122 si espressero favorevolmente, Singapore si astenne e solo i Paesi Bassi votarono contro: gli altri paesi oppositori non parteciparono neppure. Superata nel 2020 la soglia delle 50 ratifiche, esso è entrato in vigore il 22 gennaio scorso. Il TPNW richiede non solo un impegno immediato nella distruzione degli arsenali, ma anche a non ospitarle, a non minacciarne l’uso, a non richiederne la protezione e così via.

Va ricordato inoltre che a partire dal 1967 vaste aree del nostro pianeta, dall’intera America Latina all’Africa ed oltre, si sono dichiarate nel tempo NWFZ Nuclear Weapons Free Zones (Zone libere da armi nucleari), di fatto già precedendo quanto richiesto ora proprio dal TPNW.

Se dal TPNW restano fuori i paesi armati nuclearmente e i loro alleati, tale trattato comunque ad oggi rappresenta la volontà espressa in termini giuridicamente vincolanti di governi e di popoli che non si vogliono rassegnare alle decisioni di un ristretto club, ma vogliono sempre più far sentire la propria voce, così come sono riusciti a farlo già ottenendo il divieto internazionale di produzione e di uso di mine antiuomo (1997) e di cluster bombs (2008), facendo approvare leggi per il controllo del commercio delle armi, in Italia la 185/90, in UE la Posizione Comune e la Direttiva Europea (2007-2008), all’ONU l’ATT (2013).

Maurizio Simoncelli, Archivio Disarmo