Il tribunale di Locri ha condannato l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano a ben 13 anni e 2 mesi di carcere, una pena addirittura superiore a quella di 7 anni e 11 mesi chiesta dal procuratore capo Luigi D’Alessio e dal pm Michele Permunian. A questo si aggiungono 5 anni di interdizione dai pubblici uffici e il sequestro dei beni.
La durissima sentenza conferma quando abbiamo sempre affermato sul carattere politico del processo contro Mimmo Lucano: ideali e pratiche di solidarietà trattati come reati, il rifiuto di una visione dell’integrazione tesa a risolvere i problemi senza conflitti, la criminalizzazione di un pensiero che mette al centro i diritti delle persone e va oltre le carenze del sistema di accoglienza in Italia, sfidando anche il potere della legge in nome di un principio superiore di giustizia.
Ripercorriamo brevemente le vicende che hanno portato al verdetto odierno.
Il processo contro Mimmo Lucano e altre 26 persone si è aperto l’11 giugno 2019 e chiuso il 27 settembre 2021. Ha visto 34 udienze. Presidente del Collegio giudicante il dottor Fulvio Accurso, PM dottor Michele Permunian.
Il processo è nato da un’Informativa della Guardia di Finanza a conclusione di un’indagine investigativa durata un anno e mezzo circa e che ha riguardato il periodo 2014-2017.
La richiesta di rinvio a giudizio è stata respinta dal GIP Domenico Di Croce per la gran parte dei capi di imputazione, giudicati vaghi e generici. Ne aveva convalidato solo: un tentativo di falso matrimonio e l’affidamento diretto della raccolta differenziata dei rifiuti a due cooperative sociali di tipo B di Riace. Sulla base di queste due accuse rimaste in piedi, il GIP disponeva anche misure cautelari (il 2 ottobre Lucano veniva messo agli arresti domiciliari, annullati due settimane dopo e tramutati in divieto di residenza nel proprio paese, annullato dopo 11 mesi, il 5 settembre 2019).
Nonostante le decisioni del GIP, ad aprile 2019 il GUP Amelia Monteleone autorizzava il rinvio a giudizio su tutti i capi di imputazione, che sono stati dunque tutti oggetto di dibattimento e di richiesta di condanna da parte del PM.
Mimmo Lucano ha avuto 17 capi di imputazione, che vanno da associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina a truffa aggravata, peculato, concussione, favoreggiamento personale, malversazione ai danni dello Stato, falsità ideologica, turbata libertà d’incanto, abuso d’ufficio, mancato rispetto del Testo Unico Immigrazione e del Codice dell’Ambiente.
Nella requisitoria presentata il 17 maggio 2021, il PM ha chiesto per Lucano una condanna a 7 anni e 11 mesi, incluso il capo 1 associazione a delinquere, di cui sarebbe il capo. Ha invece chiesto l’assoluzione “perché il fatto non sussiste” per 4 capi d’imputazione in riferimento alle carte d’identità rilasciate in mancanza di permesso di soggiorno; il PM riconosce che si poteva fare sulla base della normativa vigente.
Nell’udienza del 25 settembre 2021 la difesa ha insistito sulla personalità di Lucano, sul carattere ideale dei suoi obiettivi riconosciuto da tutti, inclusa l’accusa e sulla mancanza di qualsiasi prova del dolo, sia in termini di vantaggio personale economico, che in quelli di vantaggio personale politico-elettorale. Evidentemente non è bastato a convincere il tribunale di Locri.