“Dobbiamo assicurare che da repubblicani siamo il partito della verità”. Così Liz Cheney, parlamentare repubblicana del Wyoming, numero 3 nella leadership del Grand Old Party alla Camera, mentre difendeva il suo voto a favore dell’impeachment di Donald Trump. La Cheney parlava con Chris Wallace della Fox News e ha continuato a chiarire che loro sono il partito di “Lincoln e non di QAnon o degli antisemiti o dei negazionisti dell’olocausto o delle teorie suprematiste e complottiste”.
Per il suo voto contro Trump, la Cheney è stata attaccata dai sostenitori dell’ex presidente ed è stata censurata dal Partito Repubblicano del suo Stato. La Cheney, il senatore Ben Sasse del Nebraska, Adam Kinzinger, parlamentare dell’Illinois, 16esimo distretto, e parecchi segretari di Stato si sono fatti guidare dalla verità, che Trump ha attaccato, cercando di sostituirla con una menzogna. Il 45esimo presidente ha fatto di tutto per ribaltare l’esito dell’elezione e in questo è stato appoggiato da buona parte del suo partito. Il Senato sta conducendo il processo di impeachment per avere incitato i suoi sostenitori agli assalti violenti al Campidoglio. Non si prevede una condanna, ma la condotta di Trump non sarebbe stata possibile senza il sostegno di molti repubblicani, dei media di destra e anche delle piattaforme digitali. L’attuale processo a Trump dunque include implicitamente anche coloro che lo hanno assistito, fino ai repubblicani che siedono in Senato.
Il secondo processo di impeachment a Trump sembra poco giustificabile poiché l’impeachment è il meccanismo costituzionale per rimuovere un presidente dalla sua carica. Dato che Trump è già fuori dalla Casa Bianca dal 20 gennaio sembrerebbe futile continuare il processo. La Camera però aveva votato per l’impeachment il 13 gennaio (232 a favore e 197 contrari), 7 giorni prima della scadenza del mandato di Trump. Dieci repubblicani, incluso Cheney e Kinzinger, hanno votato per l’impeachment in un moto bipartisan. Mitch McConnell, l’allora presidente del Senato, ha deciso di non iniziare il processo fin quando la nuova amministrazione Biden non fosse entrata in carica. Così facendo ha passato la patata bollente, ma anche il controllo delle procedure, nelle mani di Chuck Schumer, parlamentare di New York e nuovo presidente della Camera Alta.
I media di destra e le piattaforme digitali usate da Trump hanno in un certo senso accettato implicitamente la loro colpevolezza. Twitter, Facebook ed altri colossi digitali hanno bloccato gli account di Trump, togliendogli strumenti essenziali per le sue disinformazioni che hanno causato l’irruzione alla sede del Campidoglio. Ma anche i media di destra come Fox News e Newsmax hanno cominciato a prendere le distanze da Trump. Entrambe le reti televisive sono state denunciate da due aziende di software usate nelle elezioni. Queste aziende rivendicano la correttezza dei loro programmi, confermando la legittimità dell’esito elettorale e reiterando i danni finanziari causati dalle accuse di frode fomentate da Trump. Le menzogne sono state diffuse anche da giornalisti di queste reti di destra. Non si tratta di pochi soldi. La cifra dei danni subiti dichiarata nelle denunce raggiunge quattro miliardi di dollari. Le denunce includono non solo le reti televisive, ma anche individui come Rudy Giuliani e Sydney Powell, ambedue legali di Trump, accusati anch’essi di colpevolezza.
La Fox News ha implicitamente riconosciuto le sue responsabilità e ha licenziato Lou Dobbs, il più noto conduttore della rete di Rupert Murdoch. Nessuna spiegazione è stata offerta per il licenziamento, ma si crede che le menzogne di Trump diffuse dai programmi di Dobbs, il più grande adulatore dell’ex presidente, siano state la causa. Nel caso di Newsmax, due dei loro conduttori hanno tagliato l’audio e video di Michael Lindell, amministratore delegato di “My Pillow”, che continuava ad insistere sulla presunta frode elettorale subita da Trump. Queste reti hanno cambiato strada più che altro per ragioni finanziarie, non etiche, ma altri conduttori continuano a reiterare concetti suprematisti, perché dopotutto nessuno li minaccia con denunce potenzialmente devastanti.
Nel processo a Trump durante il primo impeachment l’anno scorso Adam Schiff, parlamentare della California e leader dei pubblici ministeri, accusò Trump di “avere tradito la sicurezza nazionale” insistendo che lo avrebbe fatto di nuovo. Schiff aveva giustamente previsto le parole infuocate e le azioni di Trump, ma non poteva immaginare gli eventi violenti del 6 gennaio del 2021, che hanno anche messo in pericolo la vita di parlamentari e senatori. Cercando di convincere i senatori repubblicani a votare per la condanna, Schiff nel 2020 si complimentò con loro definendole “persone decenti” al contrario di Trump.
Il processo attualmente in corso offrirà un’opportunità ai senatori repubblicani di dimostrare che sono decenti e votare secondo la loro coscienza invece che secondo calcoli politici, considerando il fatto che Trump rimane ancora popolare nell’elettorato di destra. I senatori hanno in questo processo un ruolo anomalo: sono giurati ma allo stesso testimoni e persino vittime degli assalti. Al processo, per esempio, un filmato presentato dai legali della Camera fa vedere un poliziotto che in effetti salva la vita al senatore Mitt Romney, repubblicano dell’Utah. Salvo colpi di scena, però, pochi senatori repubblicani voteranno per condannare Trump perché riconoscerebbero in un certo senso lo sbaglio di non averlo condannato l’anno scorso. Trump non avrebbe potuto essere accusato di incitamento all’insurrezione senza la loro complicità. Condannare Trump significherebbe un riconoscimento di colpevolezza per i senatori stessi e la maggior parte di loro non ha nessuna intenzione di ammetterlo.
Elizabeth Warren, senatrice liberal del Massachusetts, ha però offerto un’altra ragione importante per incoraggiare i suoi colleghi a condannare Trump: se l’ex presidente non pagherà un prezzo per le sue azioni deplorevoli, futuri presidenti saranno liberi di fare altrettanto. Un individuo più abile di Trump potrebbe porre fine alla democrazia americana.