Il peggio di solito emerge in campagna elettorale. E anche stavolta le premesse ci sono tutte, in particolare nel centrodestra, che si presenta unito in coalizione. Anche quattro anni fa si era presentato unito, salvo poi dividersi subito dopo per il sostegno al governo Conte e successivamente per il governo Draghi. Domanda: a che cosa serve presentarsi insieme, se poi si è pronti a dividersi per convenienza del momento? È evidente che le coalizioni non sono politicamente credibili e non si tratta soltanto del centrodestra.
Sciolto il Parlamento, i principali leader del centrodestra – convinti della prossima vittoria elettorale – si sono anzitutto divisi per decidere a chi spettasse scegliere il premier alla guida del futuro governo. Eppure il 25 settembre si voterà per eleggere i parlamentari e non per scegliere il governo. La Costituzione stabilisce che l’incarico al Presidente del consiglio dei ministri viene dato dal Presidente della Repubblica.
Recentemente Matteo Salvini ha chiesto alla coalizione di centrodestra di indicare prima del voto i nomi di alcuni ministri. Dato che proprio la Lega quattro anni fa abbandonò la coalizione di centrodestra per appoggiare il governo Conte, appare ridicolo oggi indicare nomi di ministri se poi si è liberi domani di allearsi con altri che indicheranno altri ministri. E soprattutto è il caso di ricordare che quattro anni fa un nome indicato non divenne ministro, poiché la Carta Costituzione prevede che i ministri – seppure vengano proposti dal Presidente del consiglio incaricato – siano nominati dal Presidente della Repubblica. È una delle sue prerogative.
Non è tutto. Nelle campagne elettorali sembra normale parlare di vittoria, mentre è più difficile trovare in seguito quelli che hanno subìto una sconfitta. In realtà è un orizzonte sbagliato. La Costituzione stabilisce che gli eletti rappresentano la nazione. Quindi, non i partiti o le coalizioni. Vince la nazione se gli eletti la rappresentano davvero. Ma da tre decenni gli elettori non hanno la possibilità di selezionare chi li rappresenta. Gli eletti – a causa di leggi elettorali pessime – sono di fatto nominati dalle segreterie dei partiti. In questo modo è assai probabile che siano più fedeli al capo di un partito che disponibili a rappresentare la nazione, cioè i suoi cittadini.
A concludere la parte prima della Costituzione, quella sui diritti e sui doveri, è stato posto l’articolo 54: “Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”. È l’unico articolo in cui si parla di fedeltà, indicata come dovere. Fedeltà alla Repubblica, che si deve rappresentare con disciplina e onore. Povera Costituzione, ignorata e talvolta persino vilipesa!
Studiare, comprendere, osservare e applicare la Costituzione. Questo dovrebbe essere l’imperativo categorico di tutti i cittadini, candidati alle elezioni in testa. Prima di ogni programma elettorale, prima di ogni coalizione, prima di ogni partito. La Costituzione prima di tutto. Perché senza una valida bussola si naviga senza una rotta stabilita e si rischia di finire contro gli scogli o di arenarsi su un fondale.
Proposta: utilizziamo la campagna elettorale per interrogare i candidati anzitutto sulla conoscenza della Costituzione. Sarà interessante e istruttivo, molto più dell’ascolto delle solite promesse elettorali, che spesso sono impossibili da mantenere.