“Le unità speciali di polizia attualmente schierate nei punti di transito di Jarinje e Brnjak saranno rimosse contemporaneamente ai blocchi stradali a partire dal 2 ottobre 2021 alle 8.00 e terminando entro e non oltre le 16.00. La KFOR si schiererà presso i punti di Jarinje e Brnjak prima dell’inizio della rimozione simultanea e vi rimarrà per circa due settimane per mantenere un ambiente sicuro e libertà di movimento.
A partire dal 4 ottobre 2021, alle 8.00, il regime degli adesivi, concordato nel quadro del dialogo facilitato dall’UE, sarà applicato come misura temporanea, fino a quando non sarà concordata una soluzione permanente. Sarà inoltre istituito un gruppo di lavoro composto dalla rappresentanza dell’UE, dalle parti di Belgrado e di Prishtina, presieduto dall’UE, per trovare una soluzione permanente al problema delle targhe, sulla base degli standard e delle pratiche dell’UE. La prima riunione del Gruppo di Lavoro si terrà il 21 ottobre 2021 a Bruxelles. Entro sei mesi dalla sua prima riunione, il Gruppo di Lavoro presenterà i suoi risultati su una soluzione permanente al formato di alto livello del dialogo”.
Sono questi i termini dell’accordo col quale si è posto per il momento fine alla cosiddetta “guerra delle targhe”, o per meglio dire, a quella che la stampa ha definito in questi termini, ma che in realtà altro non è che l’ennesima controversia, l’ennesimo episodio del dissidio serbo-albanese sulla questione del Kosovo. È stato Miroslav Lajčak, Rappresentante Speciale dell’Unione Europea per il dialogo Belgrado-Prishtina e le altre questioni regionali riguardanti i Balcani Occidentali, a dare con un tweet l’annuncio che “dopo due giorni di intensi negoziati, è stato raggiunto un accordo sulla riduzione dell’escalation e sulla via da intraprendere. Ringrazio Besnik Bislimi e Petar Petković per la loro disponibilità a negoziare e ad accordarsi per il bene delle persone”. Subito hanno fatto eco al suo tweet le reazioni politiche.
Quella del presidente serbo, Aleksandar Vučić, ad esempio, che si è soffermato su tre aspetti della controversia: in primo luogo le unità delle forze speciali kosovare albanesi dovranno ritirarsi entro le ore 16.00 del 2 ottobre; nel nuovo round negoziale che dovrà essere aperto in conformità con l’accordo raggiunto, la formazione della Comunità dei Comuni Serbi (la ZSO), che ancora le autorità albanesi kosovare rifiutano di implementare, sarà tra le prime, se non la prima, all’ordine del giorno. Infine è stata esclusa l’ipotesi che targhe provvisorie possano essere imposte in sostituzione delle targhe serbe per i veicoli in ingresso nel territorio kosovaro, mentre potranno essere apposti solo degli adesivi temporanei. “È previsto il ritiro della ROSU – le forze speciali albanesi kosovare – e questo è un indicatore del fatto che in futuro tali azioni degli albanesi incontreranno la resistenza della popolazione serba. Il ritorno della KFOR in conformità con la risoluzione 1244 del 1999 è significativo e mostra che è possibile fornire garanzie di sicurezza per i cittadini e la popolazione serba del Kosovo”.
Diverso l’impatto degli eventi presso l’establishment kosovaro. Secondo il primo ministro Albin Kurti, la decisione di istituire la nuova regola della sostituzione delle targhe all’ingresso del territorio kosovaro costituisce un’applicazione del principio di “reciprocità” da parte del Kosovo e in ogni caso non rappresenta un problema per la libertà di movimento attraverso la linea di transito amministrativa: “Oltre 11.000 auto entrate in Kosovo dalla Serbia non hanno avuto problemi con l’ottenimento di targhe temporanee. Non c’è stato un solo incidente in nessun valico di frontiera”. Si tratta in ogni caso di una misura unilaterale, in controtendenza rispetto all’esigenza di rasserenare il clima negoziale e di riprendere il dialogo tra le due parti e accompagnata da un inquietante schieramento di mezzi blindati da parte delle autorità kosovare, schieramento che aveva destato non poche preoccupazioni presso la popolazione serba del Kosovo e soprattutto rischiato di innescare una nuova escalation.
La decisione delle autorità kosovare, risalente allo scorso 20 settembre, di richiedere ai veicoli con targa serba di sostituirla con una targa temporanea da loro emessa e ottenibile nei punti di transito aveva minacciato di innescare una vera e propria escalation, con l’aumento della tensione nei punti di transito di Jarinje e Brnjak, l’arrivo delle forze speciali kosovare e i blocchi stradali da parte dei serbi del Kosovo, che costituiscono la maggioranza della popolazione nel Kosovo settentrionale, in prossimità della Serbia centrale e meridionale. Una prova di forza che alla fine ha dimostrato solo quanto simili iniziative unilaterali possano essere rischiose e quanto urgente sia ormai il ripristino del dialogo per una soluzione diplomatica della controversia conforme al diritto e alla giustizia internazionale.
Non a caso è stato evocato il riferimento alla risoluzione 1244 (1999) del Consiglio di Sicurezza e quanto pattuito nei precedenti accordi, a partire dall’istituzione di una Comunità dei Comuni Serbi, dotata di sostanziale autonomia nel quadro dell’integrità del territorio del Kosovo e nel contesto delle istituzioni di autogoverno della regione. Come ribadivano la risoluzione e l’allegato I infatti va costruito “un processo politico verso l’istituzione di un accordo quadro … che preveda un sostanziale autogoverno per il Kosovo, tenendo conto … degli accordi di Rambouillet e dei principi di sovranità e di integrità territoriale della Repubblica Federale di Jugoslavia [il territorio della Serbia] e di tutti gli altri Paesi della regione”.