Dolore e sensi di colpa. Non è facile per gli psicologi che assistono a Lampedusa i genitori sopravvissuti alle morti dei propri piccoli mentre tentavano di attraversare il Mediterraneo lasciando le coste di Liba e Tunisia. Cinque i bambini piccolissimi morti in pochi giorni. Due gemellini di appena un anno, sono morti di stenti in braccio ai genitori in una barca partita giorno prima. Altri due sono stati avvolti dalle fiamme di un incendio scoppiato a bordo di un altro barchino; la mamma di uno dei due risulta dispersa, così come la piccola di sole due settimane vittima di un naufragio a due passi da Lampedusa. “Volevano raggiungere un luogo di Pace” racconta uno dei mediatori culturali di Medici senza Frontiere, che esce visibilmente provato dopo il colloquio con padri e madri disperati.
Ma non c’è e non ci sarà pace per loro. Anzi, quando a soffrire sono queste incomprese figure migranti, il dolore non viene condiviso. Sui social si scatena l’inquisizione dei leoni da tastiera, che arrivano a inveire contro padri e madri invocando per loro una severa imputazione per omicidio colposo. Come se non bastasse la pena che li accompagnerà fino alla fine dei loro giorni.
“Queste tragedie le possono capire solo se si vivono anche indirettamente, come capita a noi qui a Lampedusa” dice il parroco dell’isola, dove continuano ad arrivare barche e barchini a qualunque ora. Non si fa in tempo a svuotare l’hotspot che è di nuovo pieno più del doppio della sua capienza.
Nelle ore in cui si contavano i morti, si insediava il nuovo governo che subito si è concentrato sulle emergenze, tra cui quella migratoria, che nel 2022 ha visto un’impennata di sbarchi da più rotte e per diversi motivi. Secondo l’ultimo dossier immigrazione dell’Idos, intere popolazioni stanno abbandonando la propria terra per guerre e problemi climatici, ma anche per gravi carestie come quella provocata dal conflitto in Ucraina, che con la guerra del grano e cereali ha messo in ginocchio Paesi già in crisi come la Tunisia. Da dove stanno partendo per approdare quasi sempre a Lampedusa, sempre più famiglie con bambini e malati che non possono curarsi nel loro Paese.
Dalle rotte turca, egiziana e della Libia dell’est arrivano anche dall’Asia centrale: chi scappa dalla repressione talebana in Afghanistan, chi da quella degli Ayatollah in Iran, dalla Siria in perenne conflitto, dal Pakistan e dal Bangladesh sconvolti da eventi climatici. Queste le principali nazionalità dei circa 2.200 migranti su tre barconi soccorsi tra Malta e Sicilia dalla nostra Guardia Costiera, dalla Finanza, da unità Frontex e da mercantili, sbarcati poi in diversi porti siciliani e calabresi. Allo stesso tempo, due navi umanitarie straniere con circa 300 persone a bordo recuperate al largo della Libia in acque internazionali venivano invitate a non entrare in acque italiane perché il loro comportamento non sarebbe conforme alle linee europee e italiane del soccorso a mare.
Pensare di poter bloccare i flussi migratori con una nuova stagione di lotta alle Ong risulta oggi anacronistico e anche poco funzionale. Primo perché su 79.000 sbarchi avvenuti nel 2022 solo 10.000 si possono attribuire alle Ong: poco più del 10% . Tutti gli altri avvengono in modo spontaneo, o grazie a unità navali della nostra Guardia Costiera, della Finanza e di Frontex e a mercantili.
Ma soprattutto non e funzionale perché i tempi sono cambiati e sono tempi duri, in cui bisogna avere una visione più globale di quanto sta accadendo intorno a noi. Una visione che prenda atto ad esempio che i tre grossi barconi con in media 400 persone a bordo soccorsi dalle nostre forze a mare e portati in terra italica sono partiti tutti da Tobruk, da quella Cirenaica sempre più vicina alla Russia di Vladimir Putin.
Sarebbe opportuno rivedere gli accordi con la Libia di Tripoli che non hanno bloccato i flussi, anche per gli oscuri legami di alcune milizie di governo con i trafficanti e che riserva ai migranti prigionieri nelle carceri trattamenti inumani, violenti e degradanti.
Allora forse sarebbe opportuno risolvere riportando pace ed economia sostenibile nei Paesi dai quali queste persone scappano, invece che inseguire e cacciare le navi umanitarie. E nel frattempo soccorrere e accogliere chi arriva con dignità e onore.