Trasformatorio è un laboratorio vivo per influenzare un luogo dove per una settimana si trasferiscono artisti provenienti da diversi contesti, paesi e specializzazioni. Qui sperimenteranno loro stessi e le proprie convinzioni, andando a nutrire l’ambiente e gli abitanti del posto, che a loro volta influenzeranno con il proprio vissuto i residenti temporanei. Ci siamo fatti raccontare il tutto dal suo ideatore e regista, Federico Bonelli.
Imperia – Prova a chiudere gli occhi e a immaginare con me. Ti condurrò in un’esperienza colorata, imprevedibile e a dir poco fuori dagli schemi. Pensa di trovarti in un paese nell’entroterra, di quelli distanti qualche decina di chilometri dalla città più vicina. Uno di quei luoghi che ha subito nel corso dei decenni uno spopolamento importante e che si trova a fare i conti con tutte le problematiche che ciò comporta.
Ora immagina di invitare in questo luogo una trentina di artisti, provenienti da diversi paesi europei e non, che non si conoscono tra loro. All’invito risponderanno performers, cantanti, musicisti, artisti visivi, pittori, danzatori, attori. Questi si recheranno nel luogo di incontro senza avere informazioni, se non che si trovano lì e che sono stati scelti e selezionati per questo. Hanno a loro disposizione una settimana per riuscire ad ambientarsi, conoscere il luogo e i suoi abitanti e lavorare insieme su una tematica condivisa da tutti.
Cosa ne uscirà? Consapevolmente o meno questo grande laboratorio produrrà ricchezza e non parlo di quella economica, bensì di quella umana. Gli artisti ne usciranno pieni, con un’esperienza vissuta in un tempo presente, accompagnati da persone molto simili e molto diverse tra loro da cui apprendere, il luogo scelto sarà pervaso di occhi esterni che ne scopriranno bellezze e peculiarità che sembravano essere dimenticate.
Federico Bonelli con Cristina Vignone
Gli abitanti, spesso annoiati e lamentosi della loro quotidianità, avranno la possibilità di confrontarsi con un mondo nuovo, linguaggi diversi, espressioni artistiche e non mai conosciute sino ad allora. Nell’aria si respireranno curiosità, apertura, dialogo e gratitudine. Chiamano situazioni simili, in cui tutti ne escono vincitori, win-win, ma credo che in questo caso la definizione migliore sia pienezza di senso condivisa.
Questo è ciò che in sintesi è Trasformatorio: un progetto nato da un’idea di Federico Bonelli, di formazione filosofo, che ha vissuto tante vite in una. Si definisce anarchico e fan del futurismo (il primo) da sempre, autodidatta nelle più sfaccettate tematiche, ha studiato e approfondito materie che spaziano dall’informatica all’alchimia, passando per la matematica e l’arte. Insomma, quella che potremmo definire una persona poliedrica.
LA GENESI
Trasformatorio pone le sue prime radici in Olanda, dove Federico si trasferisce più di vent’anni fa con un’amico. Proveniente da un inizio di carriera nelle commedie d’arte, ad Amsterdam incontra Basart, un progetto che si occupava di arti visive e teatro, creato da Ritsaert ten Cate. Inizia così una sua ricerca nel mondo del teatro e delle espressioni artistiche visive e multimediali, che lo porta a vendere un’idea a Philips Research, la quale decide di assumerlo per lavorare alla sua realizzazione.
È qui che sperimenta sulla sua pelle il primo prototipo di un Trasformatorio: «All’epoca andava di moda il Grande Fratello e Philips inseriva le persone in un laboratorio per vedere come reagivano e interagivano alle loro invenzioni, il tutto ripreso da telecamere inserite ovunque. Il fatto che spendessero così tanti soldi per portare avanti ricerche finte non mi piaceva per nulla. Iniziai allora a elaborare l’idea di creare un laboratorio i cui partecipanti fossero artisti, in cui non ci fosse alcun set televisivo e con un pubblico composto da luoghi e persone vere!»
Federico è convinto che la funzione dell’arte sia quella di trasformare l’esistente attraverso lo spirito del tempo e del luogo. E decise di creare il primo esperimento di Trasformatorio in un luogo dove il tempo sembra essere passato diversamente in questi decenni: l’entroterra siciliano. L’edizione zero si è tenuta infatti a Montalbano Elicona, in provincia di Messina, con circa 30 artisti. Da allora sono state organizzate altre cinque edizioni, di cui l’ultima nel 2021 a Cosio D’arroscia, in provincia di Imperia.
«Mi ero posto l’obiettivo di usare trasformatorio come vettore di ricerca e di innovazione vera, uno strumento per esplorare il non ancora conosciuto e poterlo rendere visibile attraverso le espressioni di artisti professionisti. Dalle mie esperienze all’interno di studi televisivi e nel settore multimediale e dall’altra parte nel teatro, avevo notavo che laddove vi erano più strutture più rigide le persone facevano più fatica a lavorare insieme, mentre laddove le condizioni tecniche e di ambiente erano meno favorevoli, le persone erano più portate a collaborare tra di loro e ad adattarsi, trovando soluzioni ai diversi problemi che man mano emergevano».
Ed è così che viene deciso di far uscire i partecipanti dalla loro comfort zone, sradicandoli da abitudini quotidiane, relazioni già conosciute e ambienti cittadini. E alla fine dell’esperienza la narrazione di ciò che è avvenuto è ogni volta sorprendentemente diversa, perché a parteciparvi sono esseri umani diversi, perché i luoghi cambiano e con lui il tempo, il momento specifico in cui viene vissuto tutto ciò.
GLI ARTISTI
Tra l’organizzazione di Trasformatorio e gli artisti viene condiviso un patto, che ne determina le regole iniziali. Queste sono poche e semplici: l’artista partecipa a sue spese. Non viene pagato per ciò che creerà a fine esperienza, ma potrà portarlo con sé.
Le condizioni vengono condivise prima dell’avvio, tramite un bando, in cui viene anche comunicato il tema su cui gli artisti sono chiamati a lavorare, pensare e creare in quella specifica edizione.
«Riceviamo davvero molti curriculum e spesso di artisti dotati di qualità ed è difficile riuscire a dire no ad alcuni di essi. In questi anni hanno partecipato hacker puri, persone che sperimentano attraverso i suoni, danzatori, performer, cantanti, musicisti, persone di teatro, scultori di diversi tipi (ricordo ad esempio molto bene una scultrice di cibo)».
L’esperienza per loro è a 360°, perché essendo tutto nuovo, permette di non avere preconcetti, strutture precostituite, ma di vivere a pieno il tempo trascorso lì, di immergersi in ciò che via via sperimentano e ricevono: «Solitamente i primi due giorni vengono utilizzati per creare le basi, conoscere il luogo in cui staranno, predisporre e organizzare la cucina comune. Cerchiamo sempre persone che possano fare da tramite tra noi e il luogo in cui siamo, per far comprendere e vivere a pieno il tutto».
Quando chiedo a Federico quali sono state le soddisfazioni più grandi di questi anni di lavoro per Trasformatorio, condivide sorridendo un racconto: «Una delle cose più belle mi è successa a Giampieri, Sicilia, dove un ragazzo del posto aveva seguito curioso tutto ciò che avevamo fatto e alla fine della settimana è venuto per ringraziarci di tutto, raccontandomi che avrebbe voluto fare arte, ma il padre non capiva cosa volesse dire e a cosa servisse. Ma grazie a quell’esperienza le cose erano cambiate e finalmente aveva ricevuto il permesso di iscriversi al liceo artistico che tanto aveva sognato. Fu emozionante e appagante».
LA FONDAZIONE
Nel 2020 Federico, insieme ad altre persone, decide di creare una fondazione no-profit – la Stichting Trasformatorio Fontation – che potesse fare da ponte tra tutti i partecipanti delle diverse edizioni, ma non solo. Visto il grande impatto che questi progetti hanno sui luoghi, l’obiettivo è anche quello di selezionare, scrivere, produrre e diffondere i risultati tangibili di Trasformatorio.
La prossima edizione si terrà quest’estate. Il tema sarà la cura e il luogo è ancora da definirsi, ma ci sono ampie possibilità che sia di nuovo nell’entroterra ligure. Da abitante di questi luoghi la mia personale speranza è che sia molto vicina. Vi terrò aggiornati!