La vicenda di Julian Assange, giornalista, programmatore ed attivista australiano, noto principalmente per la sua collaborazione, dal 2006, al sito WikiLeaks, del quale è stato cofondatore e caporedattore, è nota da diversi anni, per aver rivelato documenti ed informazioni secretati statunitensi riguardanti crimini di guerra ricevuti da fonti anonime. I suoi guai iniziano nel 2010, quando fece trapelare innumerevoli notizie di crimini di guerra perpetrati da servizi ed esercito USA ai danni delle popolazioni di Afghanistan ed Iraq nel corso delle guerre di invasione. Tra le pubblicazioni che hanno avuto più impatto ci sono 400.000 resoconti militari segreti relativi alla guerra in Iraq e 90.000 documenti sul conflitto in Afghanistan.
Nel 2010 la piattaforma pubblicò il video “Collateral Murder”, che mostrava i soldati dell’elicottero Apache degli Stati Uniti uccidere una dozzina di persone a terra a Baghdad, inclusi due giornalisti di un’agenzia internazionale.
Nel 2019, dopo 7 anni in cui si era rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, viene preso in consegna dalla polizia britannica, dopo che l’Ecuador aveva revocato l’asilo. Attualmente è detenuto nel Regno Unito presso la Her Majesty Prison Belmarsh e sta lottando, con sempre più precarie condizioni di salute, contro il rischio di estradizione negli Stati Uniti, dove dal 2010 è in corso un’inchiesta del Grand Jury di Alexandria, in Virginia, per la pubblicazione dei documenti segreti del governo americano. Le autorità nord-americane hanno rivelato che esiste un mandato di arresto coperto da segreto contro Assange. La ministra dell’Interno del Regno Unito, Priti Patel, ha autorizzato l’estradizione di Assange negli Usa per affrontare accuse relative alla Legge sullo spionaggio. “Questa decisione pone Assange in grande pericolo e invia un messaggio agghiacciante ai giornalisti in ogni parte del mondo”, ha dichiarato Agnés Callamard, segretaria generale di Amnesty International. Se l’estradizione andrà avanti, Assange correrà il grande rischio di essere posto in isolamento prolungato, in violazione del divieto di maltrattamenti e torture. In coro con la segretaria generale di Amnesty chiediamo che venga fatto di tutto perché il Regno Unito non estradi Assange e perché gli Usa annullino le accuse, affinché sia liberato! L’estradizione di Assange devasterebbe la libertà di stampa e priverebbe il diritto di sapere cosa fanno i governi in nome di un’opinione pubblica manipolata. Diffondere notizie di pubblico interesse è il lievito della libertà di stampa e della stessa democrazia. Estradare Assange ed esporlo ad accuse di spionaggio per aver pubblicato informazioni riservate sarebbe un pericoloso precedente per costringere i giornalisti di ogni parte del mondo a scegliere se fare il proprio mestiere o svilirsi a cassa di risonanza di “comode verità”.
Se estradato negli Usa, Assange potrebbe essere costretto ad affrontare ben 18 capi di accusa: 17 ai sensi della Legge sullo spionaggio, uno ai sensi della Legge sulle frodi e gli abusi informatici. Assange è stato il primo soggetto editoriale ad essere incriminato ai sensi della Legge sullo spionaggio.
Gli incessanti tentativi del governo Usa di processare Julian Assange per aver reso pubblici documenti riguardanti anche possibili crimini di guerra commessi dalle forze armate statunitensi non sono altro che un assalto su larga scala al diritto alla libertà d’espressione.
Il fatto che sia stato obiettivo di una campagna ostile promossa da funzionari Usa fino ai più alti livelli, compromette il suo diritto alla presunzione di innocenza e lo espone al rischio di un processo iniquo.
La pubblicazione di documenti da parte di Assange nell’ambito del suo lavoro con Wikileaks non dovrebbe essere punita, perché tale attività riguarda condotte che il giornalismo investigativo svolge regolarmente nell’ambito professionale. Processare Assange per questi reati potrebbe avere un effetto dissuasivo sul diritto alla libertà di espressione, spingendo i giornalisti all’autocensura per evitare procedimenti giudiziari. Una volta estradato in USA, Assange rischierebbe 175 anni di carcere.
Cosa può mai significare per un essere umano una simile mostruosità penale? Tutto, meno che l’applicazione del diritto internazionale! Si tratterebbe soltanto di pura vendetta esercitata da una superpotenza abituata a dominare e ricattare con la violenza e col cinismo, ma incapace di fare i conti con se stessa. Per fare un confronto epocale significativo, basti ricordare l’ignobile sentenza emessa nel 1928 dal Tribunale speciale fascista, che condannava Antonio Gramsci a 20 anni, 4 mesi e 5 giorni di galera.
Per dare più voce alla richiesta di giusta soluzione del caso Assange, ci uniamo, anche dalla Basilicata, a quante/i in tutto il mondo ne reclamano la necessaria e giusta liberazione, invitando a partecipare alla giornata di sabato 15 Ottobre a Potenza, dove dalla mattinata sarà allestito nella centrale Piazza Mario Pagano un gazebo informativo. Dalle ore 17 alle ore 21, presso i locali del Cestrim ( via Sinni), interventi di soggetti ed associazioni aderenti; proiezione di un film su Assange; intermezzo musicale del Coro Unibas (Università degli Studi di Basilicata), diretto dal maestro Paola Guarino.
Snack e tisane equosolidali. Ingresso libero.
Sottoscrivono l’appello:
Coordinamento No Triv Basilicata
Ordine dei Giornalisti della Basilicata
Associazione per la Basilicata Possibile
Rivista Valori Basilicata
Associazione di Promozione Sociale Zer0971
Comitato per la Pace Potenza
Associazione Vola- Volontari per l’Ambiente
Partito Comunista Italiano Basilicata
Vito Bubbico, giornalista ed amministratore di Giornalemio.it
Unione degli Studenti Basilicata
Giornalemio.it
Redazione di Basilicata24
Libera Associazione RiCrea
Associazione Equomondo Potenza
Liberiamo la Basilicata
Associazione Ehpa Basilicata
Circolo ARCI Macondo, Potenza
Libera Basilicata