In tutto il mondo, e sicuramente tantissimo in Europa e in Italia, l’azione dell’uomo ha fatto sì che le superfici destinate all’agricoltura dominino per estensione sulle aree naturali. Questo semplice dato di fatto fa sì che oggi il destino di un immenso numero di specie, cioè di quella biodiversità oggi tanto in pericolo e da cui anche il nostro benessere dipende, sia legato in gran parte o del tutto dal modo in cui decidiamo di produrre il cibo che mangiamo. Aggiungete a tutto ciò che non solo dal modo di fare agricoltura dipende direttamente anche la nostra salute e la qualità della vita di tutti coloro che vivono fuori dalle città, ma anche per esempio che il settore agricolo consuma oggi circa il 70% dell’acqua dolce nel mondo o che è responsabile del 20-40% delle emissioni di gas serra. Insomma per invertire la rotta rispetto alla crisi ambientale l’agricoltura è snodo fondamentale, di cui forse non si parla abbastanza.
L’agricoltura europea da questo punto di vista avrebbe tanta strada da fare, ma le politiche promosse dall’UE, anche in occasione del Green New Deal, premono sempre di più in una direzione di sostenibilità, che non sempre viene perseguita al di fuori del continente. È in questo contesto che occorre riportare una bella notizia, che giunge dalla Sicilia. La regione, è già leader in Italia per superfici destinate all’agricoltura biologica (che prevede, con un regime di controlli, una drastica diminuzione dell’uso di sostanze inquinanti e biocidi). Adesso, ha varato una legge all’avanguardia in Europa, che ha come principale tema la gestione sostenibile, agroecologica degli agroecosistemi e la tutela della biodiversità che questi ospitano proponendo tanti interessanti e coraggiosi passi in avanti.
In particolare, alcuni dei passaggi legislativi chiave:
– viene definita per la prima volta in una legge europea la categoria di aziende agroecologiche, fatta di aziende che rispettano i tetti imposti dalle normative sull’agricoltura biologica ma che in più si curano di dedicare parte della loro superfice alle specie arboree native, alle varietà colturali o zootecniche autoctone, al sostegno agli insetti impollinatori e così via. A queste vengono poi destinate risorse in vario modo.Se fossero tutte così la tutela della biodiversità avrebbe fatto passi giganteschi: diversificare le colture, il paesaggio agricolo, tutelare le specie native è centrale;
– viene istituito un osservatorio permanente per il monitoraggio e l’intervento sulle specie esotiche invasive, piaga sia dei sistemi agricoli che di quelli naturali, e tema su cui di norma pesa molto proprio l’assenza di controllo e azione immediata. Certe specie, che vengono introdotte inavvertitamente con i traffici internazionali, sono poi in grado di sconvolgere interi equilibri ecosistemici se si trovano particolarmente bene in ambienti dove non c’è alcuna storia evolutiva comune. Nel caso dei “pest” agricoli, questo spesso si traduce in grandi danni economici e ad un ritorno massiccio verso l’uso di insetticidi ad ampio spettro che si era riusciti ad accantonare;
– vengono posti nuovi limiti all’uso di biocidi (insetticidi, fungicidi, diserbanti…) che per quanto concerne tutte le aree di protezione della natura (parchi naturali, riserve, SIC, ZPS), i geositi, i parchi archeologici ma anche strade pubbliche, ferrovie e tutte le aree pubbliche non destinate all’agricoltura (come parchi urbani o giardini). Si tratta sempre di prodotti poco specifici che risolvono temporaneamente dei problemi ma contemporaneamente impattano in maniera indiscriminata tantissime specie non bersaglio, rendendo più fragili gli ecosistemi, e spesso lasciando residui chimici permanenti. Si potrà usare solo quello che è consentito in agricoltura biologica;
– sono posti nuovi limiti anche all’importazione di prodotti alimentari in relazione ai residui chimici presenti, promuovendo così coerentemente un’agricoltura più sostenibile anche al di fuori dei confini regionali;
– formazione sull’uso di alternative sostenibili ai biocidi agli operatori di diversi settori e formazione sul patrimonio naturalistico alle guide turistiche. Entrambi passaggi importanti. Da un lato, la rinuncia all’utilizzo di prodotti ecologicamente dannosi non è sempre semplice, in generale per sostituirli serve adottare soluzioni più scientificamente raffinate: insomma informazione e preparazione sono fondamentali. Dall’altro lato, si spera che un certo grado di formazione naturalistica possa un giorno diventare un patrimonio comune, per apprezzare, capire e valorizzare un territorio pieno di unicità e ricchezze i cui abitanti potrebbero certamente meglio difendere di quanto non avvenga oggi;
– promozione dell’agricoltura di precisione per la razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse, come la tutela delle risorse idriche e del suolo. Oggi ci sono notevoli opportunità per combinare, da un lato, i grandi avanzamenti scientifici nella comprensione delle complesse interazioni ecologiche che caratterizzano (agro)ecosistemi, e dall’altro gli avanzamenti tecnici che permettono, per esempio, di raccogliere un sacco di dati su variabili chiave per la gestione di questi tramite interventi mirati e intelligenti.
Insomma, tanta carne al fuoco e sicuramente un passo importante cui potranno seguire altre evoluzioni positive. La formulazione della legge arriva a seguito di un lungo e duro lavoro che ha coinvolto associazioni di produttori (come Associazione Italiana Agricoltura Biologica, Associazione Regionale Apicoltori), esperti agronomi, entomologi, economisti agrari (Università degli Studi di Palermo, CREA), l’associazione ‘Fa la cosa giusta!’, la Rete Fattorie Sociali, le associazioni ambientaliste. Le firme sulla legge, che in aula è riuscita ad ottenere l’approvazione all’unanimità, sono di Verdi, Attiva Sicilia, Movimento 5 Stelle e Partito Democratico. In data 06 agosto 2021, è stata pubblicata in gazzetta ufficiale, mentre si attende l’importante snodo dei decreti attuativi. Mentre assistiamo ad una “nera” cronaca di un’altra devastante e mal gestita stagione di incendi in Sicilia e Sud Italia (e a gravi danni al patrimonio naturale, forestale e agricolo) agosto ci ricorda – anche – la possibilità di un futuro diverso in quegli stessi territori.
foto: Orto Urbano Sociale